la Repubblica, 15 ottobre 2024
L’accusa contro i caschi blu “Fanno da scudo a Hezbollah”
Il video non trascura i particolari. Si vedono i soldati israeliani, i reporter internazionali convocati per la missione, la torretta delle Nazioni Unite a poche centinaia di metri, in territorio già libanese. La telecamera inquadra l’imbocco di un tunnel, il soldato israeliano percorre gli ottocento metri di lunghezza che arrivano fino al confine israeliano, mostra i mortai, i missili anticarro, le granate, una cucina attrezzata e la foto di Nasrallah, il capo di Hezbollah, ucciso il 27 settembre. Il video non è un deep fake realizzato con l’intelligenza artificiale ma la realtà nota del Sud del Libano da almeno sei anni. Era il natale del 2018 quando gli israeliani denunciarono e le Nazioni Unite accertarono l’esistenza di quattro tunnel costruiti da Hezbollah attraverso la Linea Blu.«Come mai Hezbollah riesce a piazzare le proprie armi a pochi metri da una postazione Unifil?», chiede la voce fuori campo del soldato israeliano. Pochi minuti dopo il ministro israeliano Eli Cohen consegna alle agenzie questa dichiarazione: «Le forze Unifil fungono da scudo per Hezbollah». È lo sbocco prevedibile di una settimana in cui Israele ha chiesto ripetutamente ai caschi blu di sgomberare il confine, le basi Unifil sono finite sotto il fuoco, denunciando attacchi intenzionali, ma l’Onu ha ribadito ancora ieri che la missione resterà. «L’accusa secondo cui Israele avrebbe deliberatamente attaccato il personale Unifil è completamente falsa», ha detto ieri il premier Netanyahu. «Anzi, abbiamo ripetutamente chiesto loro di togliersi dai guai».Un colonnello europeo con alle spalle una lunga esperienza in Libano scuote la testa in un sorriso amaro. «Israele mente? No, i tunnel ci sono e anche le armi di Hezbollah. Vuole dire che le Nazioni unite devono andarsene? No, dal 2006 hanno fatto bene il loro lavoro dentro i confini del loro mandato. C’è una generazione di libanesi che ha 18 anni, la prima negli ultimi 50 anniche non aveva mai conosciuto la guerra».Nel 2006 l’Onu aveva posto fine al conflitto tra Israele e Hezbollah (risoluzione 1701) dando aipeacekeeper il mandato di addestrare l’esercito libanese (Laf) e metterlo in condizioni di controllare il Sud, dove prima spadroneggiavano sologli Hezbollah. Le regole di ingaggio impongono ai caschi blu di lavorare in coordinamento con le Laf, non consentono ai militari internazionali di perquisire strutture private o sequestrare armi, e cambiare queste regole oggi sarebbe molto difficile – si può già immaginare la contrarietà della Russia, alleata di Hezbollah in Siria a fianco di Assad. Significherebbe inoltre assumersi il rischio di soldati internazionali coinvolti in una guerra civile contro una milizia che è un partito politico e rappresenta una grossa fetta della popolazione sciita. La chiave per uscire dall’impasse è l’esercito libanese, che però ha subìto il collasso economico del Libano – fatica persino a pagare gli stipendi, non ha una contraerea per via di veti internazionali e opera all’interno di un fragile equilibrio politico-confessionale. Sul fronte opposto, l’Unifil non ha mai avuto nemmeno il pieno appoggio di Israele. Non può effettuare i pattugliamenti sul lato israeliano della Linea Blu, per esempio, e non può bloccare i sorvoli che le Idf compiono quotidianamente sul Libano, seppur vietati dalla 1701. È un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, eppure per quasi due decenni è stato determinante per mantenere la pace.«Fino a quando non ci sarà una soluzione politica è essenziale che Unifil resti – conclude il Colonnello – perché restano gli occhi della comunità internazionale e il diritto internazionale». In un conflitto in cui«nessuna parte è completamente innocente, il valore dell’Unifil è tenere accessi i riflettori, e preparare una nuova pace».