Corriere della Sera, 15 ottobre 2024
Edi Rama parla dei migranti deportati in Albania
Entra nel vivo l’accordo Roma-Tirana sulla gestione dei migranti nel Mediterraneo che prevede un iter di identificazione e gestione della pratica nei centri per richiedenti asilo nel Paese balcanico. Dove però, precisa il premier albanese Edi Rama, le autorità locali non avranno alcun ruolo.
Le strutture in Albania sono pronte per accogliere i primi migranti?
«Dovreste chiederlo alle autorità italiane. La parte albanese non ha alcun obbligo di verificare se siano pronte o meno, perché l’accordo prevede che tutto – dalla costruzione alla gestione dei centri e dell’intero processo di arrivo, fino a sistemazione, registrazione ed elaborazione delle domande dei migranti – sia di competenza della parte italiana».
Quale sarà la capacità massima?
«Non più di 3 mila persone contemporaneamente».
Per quanto tempo resteranno nei centri?
«La durata del soggiorno dipenderà dai tempi delle procedure dello Stato italiano».
Resta confermato che all’interno delle strutture in Albania ci saranno solo forze di polizia italiane?
«Assolutamente sì».
Ma quale legislazione si applicherà all’interno? Quella italiana, albanese o mista?
«Ci sarà soltanto quella italiana».
C’è chi parla di centri disumani, anche dalle file dell’opposizione italiana...
«Guardi, non voglio polemizzare con l’opposizione italiana. Anche se non ho ancora capito le alternative che offrono per affrontare questo fenomeno. Tutti quelli che in Europa dicono l’opposto quando sono all’opposizione, ma poi, quando arrivano al potere non fanno nulla di diverso rispetto a chi c’era prima. In realtà, il vero problema è un altro...».
Quale?
«La questione qui non è ciò che fa il governo o ciò che dice l’opposizione italiana, ma ciò che l’Europa intera non sta facendo riguardo a questo fenomeno. Nel frattempo, il bisogno di forza lavoro nel Vecchio continente cresce, e chiaramente i confini non controllati sono il problema, non la soluzione».
Qualcuno teme che in questi centri non verranno rispettati i diritti umani.
«Non mi risulta che l’Italia sia tra i Paesi con problemi nella comprensione e protezione dei diritti umani, e d’altra parte l’ho detto cento volte: questo dibattito non esisterebbe nemmeno se questi due centri fossero aperti in uno Stato Ue, mentre molti dimenticano che, in ogni caso, i Balcani occidentali sono circondati dai confini dell’Unione europea».
Estenderà l’accordo che ha con l’Italia ad altri Paesi?
«No, l’Italia per l’Albania non è un Paese come tutti gli altri, è l’altra metà di una coppia di fatto».
Ma questa intesa non è un modo per spostare il problema subito al di fuori dall’Ue?
«È un tentativo di provare un nuovo meccanismo tra altri meccanismi possibili. Siamo alla ricerca di una soluzione a un problema molto complesso».
Se le strutture sono pronte?
«Oggi serve una nuova Europa per affrontare immigrazione e invecchiamento, causa tra le principali della confusione generata da questo fenomeno inarrestabile, con retoriche politiche divisive negli Stati membri o politiche antagoniste concentrate più sul dito che indica la luna che su una visione strategica. Ma chi sono io per puntare il dito. Mi limito a dirigere un piccolo Paese europeo che ha detto sì alla richiesta di aiuto dell’Italia, senza pretendere nulla in cambio, se non nutrire un’amicizia unica e insostituibile».