Il Messaggero, 14 ottobre 2024
Storia dei ricatti in politica, da Gladio ai dossieraggi
Dalla congiura di Catilina (e da quella dei Pazzi) alle trame spionistico-bancarie di Vincenzo Coviello. Dal complotto modello Gladio al Cloud come zona violata per avere informazioni riservate – «L’informazione è potere», diceva J.E. Hoover, capo Fbi per quasi 40 anni – e arrivare tramite incursioni bancarie illegali a ricattare il cuore dello Stato. Nell’Italia delle mille macchinazioni vere e supposte, delle manine e delle manone, delle lobby e delle logge, dei servizi deviati ma anche no, della complottomania e della complottofobia, viene facile – ma con i paragoni occorre stare sempre molto attenti – cercare di vedere un filo di continuità e anche di differenza tra la storia e la cronaca. Ha infatti un sapore antico il tweet, anche se ai tempi di Catilina e Cicerone non esisteva X e nemmeno all’epoca del golpe Borghese, scritto in forma di amara preghiera da Giorgia Meloni dopo aver scoperto che il suo conto corrente e quello degli altri colleghi era stato visionato dal bancario di Bitonto: «Dacci oggi il nostro dossieraggio quotidiano». Ci risiamo, insomma, ai tempi cupi degli anni 60 (del 64 è il tentato colpo di Stato del generale De Lorenzo, che poi si sarebbe rivelato una bufala) e degli anni 70 (quelli del delitto Moro e del Grande Vecchio che lo avrebbe architettato e chi ha immaginato fosse la Cia, chi il Kgb, chi Andreotti, chi spiritosamente Ugo Tognazzi come fece il giornale satirico Il Male) ed «è in pericolo la democrazia», come dice Donzelli? Quel che è certo è che l’Italia è terra di misteri da sempre e forse, ma speriamo di no, per sempre. Stavolta – e chissà quanto il piccolo e attivissimo impiegato di provincia Coviello avrebbe incuriosito Umberto Eco che aveva la passione per chi arma complotti e satireggiò nel romanzo «Il cimitero di Praga» sul falsario Simonini come trait d’union di tutte le congiure ottocentesche – le dimensioni della macchinazione rispetto ad alcuni esempi del passato sono infinitamente minori. Ossia l’attuale spione non parrebbe la copia di Giannettini o di Gelli e neppure di Pecorelli, almeno per quanto è emerso finora. Ma la domanda di adesso è la stessa che spesso è rimbombata nel passato davanti a trame più o meno oscure: chi c’è dietro? È un interrogativo italianissimo, quasi uno scioglilingua che ha accompagnato tanti passaggi, i meno edificanti e i più enigmatici, della storia repubblicana. Si era arrivati, a cavallo tra il 900 e il nuovo secolo, ad inventare addirittura la figura retorica, e fantasmagorica, del Doppio Stato – uno alla luce del sole e l’altro annidato nell’oscurità da dove allestisce trame contro il gemello diverso – per sottolineare quanto il pericolo del sovvertimento del sistema fosse connaturato al sistema. Una scorciatoia propagandistica quella? Ma certo. E tuttavia, come Paese di burattinai (e pure di burattini) il nostro non è indietro a nessuno. Al punto che perfino in una delle più celebri canzonette degli anni 60 e di sempre, «Viva la pappa col pomodoro», della magnifica Rita Pavone, si dice ad esempio che «la pancia che borbotta / è causa del complotto». E quanto ci è familiare insomma la compagnia del disegno oscuro. Quello del Coviello, ordito laggiù nella sua stanzetta in Puglia, non è riuscito a rimanere perché lui, oltre a maneggiare da hacker i dati bancari delle sorelle Meloni, dei ministri e dei vip, trafficando nel sistema informatico di Intesa per 2 anni con 7000 intrusioni, avrebbe dovuto seguire alla lettera i consigli di Machiavelli: «Bisogna essere molto prudente e avere una gran sorte che nel maneggiare una congiura la non si scruopa». Quel che colpisce in ogni caso è che la nuova forma di attentato alla sicurezza dello Stato – altro che Piano Solo, ovvero armi e militari, strumenti da archeologia pre-digitale – può comporsi come nel caso Coviello che ha seguito di poco il caso Striano, e di questi spionaggi ne sa qualcosa Crosetto, di azioni criminali che scardinano, attraverso la penetrazione negli account bancari, la privacy di chi è alla guida della cosa pubblica e quindi mettono sotto attacco la vita personale che è anche politica dei membri del governo. Se si esercitano ricatti in questo modo – a 15 anni per esempio dalla vicenda spionistica Telecom-Sismi, ovvero il caso Tavaroli – un’intera classe dirigente traballa e insieme traballa il Paese che essa rappresenta. Prima però si sbandava per scossoni tremendi, per disegni criminali che provocavano morti e questo furono le stragi di mano fascista o gli omicidi pseudo-rivoluzionari dei terroristi rossi, ma poi il sistema ha mostrato di saper resistere eccome a quelle trame. Mentre adesso trame minori – un bancario infedele di Bitonto non è un Burattinaio piduista, anche se possono esserci nel caso Coviello un mandante, eventuali contatti con 007 italiani o stranieri e la vendita dei dati nel dark web o nella rete degli investigatori privati ed è evidente l’alto rischio di tutto ciò – sembrano produrre un traballamento maggiore. A riprova che il sistema in questa fase storico-politica, in cui manca il grande scudo dei partiti di massa, scarseggia la compattezza istituzionale che pur nelle divisioni ideologiche esisteva in passato ed è purtroppo diminuita l’autorità della politica a causa del martellamento pluridecennale del populismo e della demagogia anti-casta, s’è profondamente infragilito. Ha perso gli argini. Non mostra quella coesione civile e bipartisan che fa la forza. Avrebbe invece bisogno il nostro quadro politico di conservare una capacità di resistenza e di reazione all’altezza della sfida. La quale, pur non avendo l’orrore sovversivo d’un tempo, è comunque impressionante perché attraverso i dati bancari si può sapere tutto di tutti, e lo Stato oltre a coloro che momentaneamente lo dirigono siamo noi.