Libero, 15 ottobre 2024
Stellantis licenzia?
Dai e dai, alla fine Carlos Tavares ha detto che Stellantis potrebbe ricorrere ai licenziamenti. Il manager dice di «non essere un mago», ma al volante c’è lui e il suo stile di guida fa venire il mal d’auto. Al Salone di Parigi Tavares parlerà in cinque eventi pubblici, speriamo trovi il tempo per riflettere, perché i suoi piani sono oscuri. Quando afferma che il passaggio dal motore endotermico a quello elettrico deve procedere rapidamente, ha in mente l’aumento costi per mantenere la doppia produzione dei propulsori e il rallentamento degli investimenti statali sulla transizione, ma i suoi calcoli finanziari (errati, visto l’allontanamento del capo della finanza di Stellantis), si scontrano con la realtà dettata dai consumatori (che non comprano l’auto elettrica), dai concessionari (che non riescono a venderla), dai governanti che prima hanno pompato la rivoluzione elettrica e ora si rendono conto dei rischi letali per l’occupazione. Nessun Paese al mondo può reggere l’urto di un crollo dell’industria dell’auto, basta ricordare cosa è successo durante la crisi finanziaria che travolse i colossi americani delle quattro ruote e diede nel 2009 a Sergio Marchionne l’occasione per fare il suo colpo da maestro, l’acquisto di uno dei simboli di Detroit, la Chrysler. Due anni dopo, nel 2011, Marchionne pronunciò sul futuro dell’auto parole sagge e regolarmente inascoltate. Il numero uno di Fiat-Chrysler avvisò i naviganti citando Bruce Springsteen, «siamo a un miglio dall’inferno», e poi lanciò una profezia: «Tutto lo sforzo normativo per promuovere l’auto elettrica porterebbe solo a un aumento dei costi, senza nessun beneficio immediato e concreto. Per ogni 500 elettrica venduta negli Usa perderemo circa 10mila dollari». Tredici anni fa Marchionne indicò il cortocircuito ideologico che avrebbe sviluppato l’incendio. Tavares è in mezzo al fuoco, lo ha alimentato, non sa come spegnerlo e ora, proiettando l’ombra dei licenziamenti, fa le prove generali del caos sociale.