Libero, 14 ottobre 2024
Tra due anni l’albergo nello spazio
Camera con vista. E su questo, cioè sulla vista, non si discute: lassù, in orbita, dove la Terra sembra una biglia blu. Vacanze spaziali. Vacanze per super-ricchi (e poi chissà). Vacanze fantascientifiche epperò pure reali, realissime, ci siamo, si parte. È ancora (per poco) solo un progetto: ma è definitivo, verrà realizzato nei prossimi mesi, spedito nello spazio l’estate a venire e ospiterà i primi clienti nel 2026.
Haven-1, che vuol dire “Paradiso-uno”: non c’entra l’Eden ma c’entra l’universo, quello ancora da esplorare, di cui sappiamo ogni settimana qualcosina in più, quello che è l’ultima frontiera del mercato commerciale privato. Ha aperto la breccia Elon Musk (e con Haven-1 Musk ha ancora a che fare), ci si è fiondato Jeff Bezos, ne ha capito le potenzialità Jed McCaleb, il miliardario delle criptovalute che ha fondato la Vast, una start-up coi piedi piantati in California e il naso che vaga oltre l’atmosfera.
È lei, la Vast, che sta perfezionando la prima stazione spaziale commerciale della storia dell’umanità: un “hotel” di lusso, esclusivissimo, iper-tecnologico, pure costoso (ma questo è un altro paio di maniche). Fluttuerà, la navicella albergo Haven-1, nell’orbita terrestre bassa; la porterà lì un razzo Falcon della SpaceX (ecco Musk che ritorna) e i primi check-in si effettueranno tra meno di due anni.
Fa un po’ Interstellar, un po’ Stanislaw Lem e un po’ futuro-prossimo-venturo. Ché il 2026 è dopodomani, ed è solo l’inizio. Quattro stanze private (ognuna con un vano portaoggetti, un mobiletto per il trucco e un kit di cortesia personalizzato), tutte auto-regolabili (cioè gestite dal proprio inquilino per quanto riguarda la temperatura e l’illuminazione), corridoi bianchi, pareti morbide e imbottite (niente a che vedere con la latta degli shuttle), una palestra comune e la connessione wi-fi in modo da poter chiamare e restare in contatto con gli amici e i conoscenti che sono rimasti a casa. Sfortunati loro.
Vast ha presentato, nei giorni scorsi, i dettagli di questo piano che si fa sempre più concreto. C’è il legno, tanto per cominciare. Listarelle di acero a perdita d’occhio: che non te l’aspetti, non hai mai associato la perlinatura agli abissi dell’universo; e invece è elegante al punto giusto, rassicurante quanto basta, avvolgente come dev’essere un viaggio oltre i confini terrestri.
Un viaggio in cui le parole d’ordine sono due. Forse tre. La prima, record (e si spiega da sola). La seconda, innovazione (e non c’è bisogno di aggiunge altro nemmeno qui). La terza, confort (perché le doghe lignee rispondono più che altro a una questione estetica, però non sono le sole invenzioni studiate ad hoc per rendere il soggiorno a bordo davvero galattico: i ricercatori di Vast hanno pensato anche a un “piumone spaziale”, ossia una “super-coperta” matrimoniale, al momento in fase di brevetto, che si gonfia e crea una pressione uniforme contro chi lo indossa, dato che va ricordato che nello spazio non c’è forza di gravità e si “galleggia” anche la notte, letto o non letto).
Haven-1 non si limiterà a diventare l’hotel più invidiato da noi comuni terresti (tra parentesi: il costo di un soggiorno medio di dieci giorni ancora non è stato reso pubblico, ma non è difficile immaginare che si stia discutendo attorno a una cifra nell’ordine dei milioni di dollari, quantomeno nella prima fase, dopodiché «il nostro obiettivo a lungo termine è che chiunque possa sperimentare lo spazio» suggerisce la responsabile del design di Vast, Hillary Coe): sarà anche una piattaforma di ricerca in grado di aiutare le missioni degli astronauti professionisti.
I primi ospiti paganti che Haven-1 metterà sul suo registro riceveranno una formazione sulla sicurezza, ma non dovranno imparare a pilotare o controllare una navicella. Tutto quello che dovranno fare è starsene all’olbò e guardare. Giù.