il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2024
La guerra fa male a Tel Aviv ma fa volare il settore hi-tech
La guerra? A differenza di quanto molti potrebbero essere portati a pensare, non è affatto un buon affare per l’economia israeliana. Almeno la guerra che si combatte alle porte di casa. A un anno dal pogrom scatenato da Hamas il 7 ottobre 2023 contro i civili israeliani, costato qualcosa come 1.200 vittime su una popolazione di 9,7 milioni di abitanti, l’impatto dell’azione militare senza scadenza scatenata contro Hamas a Gaza e ora anche contro Hezbollah in Libano rischia di terremotare a lungo termine l’economia e il bilancio pubblico di Israele. Per risollevare l’ottimismo sulla crescita economica non basta nemmeno il rialzo della Borsa di Tel Aviv, trainata dai titoli delle startup tecnologiche.
Dopo l’attacco di Hamas di un anno fa, nel quarto trimestre del 2023 l’economia israeliana ha subito un calo del 5,6% dovuto alla riduzione drastica della spesa dei consumatori e degli investimenti. Ma nel 2024 secondo l’Ocse non è andata meglio. Nel primo trimestre c’è stato un rimbalzo del 4,1%, ma nel secondo la crescita si è ridotta a +0,3%, il livello più basso tra i 38 membri dell’organizzazione. A maggio, l’Ocse ha tagliato le sue previsioni 2024 per l’economia israeliana dal 3,3 all’1,9%. Anche la Banca d’Israele ha abbassato le sue previsioni di crescita per il 2024 all’1,5%, mentre il ministero delle Finanze prevede una crescita dell’1,9%. Le ricadute della guerra infatti continuano a colpire la forza lavoro, con la chiamata alle armi di decine di migliaia di riservisti e lo sfollamento di altre decine di migliaia di lavoratori nel nord di Israele, impattando ulteriormente su esportazioni e investimenti e frenando soprattutto la manifattura, con un possibile calo dell’attività industriale di oltre il 5%. Anche se l’impennata della spesa militare contribuisce al Pil, non crea una crescita sostenibile. Nelle scorse settimane, il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, spesso in pesante disaccordo con il ministro della Difesa Aluf Yoav Gallant, ha presentato la bozza del bilancio nazionale per il 2025 che prevede significativi tagli alla spesa pubblica. Secondo The Times of Israel, le spese di guerra a settembre erano arrivate già a 54-68 miliardi di dollari Usa, dal 10,6 al 13,3% del Pil 2023: un’enormità. Non a caso nel 2025, per contenere il deficit pubblico al 4% del Pil, in calo dal 6,6% previsto per il 2024, il governo Netanyahu punta a tagliare la spesa di 9,5 miliardi di dollari (l’1,86% del Pil 2023) congelando aliquote fiscali, sussidi e stipendi. Ma a lungo termine i costi della guerra potrebbero causare un calo del Pil israeliano sino al 10%, anche per fattori indiretti quali il calo degli investimenti interni e la fuga dei capitali esteri. Il prosciugamento dei flussi finanziari dall’estero è un serio problema per l’economia israeliana, ma c’è un settore che invece vede i finanziamenti crescere e fare la differenza: è l’industria high-tech, che nel 2022 era il primo settore economico del Paese e valeva il 18,1% del Pil di Tel Aviv. In molti credono che l’industria militare faccia la parte del leone nelle startup tecnologiche israeliane, ma si sbagliano.
Secondo gli ultimi dati del centro di analisi israeliano Start-Up Nation Central, il dominio quasi assoluto nel settore tech israeliano è detenuto saldamente dalle aziende della cybersecurity, con 523 imprese attive che hanno raccolto finanziamenti privati per un totale di 43 miliardi di dollari; segue il fintech, con 416 startup che hanno incassato 19 miliardi, mentre la difesa conta “solo” 176 startup e fondi per appena 1,58 miliardi. Anche nel primo semestre 2024 la sicurezza informatica ha svettato, ottenendo il 52% dei finanziamenti privati con una crescita annua del 50%. Non sono mancati fondi record incassati da alcune startup: Wiz (1 miliardo di dollari), attiva nel settore del software di sicurezza per il cloud, Cyera, attiva nella sicurezza dei dati (300 milioni), Axonius, che lavora alla sicurezza delle reti digitali (200 milioni) e Island, sistemi di controllo aziendali (175 milioni). Con un aumento annuo del 31% dei finanziamenti privati alle startup, nel primo semestre Israele ha superato gli Usa, l’Asia e l’Europa. I flussi sono necessari alla crescita del settore, che rappresenta gran parte delle azioni quotate a Tel Aviv. Ma l’high-tech viene sostenuto dalla cooperazione internazionale e dagli investimenti esteri: una guerra di lunga durata rischia di terremotare entrambi questi fattori. Non a caso la Borsa di Tel Aviv, per quanto in rialzo nell’ultimo anno, non ha avuto una performancesufficiente a tenere il passo con quella di New York. L’indice Tase dei 35 titoli principali del mercato di Tel Aviv, dai minimi seguiti all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, segna un progresso del 30,4%, ma il rialzo dell’indice S&P500 delle blue chip di Wall Street nello stesso periodo è stato del 39,7% e quello delle 100 principali azioni tech del Nasdaq segna addirittura +43,5%.
Sinora la Borsa di Tel Aviv ha potuto contare su due fattori: il primo è stato l’intervento della Banca di Israele che nell’autunno dell’anno scorso è intervenuta per sostenere lo shekel, la moneta israeliana che dopo gli attacchi stava affondando. La banca centrale ha speso molte riserve di valuta pregiata per rafforzarlo, facendogli riprendere a marzo sino quasi il 20% del cambio perso nei mesi precedenti sul dollaro. Il secondo è stata la relativa convenienza, in termini di prezzo, delle azioni israeliane rispetto a quelle di altre Borse. Così alcuni grandi investitori hanno comprato azioni quotate a Tel Aviv: ad esempio Bill Ackman, miliardario degli hedge fund Usa ferocemente filo israeliano, insieme alla moglie Neri Oxman a gennaio hanno acquistato il 5% delle azioni della Borsa di Tel Aviv, pagandole 17 milioni di dollari. Da allora i titoli della società-mercato hanno segnato +62,2%, ma dai minimi del 26 ottobre 2023 sono più che raddoppiati. Mosse molto utili alla comunicazione, ma che non spostano la spada di Damocle di una guerra di lungo periodo su più fronti che pende su Israele e sulla sua economia.