la Repubblica, 15 ottobre 2024
I talebani cancellano gli esseri viventi dalla tivù
Quando andarono al potere per la prima volta nel 1996, i Talebani esposero i cadaveri dei loro avversari a Kabul dopo averne fatto scempio. Ma non si limitarono a infierire sui nemici in carne ed ossa. Alle porte della capitale furono impiccati i televisori, un modo per rendere chiaro che avrebbero fatto la guerra anche alla modernità. I Talebani ora al governo avevano promesso al mondo un approccio più soft, ma i provvedimenti liberticidi con cui da tre anni cancellano le donne hanno fatto capire che le rassicurazioni servono solo alla comunità internazionale per lavarsi la coscienza. A rendere le cose ancora più chiare è l’ultimo annuncio fatto dall’esecutivo talebano dell’Afghanistan: sarà vietato ai media di pubblicare immagini di esseri viventi.La misura «verrà applicata in maniera graduale», ha chiarito Saiful Islam Khyber, portavoce del ministero che fin dal nome non lascia dubitare quale sia lo spirito del regime: ministero per la Propagazione della virtù e la prevenzione del vizio. «La legge vale in tutto l’Afghanistan – ha spiegato – le immagini di esseri viventi violano la legge islamica».In realtà il testo è stato promulgato il 31 luglio scorso, ma ora si è deciso di far rispettare la disposizione riguardante le immagini sui media. Più astuti dei loro predecessori degli Anni Novanta, gli attuali “studenti coranici” tengono a sottolineare che non ci sarà costrizione: «Non c’è posto per la coercizione nelle forze dell’ordine. Si tratta solo di dare consigli e convincere la gente che queste cose sono davvero contrarie alla Sharia e dovrebbero essere evitate».Ma le parole caute del portavoce Khyber non devono indurre in errore. Basta scorrere i trentacinque articoli del testo che tra le altre “perle” contiene il famigerato divieto alle donne di far sentire la propria voce in pubblico.Per ora le autorità talebane continuano a pubblicare fotografie di persone sui social network. «In molte province sono in corso sforzi per implementare gli articoli della legge relativi ai media, ma non ancora dappertutto», ammette Khyber. «Ma il lavoro è iniziato», aggiunge con soddisfazione.I giornalisti di Kandahar hanno riferito all’ Afp di non essere stati per il momento arrestati dalla polizia morale per aver scattato foto o video. Ma è solo questione di tempo: nella provincia centrale di Ghazni, i funzionari del ministero anti-vizio hanno convocato i giornalisti locali e hanno detto loro che la polizia morale inizierà a far rispettare la legge. E solerti hanno anche dato “consigli” su come adeguarsi alle nuove disposizioni: a fotografi e cameramen è stato suggerito di cominciare a fare foto da più lontano e di filmare meno per “abituarsi”. Prima del buio totale.È solo l’ultimo colpo inflitto all’informazione, già violentemente censurata nel Paese. Nei media afgani prima del ritorno dei Talebani si contavano 8.400 dipendenti, tra cui 1.700 donne. Ne sono rimasti solo 5.100, tra cui 560 donne. Decine di testate sono state chiuse e l’Afghanistan è precipitato in tre anni dal 122° al 178° su 180 nella classifica della Ong Reporter Senza Frontiere (Rsf) per la libertà di stampa.