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 2024  ottobre 14 Lunedì calendario

Il dottor Martin Nweeia cura gli esseri umani, ma da anni studia anche un paziente speciale, il narvalo, la cui zanna è di fatto un canino. utile alla difesa. E non solo



 
Martin Nweeia è un dentista, ha uno studio a Sharon, nel Connecticut, tiene lezioni alla Harvard School of Dental Medicine, ma fa qualcosa che ai suoi colleghi può capitare soltanto nei sogni (o negli incubi): di tanto in tanto ha a che fare con un paziente pesante 1,5 tonnellate, lungo 5 metri e che potrebbe infilzarlo come uno spiedo: un narvalo. È il più misterioso dei cetacei, perché vive in desolate zone artiche – dal Canada nordorientale alla Groenlandia fino al Mare Siberiano Orientale – coperte dai ghiacci per la maggior parte dell’anno, ed è capace di passare molti mesi sott’acqua. «Li chiamano “unicorni del mare” per la loro caratteristica più evidente, un appuntito sperone che può superare i 2,5 metri: nei secoli lo si considerava una prova dell’esistenza degli unicorni, sin da quando i vichinghi lo smerciavano separato dal corpo del narvalo» ci spiega Nweeia. «Ma non si tratta di un corno: è un dente, un canino ipersviluppato che spunta dal labbro superiore e, diversamente da tutte le zanne animali, cresce dritto, formandosi con un movimento a spirale che va in senso antiorario». 
La crescita a spirale è la garanzia che il dente rimanga dritto, perché il lento movimento a giro fa sì che ogni parte del dente subisca le stesse pressioni: così non si forma una curvatura che renderebbe difficoltoso all’animale orientarsi e nuotare in linea retta. «Ecco perché, per aumentare le conoscenze scientifiche sui narvali, un dentista può rivelarsi utile» ammette Nweeia. «Ho iniziato a occuparmene dopo aver inserito nelle mie lezioni di antropologia dei denti qualche riferimento a questi animali: da allora ho effettuato venti missioni nell’Artico».
 
come una trivella
Proprio l’inconfondibile super-dente del narvalo (a cui si deve il suo nome: viene da nafarr, che nell’antica lingua norrena significa “trivella”, mentre il nome scientifico, Monodon monoceros, vuol dire “un solo dente, un solo corno”) ancora oggi divide gli scienziati: «Lo ha così la maggior parte dei maschi, ma anche qualche femmina (in meno del 15 per cento dei casi). E assai più raramente un maschio ne ha due: in quasi tutti i casi, infatti, il canino destro rimane pressoché invisibile. Questa asimmetria così estrema – un dente di 2,5 metri e l’altro inesistente – è sorprendente: in tutti gli altri mammiferi i denti sono simmetrici e senza differenze tra i sessi» spiega Nweeia.
«Un altro aspetto curioso è l’assenza di altri denti: nella dieta tipica del narvalo, oltre ai calamari ci sono pesci piuttosto grandi, come l’halibut della Groenlandia e il merluzzo polare. Quindi i denti sarebbero stati utili. Invece il narvalo le sue prede le inghiotte. Curiosamente, se si studia l’embrione del narvalo, durante lo sviluppo avrebbe la capacità di sviluppare da 12 a 16 denti, ma in qualche modo i geni coinvolti vengono silenziati prima della nascita, e così tutte le risorse a disposizione per la costruzione dei denti vengono investite nel canino gigante».
Un’arma che non si sa quanto poi sia davvero usata come tale: i narvali infatti non sono soliti trafiggere le proprie prede, e la robustezza della zanna può essere messa a dura prova da più impatti frontali, cosa che non la rende uno sperone ideale per aprire solchi nel ghiaccio, come invece si è creduto a lungo. Ma è anche vero – come riporta uno studio del 2020 del Greenland Institute of Natural Resources – che sono stati osservati in natura narvali con cicatrici sul capo, e una notevole percentuale dei maschi adulti (oltre il 40 per cento) ha una zanna danneggiata o spezzata: quindi almeno in qualche caso viene usata per offendere. Un comportamento che potrebbe dare qualche indizio in più sulla funzione della zanna è il tusking: consiste nel fronteggiarsi, con la testa fuori dall’acqua e le zanne che si avvicinano e si incrociano, di due maschi in presenza di una femmina o di tre o più maschi in assenza di femmine. 
Per il biologo americano Zackary Graham ciò indicherebbe un uso della zanna per asserire dominanza, un segnale intimidatorio del tipo “sono più grosso di te”, ed evitare che i confronti tra maschi degenerino in scontri letali. Obietta Nweeia. «Preferisco pensare che, proprio come i nostri denti, il canino del narvalo abbia una funzione sensoria. All’interno della zanna, infatti, abbiamo scoperto circa 10 milioni di terminazioni nervose che attraverso dei tubuli che si formano nella dentina sono a contatto con l’acqua. Queste fibre nervose trasmettono il dolore, la sensazione di caldo o freddo e anche la concentrazione di sale nell’acqua». Per dimostrare la sua tesi, Nweeia ha ricoperto la zanna del narvalo con un sacchetto riempito prima con acqua dolce e poi salata: «Con l’acqua salata il battito cardiaco dei narvali aumentava, quindi la riconoscevano grazie a quell’organo» osserva lo studioso. «Rilevare quanto è salata l’acqua è importante per loro: repentini cambiamenti nella salinità possono aiutarli a capire quando il ghiaccio si sta formando, così possono spostarsi e cercare nuove spaccature nel ghiaccio utili a prendere aria (dopotutto sono dei mammiferi marini come le balene e quindi per respirare emergono) quando quelle che stavano usando saranno sigillate».
Il ghiaccio, comunque, è un’efficace assicurazione sulla vita per i narvali: «Permette loro di stare al sicuro dai loro maggiori predatori, le orche, che non nuotano sotto la superficie ghiacciata» spiega. «Ecco perché il progressivo scioglimento dei ghiacci artici può diventare un problema per i narvali, anche se la popolazione mondiale è stimata in circa 170 mila individui e quindi non è considerata una specie a rischio».