La Lettura, 14 ottobre 2024
I pistoleri democratici
Quattro anni fa, subito dopo l’annuncio che Joe Biden aveva vinto le elezioni presidenziali, ci imbattemmo ad Atlanta in un gruppo di sostenitori armati di Donald Trump. Protestavano davanti alla sede della Cnn. Trump aveva perso in quello Stato, la Georgia, per appena 11.780 voti, ma né lui né i suoi sostenitori riconoscevano la sconfitta.
Dall’altro lato della strada c’era una controprotesta dei sostenitori di Biden: anche tra loro alcuni erano armati. Una ragazza trans con le unghie laccate di rosso come i lunghi capelli, gli occhi verdi e un drappo nero sul naso e la bocca, che si faceva chiamare Vex quando si muoveva «sul campo», ci spiegò che aveva deciso di venire armata perché «gli elettori si sono espressi: Biden ha vinto. E io sono qui per difendere le persone che appoggiano Biden da coloro che contestano il risultato, come quelli là con gli elmetti militari e i fucili. Non voglio uno spargimento di sangue in un processo democratico».
La cultura delle armi in America è stata a lungo dominata da uomini bianchi conservatori. Ma un numero crescente di progressisti sta comprando armi da fuoco. Secondo i sondaggi, i gruppi più in crescita sono le minoranze e le persone che si considerano di sinistra. Nel 2022 il 29% dei democratici diceva di avere un’arma in casa (in aumento, anche se un dato inferiore al 55% dei repubblicani). L’attuale campagna elettorale è la prima da molto tempo in cui i democratici sono il volto dei proprietari di armi: Kamala Harris ha sorpreso molti durante il dibattito del 10 settembre contro Trump dichiarando che sia lei che il suo vice Tim Walz possiedono un’arma (ha una Glock da quando era procuratrice della California, mentre Walz ama andare a caccia), anche se vogliono nuove regole – per esempio fare in modo che «armi da guerra» non siano usate nelle città americane.
Sono donne la metà dei nuovi acquirenti di armi registrati tra il 2019 e il 2021. A Los Angeles è nato nel 2020 il gruppo L.A. Progressive Shooters, mentre la National African American Gun Association, fondata nel 2015, conta 48 mila membri: ha ricevuto una forte spinta dopo la marcia dei suprematisti bianchi a Charlottesville negli anni di Trump. Anche alcuni americani gay e trans si armano: per loro il momento di svolta è stata la strage al locale gay Pulse di Orlando, in Florida, nel luglio 2016 (49 morti e 53 feriti). Il gruppo Pink Pistols, fondato nel 2000, ha membri in 33 Stati: sono passati da 1.500 a 4.500 dopo la strage al Pulse e fino a 9 mila subito dopo l’elezione di Trump.
«Alla fine del febbraio 2023 i – ci spiega Erin Palette, una donna trans, dal 2018 presidente di Pink Pistols – s’è svolto un evento noto come Cpac, la conferenza per l’azione politica dei conservatori. Una parte significativa del messaggio di quella conferenza era: “Le persone transgender sono una minaccia alla nostra cultura e devono essere fermate”. Uno degli speaker è arrivato a dire che “il fenomeno dei transgender deve essere sradicato”, parole accolte da applausi. Questo ha portato a un anno di transfobia. Eventi come la sparatoria alla Covenant School non hanno fatto altro che contribuire a questa transfobia». Palette si riferisce alla strage del marzo 2023 nella scuola elementare cristiana di Nashville, in Tennessee: dopo che la polizia rivelò che l’attentatore che uccise tre bambini e tre insegnanti era transgender, la destra in America ha collegato la violenza alla crociata contro i trans. Palette esprime anche un certo risentimento perché ha visto la comunità Lgbtq+ «fratturarsi», anche se «le tensioni esistevano da anni»: «Cercate su Google “Lgb” senza “tq”, per farvi un’idea. I diritti dei gay, delle lesbiche e delle persone bisessuali sembrano al sicuro oggi, così alcuni di loro hanno deciso di unirsi alla diffamazione delle persone trans e queer, dipingendoci come mostri instabili che vogliono molestare i bambini, fargli il lavaggio del cervello per spingerli alla transizione di genere, che abusano sessualmente delle donne invadendo i loro spazi e che all’improvviso impazziscono e possono trasformarsi in killer. Allo stesso tempo, molti Stati conservatori cercano di privarci del diritto a vivere come vogliamo, rendendo illegale l’uso di un bagno che non corrisponde con il nostro genere di nascita, rendendo difficile o impossibile ricevere la terapia ormonale sostitutiva e gli interventi chirurgici. Intanto gli Stati progressisti continuano a ostacolare la possibilità di portare un’arma per autodifesa, necessaria dal momento che il 20-25% delle persone Lgbtq+ sono vittima di violenza. Credo che le cose peggioreranno ancora in queste settimane, visto che entrambi i partiti cercano di manipolare la paura e l’indignazione per conquistare voti».
