la Repubblica, 15 ottobre 2024
La sinistra a disagio come Prodi “D’estate andavamo nei kibbutz ma non è più la nostra Israele”
Nel kibbutz Fabrizio Rondolino si presentò con la kefiah. Chiese se era un problema, «nessuno» gli risposero, e lo misero a scartare le arance marce. «Era l’estate del 1978, avevo diciott’anni, studente figiciotto al liceo Alfieri di Torino, e il kibbutz mi parve l’unica esperienza di socialismo reale che valeva la pena di vivere», racconta ora l’ex portavoce di Massimo D’Alema a palazzo Chigi.«Non è più l’Israele che abbiamo amato», ha detto domenica aIn mezz’ora, Romano Prodi. «Netanyahu ha superato ogni limite». Come vivete l’escalation, chiediamo all’avvocato Luciano Belli Paci, il figlio di Liliana Segre, che è tra i fondatori diSinistra per Israele: «Con disagio», risponde. Socialisti erano i fondatori di Israele. I laburisti a lungo governarono il Paese. Quando Achille Occhetto andò a Tel Aviv nel 1991, si pronunciò così sul sionismo: «È stato il movimento di liberazione sociale e nazionale del popolo ebraico e affonda le sue radici nella storia e nei valori del movimento operaio». Oggi Israele rischia l’isolamento, nella riprovazione morale per quel che accade a Gaza, per la polveriera innescata tra il Libano e l’Iran.«Prodi ha ragione», dice Rondolino. «Netanyahu è come Trump, Putin, Erdogan. Ma sta dentro una democrazia, una società laica, dove i giornali lo contestano, i familiari scendono in piazza, mentre contro il massacro del 7 ottobre non mi risulta che abbia detto nulla nemmeno un palestinese della California».Il rapporto con la sinistra però è fatalmente compromesso. Potrebbe essere diversamente?Ci fu un tempo in cui il kibbutz era per molti ragazzi di sinistra la terra promessa. Emanuele Fiano, a lungo deputato del Pd, vi trascorse un anno, con la fidanzata che poi sarebbe diventata sua moglie, nel 1983. «Ero un militante del movimento sionista socialista, finimmo a Sassa, a un chilometro dal confine col Libano. Io raccoglievo le mele, poi ho lavorato in falegnameria, ci si alzava alle sei. Tutto era condiviso, in cambio ti davano casa e cibo. Anche il papà della Schlein ha vissuto in un kibbutz, nel Sud. Molti cari amici sono rimasti lì».Come Rondolino, che si innamora di Israele dopo essere arrivato convinto che Arafat fosse Che Guevara, anche Fiano coltiva il dialogo con i palestinesi. «Oggi siamo rimasti in pochi a pensare di poter conciliare le due cause: quel che vedo mi addolora molto», confessa Rondolino, ex inviato dell’ Unità.La rottura avviene già con la guerra dei Sei giorni, nel 1967. Prima il Pci, poi anche il Psi di Craxi si spostano su posizioni filoarabe. La stessa Dc, Andreotti in testa, lo è. Il divorzio lo sancisce l’avvento di Netanyahu, che riduce la sinistra israeliana al lumicino: oggi ha quattro deputati. «Ciò è avvenuto perché la sinistra si è immolata sull’altare della pace», dice Belli Paci. Dopo gli accordi di Oslo, che istituì l’Autorità palestinese, si ebbero decine di attentati; il vuoto lasciato dal ritiro al Sud del Libano venne occupato da Hezbollah; dopo Camp David scoppiò la seconda Intifada; l’uscita da Gaza ha consentito ad Hamas di impadronirsi della striscia. Per l’opinione pubblica ogni tentativo di fare la pace ha portato altro terrorismo. Netanyahu si spiega così. Ma non possiamo non continuare a batterci per due popoli due Stati, l’unica chiave per arrivare a una soluzione di pace». «Su Unifil non si spara», specifica Fiano, «ma va detto che non sta facendo quello per cui sta lì: fare indietreggiare Hezbollah».Sinistra per Israele continua a diffondere la sua newsletter, nella convinzione che non bisogna smettere di cercare le ragioni della pace. Ma con smarrimento, con impotenza.Fabrizio Rondolino si è ritirato in campagna. «All’epoca mi misero in cucina, poi in fabbrica, e infine a pulire le cacche delle galline. Ero l’unico gentile giunto dall’Italia. Il kibbutz ti pagava le vacanze, il medico, l’università. L’unico socialismo l’ho visto lì». Altri tempi.