la Repubblica, 15 ottobre 2024
Condanna dopo 50 anni, per il cecchino del Muro
È entrato nell’aula di tribunale tenendosi una cartella davanti al viso per non essere riconosciuto. Avrebbe voluto restare anonimo, dopo un’esistenza privilegiata da ufficiale segreto della Stasi e poi da tranquillo pensionato nella Germania unificata. E sicuramente avrebbe preferito che anche l’orrendo crimine che ha commesso cinquant’anni fa fosse rimasto anonimo, dimenticato, sepolto negli archivi della Germania Est. Soprattutto: impunito.Anche oggi, i cronisti che hanno raccontato il suo processo continuano a rispettare la sua privacy, nascondendo la sua vera identità. Ma Manfred N., giunto agli ottant’anni, farà comunque storia: è la prima ex spia della Stasi condannata per omicidio. In questi anni in cui in Germania si celebrano gli ultimi, tardivi, processi alle SS e ai nazisti che si resero complici della Shoah come la famosa “segretaria di Stutthof”, arriva finalmente una prima sentenza che riguarda le atrocità di uno dei più pervasivi e opprimenti servizi di intelligence del vecchio Patto di Varsavia. La sentenza del tribunale di Berlino è di dieci anni di carcere per un omicidio «eseguito con spietatezza» come ha sentenziato il giudice Bernd Miczajka. La difesa aveva chiesto l’assoluzione: Manfred N. nega di essere l’assassino e ha taciuto per tutto il processo.La vicenda risale alla primavera del 1974. Un giorno di fine marzo un cittadino polacco che vive a Berlino, Czes?aw Kukuczka, varca il portone dell’ambasciata polacca e finge di avere con sé una bomba. Sono gli anni del Muro, definito ipocritamente dalla Ddr «vallo antifascista», e attraversarlo senza un permesso è un crimine. Kukuczka, però, vuole lasciare il Paese, vuole espatriare all’istante, forse per raggiungere una zia negli Stati Uniti. La Stasi fa finta di assecondarlo, gli concede il lasciapassare e dei funzionari lo accompagnano alla stazione di Friedrichsstrasse, uno dei più famosi valichi berlinesi per andare a Ovest.Ma quando il 38enne passa l’ultimo controllo, quando è a un soffio dalla libertà e sta per imboccare il tunnel della sopraelevata, Manfred N. lo raggiunge e gli spara due colpi alla schiena. Il cecchino della Stasi è stato incaricato della sua “Unschaedlichmachung”, di “renderlo innocuo”. Un termine eufemistico per le esecuzioni, tipiche del crudele burocratese della Stasi, ma anche del linguaggio nazista, come insegna Victor Klemperer.Ci sono dei testimoni, però. Una scolaresca di liceali venuti dall’Assia, in gita a Berlino dalla Germania Ovest, assiste all’omicidio. E i quattordicenni non dimenticano. Molti hanno testimoniato in questi mesi al processo contro Manfred N.. Hanno visto un uomo con un impermeabile e occhiali scuri e una pistola in mano che comparve improvvisamente dietro al polacco. Una sessantacinquenne ha sostenuto di ricordarsi benissimo il momento in cui Kukuczka si accasciò a terra:«Avevamo una paura terribile».Quando tornano in Occidente, l’insegnante informa la polizia. Che trasmette la denuncia ai tribunali della Ddr. Le autorità del regime, ovviamente, non reagiscono mai. Del resto è un omicidio di Stato, commissionato dai famigerati apparati di sicurezza guidati da Erich Mielke. Quelli che in questi mesi sono tornati al centro del dibattito in Germania per una popolare seriesu Netflix, Kleo, che racconta di un’irriducibile sicaria della vecchia Germania Est che dopo la caduta del Muro si vendica dei suoi vecchi capi che l’hanno tradita – compreso il nonno. Una sgangherata e granguignolesca commedia che non nasconde mai la crudele e disumana dimensione dello spionaggio a Est.Dal 1974, su Manfred N. sono partite ben tre indagini, tutte finora finite in un vicolo cieco. Finché dagli archivi della Stasi sono emersi documenti inediti che hanno riaperto il caso. In particolare, una lista di dodici funzionari della Stasi che furono premiati da Mielke per l’omicidio di Kukuczka. Uno di loro era il suo assassino: Manfred N. si guadagnò una «medaglia di bronzo da combattente».I magistrati tedeschi, comunque, archiviarono il caso nel 2017. Soltanto un mandato di arresto europeo e l’insistente richiesta della Polonia di consegnargli l’ex spia sono riusciti finalmente a trascinare Manfred N. davanti a un tribunale. Che ha reso giustizia anzitutto alla sua vittima, un polacco 37enne “reo” di sognare l’America.