La strage al Pulse fu uno choc anche per chi si considera lontano dalla comunità Lgbtq+: Joe Laferrera jr – agente immobiliare che sostiene Trump, possiede armi e vive in South Carolina – ci ha raccontato di avere contattato i Pink Pistols offrendosi di addestrarli a sparare per difendersi. Nessuno gli ha risposto. «Non è facile fidarsi», ci dice Dallas Alexander in un bar di Hazel Park, il quartiere queer di Detroit, quando gli raccontiamo la storia di Laferrera. Alexander gestisce da un anno i Motor City Pink Pistols, il gruppo di Detroit dei Pink Pistols. Su Facebook i membri sono circa 300, ma solo un centinaio sono attivi. Si incontrano una volta al mese al poligono: la metà circa sono persone trans. Alexander le accompagna al negozio a comprare per la prima volta un’arma senza farsi fregare sul prezzo. «Vogliono essere addestrate, vogliono potersi difendere», spiega Alexander. «C’è gente nella comunità trans che non esce di casa senza un giubbotto antiproiettile».
Alexander è cresciuto nel Michigan rurale, dove tradizionalmente non era inusuale nemmeno per i democratici possedere legalmente armi. «Quand’ero ragazzo, era legale portare il fucile e lasciarlo nell’auto a scuola per poi andare a caccia dopo le lezioni». Dagli anni Novanta le battaglie sul ruolo delle armi nella società americana hanno portato i democratici a sostenere la necessità di maggiori regolamentazioni, mentre i repubblicani si sono presentati come i difensori del diritto alle armi. Ma anche oggi, a Detroit, secondo Alexander, «il 50-60% delle persone porta un’arma»: è legale se hai la licenza. Lui, democratico moderato, non la considera una scelta politica, ma di autodifesa. Per chi è di sinistra, tuttavia, le armi restano un tabù. I progressisti che le possiedono, a volte, non osano rivelarlo ad amici e familiari. «Può farti perdere amici nella comunità. Ci sono tante persone – continua Alexander – che non lo dicono a nessuno. È come dover fare coming outdue volte: la prima in quanto gay, la seconda in quanto proprietario di un’arma».
In Michigan s’è verificato quest’anno il caso celebre dei genitori di Ethan Crumbley, condannati a 10 anni per la strage commessa dal figlio. Alexander spiega che sono state istituite regole più dure per impedire l’accesso dei figli alle armi, alle quali è favorevole, ma teme che la governatrice democratica del Michigan voglia andare oltre e si ispiri troppo alla California. Quando gli raccontiamo di Vex e della manifestazione di 4 anni fa ad Atlanta, osserva: «Se un trans va pesantemente armato a una controprotesta dove ci sono manifestanti potenzialmente violenti, e può farlo perché è legale, manda un messaggio chiaro: non accetteremo di essere bullizzati. Ma c’è differenza tra aggredire qualcuno con un’arma e usarla per difendersi. Tutti dovrebbero essere al sicuro: è terribile, ma questa è la realtà. Devi guardarti le spalle. Non tutti là fuori vogliono farti del male, ma se vogliono farlo, non permetterglielo».