Corriere della Sera, 15 ottobre 2024
Il drone che vola a 370 km all’ora, la raffica di razzi. Così lo scudo viene «bucato»
La morte arriva dal cielo: a Gaza, in Israele, in Libano, con un bilancio che coinvolge civili e militari mentre si delineano «aggiustamenti». Sotto questo aspetto, l’attacco di domenica alla base di Binyamina, a sud di Haifa, può rappresentare un segnale di un’azione concentrata su quest’area. Ieri mattina Hezbollah, commentando il successo, del raid con droni ha affermato: «Haifa è la nuova Kiryat Shmona», un riferimento alla località sulla frontiera spesso obiettivo dei bombardamenti. Una dichiarazione che suona come una conferma, visto che i guerriglieri libanesi l’hanno più volte indicata quale target primario della loro offensiva «aerea». È uno dei centri abitati più importanti dello Stato ebraico, ospita infrastrutture, installazioni militari e il porto. Così il movimento sciita mantiene la pressione sull’avversario, reagisce alla fase difficile dimostrando di aver riorganizzato i ranghi, evita di «sprecare» i missili più potenti.
Indiscrezioni sui media sostengono che al «Partito di Dio» sarebbe rimasto un terzo degli ordigni a corto e medio raggio. Valutazione attribuita a fonti della sicurezza che va comunque presa con la consueta cautela. Un paio di giorni fa i militanti avevano «avvisato» la popolazione nemica di stare lontano dalle postazioni dell’esercito, messaggio diretto anche a Tiberiade e cittadine minori. L’intento è di creare una nuova equazione: se voi colpite Beirut, noi faremo lo stesso su Haifa. Scelta che è anche una contromossa alla spinta terrestre dell’Idf, manovra presentata come il tentativo di eliminare la minaccia per la popolazione che abitava – prima di essere sgomberata – nella fascia a nord di Haifa. I combattenti sciiti, in passato, hanno inviato i loro droni nel settore. Incursioni dove hanno filmato gli obiettivi e diffuso poi le immagini a scopo di propaganda. Ma alcuni di questi voli sono certamente serviti a osservare le difese. E nel raid di domenica hanno impiegato una rotta già vista, con i velivoli senza pilota che arrivano dal mare.
Nello stesso tempo c’è stato il consueto lancio fitto di razzi – circa 180 – per impegnare il più possibile lo scudo. Secondo l’Idf la «contraerea» (con Iron Dome e unità della Marina) ha distrutto due droni, mentre un terzo è stato agganciato, seguito da caccia ed elicotteri che hanno aperto il fuoco senza centrarlo. L’intruso è poi scomparso quando si trovava a 48 chilometri a est di Acri e i militari hanno pensato che si fosse schiantato. Invece ha proseguito raggiungendo il tetto della mensa della caserma. L’episodio conferma che non esiste una copertura totale contro queste minacce. È probabile che vedremo presto nuove infiltrazioni appaiate al lancio di razzi/missili non guidati. Nello strike è stata usata una variante del Mirsad 1, di concezione iraniana. Ha un raggio d’azione di 120 chilometri, una carica bellica di 40 chilogrammi, una velocità di 370 km/h. Arma relativamente semplice, non velocissima ma che ha provocato perdite significative. Fonti israeliane sostengono che l’Hezbollah ha oltre 2 mila droni, materiale arrivato dall’Iran.