la Repubblica, 15 ottobre 2024
Quelli che escono dal gruppo
Sarebbe un bel titolo per una serie: “i fuoriusciti”, ovvero la storia di tutti quelli che per forza o per scelta, per poco o per sempre, hanno abbandonato i propri gruppi. Il tema, tornato d’attualità con l’uscita da solista di Damiano David, fino a poco tempo fa eroe planetario sul fronte dei Måneskin, è antichissimo e particolarmente nutrito. Che sia solo per un “Erasmus” come dice lui, o se c’è qualcosa in più, Damiano è solo l’ultimo di una serie infinita. A partire da Jack Frusciante, diventato almeno in Italia, una sorta di archetipo della fuoriuscita rock grazie al romanzo di Brizzi del 1994, ma il suo è un caso atipico di disagio e di amore, è più volte uscito e rientrato nei Red Hot Chili Peppers perché la band non ha mai smesso di amarlo, e lui non ha mai smesso di amare i suoi compagni.Ma cominciamo dai massimi sistemi. Si parva licet, un caso simile a quello di Damiano fu quello di Freddie Mercury che a un certo punto decise di fare un disco solista, visto che tutto il mondo pensava che i Queen di fatto fossero totalmente incarnati da lui. Ma qui la sorpresa, il disco fu un flop, dimostrando una grande verità: talvolta le alchimie di gruppo, sebbene poco visibili, possono essere indispensabili, anche quando la personalità del frontman è soverchiante. Altre volte i singoli sono sopravvissuti ai gruppi, vedi Sting e i Police, o Robbie Williams che abbandonò i Take That per la carriera solista.Ma ci sono storie ancora più gustose, ai massimi sistemi dell’olimpo rock. Perfino i Beatles non sono sfuggiti alla regola. George Harrison, come si è visto nel documentario Get back, mentre giravano il filmLet it bealzò i tacchi e se ne andò, non solo dallo studio, proprio dai Beatles, anche se nei giorni seguenti fu riacchiappato dagli altri tre prima che la vicenda venisse fuori. Pochi mesi dopo, ahimé, ad abbandonare furono tutti e quattro e, come si usa dire, con lo scioglimento dei Beatles finirono davvero gli anni Sessanta, quindi un’epoca.Anche i rivali Stones hanno fatto la loro parte, ma in modo più oscuro e cinico. Quando morì Brian Jones, trovato esanime sul fondo della sua piscina, rimasero tutti molto sopresi quando appena due giorni dopo, il 5 luglio del 1969, nel megaconcerto di Hyde Park, la band avesse già bell’è pronto un sostituto, il chitarrista Mick Taylor. La verità è che Jagger e Richard avevano già in mente di mandar via Brian e stavano già lavorando con Taylor. Ma ci sono anche aspetti tragicomici e sempre rimanendo in zona Stones potremmo parlare di una sorta di “maledizione dei batteristi”. Curiosamente tutti etre i primi batteristi della triade d’oro degli inizi del rock, Beatles, Who e Stones, furono sostituiti un gradino prima della fama. Il caso di Pete Best è quello più triste perché furono i Beatles a licenziarlo e assumere Ringo poco prima di incidere il loro primo singolo Love me do.Storie di abbandoni, litigi e licenziamenti sono innumerevoli, a partire dagli anni Cinquanta, dagli Everly Brothers che erano fratelli di nome e di fatto, e di cui vale la pena citare la formidabile battuta: “in realtà abbiamo avuto un solo litigio ma dura da venticinque anni”.L’assonanza con i fratelli Gallagher viene spontanea, ma per gli Oasis è tempo di riconciliazione, come ben sappiamo. Vera, finta? Lo scopriremo. I Clash mandarono via il batterista Topper Headon. E i Sex Pistols spedirono a casa il bassista Glen Matlock, presero Sid Vicious,aumentando il tasso di destabilizzazione che portò alla fine della band.Ma torniamo al nostro Paese e alle “fuoriuscite” domestiche. Anche qui storie infinite, e di ogni tipo. Uno dei casi più celebri, per risalire ai primordi, fu quello di Riccardo Fogli che lasciò i Pooh a causa dell’ingombrante storia d’amore che nel 1973 stava vivendo con Patty Pravo, e assaggiò con lei la mela proibita del mito dell’indipendenza. Del resto anche Francesco Renga faceva parte dei Timoria e preferì andare avanti da solo, brillantemente. Altro caso clamoroso, tornato di attualità in questi giorni con l’uscita della serie Hanno ucciso l’uomo ragno, fu l’improvviso abbandono di Mauro Repetto dagli 883. Più recentemente ricordiamo l’uscita di Tommaso Paradiso che di fatto decretò la fine dei Thegiornalisti. Colapesce, travolto da un mare di commenti malevoli, ha appena specificato con una certa durezza che lui e Dimartino hanno semplicemente deciso di prendersi una pausa. Poi arriva Damiano ad aprire una voragine di dubbi. A quale delle molteplici categorie di questa storia nella storia del pop vorrà appartenere? Tornerà nel gruppo come hanno fatto Jack Frusciante, George Harrison e Freddie Mercury?