Corriere della Sera, 16 ottobre 2024
Biografia di Caterina Balivo
Caterina Balivo, quando era piccola cosa sognava di fare da grande?
«Il magistrato, per il mio senso di giustizia. Poi ho scoperto da dove veniva: ho l’ascendente Bilancia».
Come lo esercitava?
«In classe osavo dire ai prof cosa non andava. Mi chiamavano la sindacalista».
Quando ha capito che non avrebbe fatto il magistrato?
«Quando ho cominciato ad approcciarmi al mondo della televisione: io volevo intervistare, fare la giornalista, essere visibile per comunicare».
L’ingiustizia più grande subita?
«A livello professionale qualcosa è successo e non ci voglio tornare. Anche perché non ci rendiamo conto di vivere in maniera agiata e privilegiata, mentre tanti altri non hanno la stessa fortuna».
E arrivare terza a Miss Italia nel 1999 fu un’ingiustizia?
Ride. «Quello sì, assolutamente! Ma no. Certo, non mi ha fatto piacere. Ma ero comunque arrivata fin lì nonostante i miei genitori lo disapprovassero. E poi ho subito potuto scegliere: mi avevano offerto le convention, una piccola parte nel film di Dino Risi su Miss Italia, e Scommettiamo che...?».
Scelse Fabrizio Frizzi. Cosa le insegnò?
«Quanto la gentilezza possa migliorare gli umori in una redazione: se sei gentile e sorridente, e conosci i nomi di tutti i tuoi collaboratori, li fai sentire parte di un gruppo».
Da chi ha imparato di più?
«Da tanti. Milly Carlucci è la professionalità fatta persona. Biagio Izzo mi ha insegnato a sapersi prendere in giro. Franco Di Mare quanto fosse importante studiare: anche se non sai una cosa, hai la possibilità di prepararti e quello fa la differenza. Sognavo: chissà quando avrò un programma tutto mio? Poi l’ho avuto e oggi, dopo 25 anni, ho ancora l’ansia da prestazione».
Non si direbbe.
«Nella conduzione ballo, scherzo, rido, ma di leggerezza non c’è niente. La scialla non la conosco, le cose devo farle bene. Mi chiedo se sia una questione genetica o se c’entrino i miei genitori insegnanti».
Ha mai lavorato mentre stava male?
«Il primo periodo di Vieni da me avevo un problema, pensavo appendicite, e mi calmavo con la flebo di Voltaren. Feci una puntata già con la farfallina pronta per l’endovena. Un’altra volta avevo febbre a 40, sono svenuta e sono andata in onda lo stesso. Talvolta mi sono interrogata: se uno sta male, deve stare a casa?».
E cosa si è risposta?
«Che non vale per tutti i lavori. Io faccio la conduttrice, il mio è intrattenimento. Hai quello spazio ed è giusto che continui finché hai l’argine».
Qual è il limite? Nicole Kidman non è rimasta alla consegna della Coppa Volpi perché la madre era morta. Altri performer dopo un lutto analogo sono andati in scena.
«È veramente soggettivo. Dipende da tante cose, da quanto hai sognato quella cosa, se l’ha sognata anche tua mamma. Se succedesse a me, mia madre sarebbe molto più felice che andassi avanti».
A quale programma è più affezionata?
«Sempre all’ultimo».
«La volta buona», su Rai 1. Qual è stata la sua?
«Tutte le volte che ho scelto cosa era buono per me, anche se non sembrava così agli altri: come Miss Italia, per esempio. Ma la mia volta buona forse è stata aver subìto un cambiamento di rete e di programma che si è rivelato essenziale per poter continuare una storia d’amore giovane. Se non mi avessero spedita a Milano, sarebbe stato impossibile proseguire: l’amore è più forte di tutto, ma deve essere pratico. Se io e mio marito avessimo continuato a fare i fidanzati a distanza, la storia si sarebbe spenta».
Un ricordo di quei tempi con Guido Maria Brera, che poi ha sposato?
«L’odore del parquet al mattino unito al profumo del caffè. Avevo 30 anni, Milano non era bella come adesso, quella era la mia madeleine. Poi, quando mi hanno proposto di tornare su Rai 1, lui ha fatto il grande atto d’amore di seguirmi a Roma».
