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 2024  ottobre 16 Mercoledì calendario

Demi Moore racconta la malattia di Bruce Willis

Bruce Willis è «stabile». È con grande realismo e rassegnazione che Demi Moore ha reso noti gli ultimi aggiornamenti sulle condizioni di salute dell’ex marito, a cui nel 2022 è stata diagnosticata la demenza frontotemporale, una grave patologia neurodegenerativa. Dinanzi a queste malattie progressive e senza cura, la stabilità è una gran cosa. Significa che la persona non migliora ma anche che non peggiora, e che la qualità della vita è tutto sommato accettabile. «La malattia è ciò che è. E penso che si debba accettare profondamente», ha detto Moore al pubblico incontrato in occasione dell’Hamptons International Film Festival alle porte di New York, dove ha ricevuto un premio alla sua carriera. «Ma nello stato in cui si trova, è stabile», ha aggiunto.In Italia si stima che siano ben 40mila le persone che convivono con la demenza frontotemporale, mentre in Europa si calcolano circa 12mila diagnosi ogni anno, il che rende la malattia di Bruce Willis la terza forma di demenza – dopo la malattia di Alzheimer e la demenza dei corpi di Lewy – più diffusa al mondo. Le prospettive per il futuro non sono più confortanti. A livello mondiale, il Global Burden of Diseases, Injuries and Risk Factors Study (GBD) ha stimato che i casi di demenza, tra cui quella di Willis, aumenteranno dagli attuali 58 milioni a oltre 150 milioni entro il 2050.A differenza delle altre forme di demenza, in più del 70% dei casi quella frontotemporale esordisce al di sotto dei 65 anni d’età, proprio perché interessa principalmente le persone con età compresa tra i 45 e i 65 anni. Colpisce dunque persone nel pieno della loro attività lavorativa e sociale, e con un impatto devastante. «La demenza frontotemporale è una patologia neurodegenerativa che interessa primariamente i lobi frontali e/o temporali del cervello e rappresenta la causa più frequente di demenza neurodegenerativa ad esordio presenile», spiega Giacomo Koch, neurologo professore ordinario di fisiologia all’università di Ferrara e direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia sperimentale della Fondazione Santa Lucia. «È una malattia eterogenea caratterizzata da compromissione delle funzioni esecutive frontali, deficit del linguaggio o cambiamenti del comportamento e della personalità. La progressione dei deficit – continua – porta ad una significativa riduzione dell’aspettativa di vita, con un grave declino del funzionamento globale e dipendenza dal caregiver nel corso degli anni». È una patologia che impatta non solo sulla vita delle persone che colpisce, ma anche sui famigliari. «Dal punto di vista clinico – dice Koch – i sintomi non interessano la memoria, ma il comportamento: i malati cambiano personalità, diventano disinibiti, apatici o irritabili. In alcuni casi presentano deficit del linguaggio molto spiccati, forme di afasia progressiva con perdita della capacità di parlare e, in altri, anche un deficit intellettivo, la demenza semantica che comporta un’erosione di tutte le conoscenze acquisite nel corso della vita».La ricerca di una cura continua. «Attualmente, non esiste un trattamento farmacologico efficace e specifico per rallentare la progressione della malattia – spiega Koch – e le strategie terapeutiche si basano principalmente sull’uso di agenti sintomatici per controllare i sintomi comportamentali. Recenti scoperte supportano l’idea che la neuroinfiammazione sia un elemento chiave nel processo patogenetico della malattia a partire dalle prime fasi, ed è stato ipotizzato che nuovi farmaci mirati a modulare la neuroinfiammazione cerebrale, come la molecola chiamata Pealut, possano potenzialmente rallentare la progressione della malattia». Nel frattempo, i malati e le famiglie sono costretti ad affrontare una patologia che lentamente consuma. Difficile per il malato ed estremamente complicata per chi se ne prende cura.Demi Moore ha condiviso con il pubblico il modo in cui affronta il dramma del suo ex-marito, padre delle sue tre figlie, con cui è rimasta sempre in ottimi rapporti. L’attrice americana, oggi 61enne, ha raccontato di aver incontrato di recente Willis, appena due giorni prima del Festival, assieme alla nipotina Luetta di un anno, figlia della loro primogenita. L’attrice ammette di andare a trovare Willis con l’idea «di condividere tutto ciò che abbiamo, per tutto il tempo che lo avremo». Senza false speranze.Moore è infatti convinta che sia meglio vivere il presente e non pensare più al suo ex-marito come era una volta. «Quello che incoraggio sempre è semplicemente incontrarli dove sono», dice riferendosi allo stato della malattia: «Quando ti aggrappi a ciò che è stato, penso che sia una partita persa. Ma quando ti presenti per incontrarli dove sono, c’è grande bellezza e dolcezza».