Con voi vive Costanza, la secondogenita di suo marito. Un bel gesto di fiducia nei suoi confronti.
«Sì, molto. Adesso ha 20 anni, i miei figli Guido Alberto e Cora sono pazzi di lei».
E sono felici della sua notorietà?
«Sono sempre molto seccati quando mi fermano per strada. Del resto, io a casa non ho foto mie di lavoro e abbiamo solo un televisore».
Davvero? Gigi Marzullo ne ha uno in ogni stanza!
«Ad Aversa noi tre sorelle condividevamo la stanza. A 10-11 anni andai da un’amica che la tv ce l’aveva addirittura in camera! Chiesi a mia madre se potevo averla pure io e lei mi bloccò subito: se anche ne avessimo comprata un’altra, non sarebbe mai finita in camera da letto, dove l’unica cosa che potevo e anzi dovevo portarmi la sera era un libro. E comunque in quella stanza ci dormo ancora, quando torno: io nel mio vecchio letto, Guido Alberto in quello di Francesca, e Cora in quello di Sara, che bisogna estrarre».
Che mamma si sente?
«Una che dice o fa sempre la cosa sbagliata. Sono rompina, metodica, li faccio impazzire chiedendo se si sono lavati i denti, se hanno fatto le cose in un certo modo. Sono amorevole, ma anche dura».
Con il telefonino come si regola?
«Guido Alberto lo ha, ma non lo può portare a scuola, anche se i suoi compagni lo fanno. Su questo ci siamo scontrati. La sera alle 20 me lo deve consegnare. Ho il parental control, ma non so come, lui riesce a superarlo».
E, invece, controlla ancora quello di suo marito?
«Una sbirciata la do sempre, ma quello non è controllare: è tenersi aggiornati...».
Avete abitudini familiari?
«Le gite tutti insieme in bici elettrica. Ora per un annetto dobbiamo rinunciare: Cora è troppo grande per stare dietro al padre, ma troppo piccola per andarci da sola».
Pensa di aver avuto quello che meritava sul lavoro?
«La verità è che sono grata di fare il lavoro che mi piace e non penso mai che qualcuno debba darmi di più. Dopodiché a 25 anni conducevo la stessa fascia oraria di oggi e allora potrei dire: sei rimasta lì. Ma poi guardo gli altri conduttori e mi rendo conto che la tivù è stantia, pure la Clerici fa quel programma da 20 anni e la stessa De Filippi è al pomeriggio da 25. Loro sono andate avanti facendo anche altro, ma hanno un’età diversa dalla mia: c’è tempo».
I game show pare debbano condurli solo i maschi, oggi. Non è una bella ingiustizia da combattere per la ragazzina che voleva fare il magistrato?
«Ah, ma è la mia crociata! La prima puntata di Lingo, su La7, avevo messo i baffi apposta: sarò sempre grata ad Andrea Salerno. La trovo una grande ingiustizia televisiva. Il punto è che noi donne possiamo avere registri diversi, gli uomini molti meno. Dove lo trovi uno che ti fa l’intervista a cuore aperto? Lì ci mettono le donne e per scarto arrivano gli uomini a fare le cose più facili, guarda caso con tempi che conciliano molto bene sia la dimensione familiare che l’aperitivo».
Tra «Affari tuoi» e «Domenica in» cosa le piacerebbe di più condurre?
«Vabbe’, ma è come chiedermi se preferisco George Clooney o Brad Pitt! Sono entrambi sfide che sento nelle mie corde. Ma oggi la mia sfida è La volta buona!».
Riscriverebbe «Gli uomini sono come le lavatrici»?
«Se tornassi indietro lo farei uscire sei mesi dopo e con un titolo diverso: quello era proprio un titolo del piffero. Sto pensando comunque di scrivere un altro romanzo. E non è una minaccia».
Il programma che non rifarebbe?
«Il più grande pasticciere. Ma non per il programma in sé. È che mi ha portato via tanto tempo familiare che mi è pesato. Quell’esperienza mi ha fatto capire che si possono dire dei no, pure se ti offrono una prima serata».