il Giornale, 14 ottobre 2024
Quei ladri di giornali che affossano l’editoria
La scena si ripete tutti i giorni. Arrivano in edicola di notte o di mattina presto e senza pagare si prendono copie su copie di ogni quotidiano, nazionale o regionale, di ogni tendenza politica, di qualsiasi taglio e colore. Ne prendono migliaia. È un furto gigantesco e ripetuto che per qualche strano motivo nessuno sembra vedere. Si fa ormai con sfacciataggine, senza remore e senza sensi di colpa, con la certezza che non ci saranno pene o conseguenze e molti perfino se ne vantano. L’aspetto forse più sorprendente è che a compiere il reato sono in prima battuta onorevoli e senatori della Repubblica italiana e poi ministri e portaborse e da lì la catena dello spaccio prosegue verso manager e avvocati, coinvolgendo le vecchie professioni liberali e le nuove carriere più o meno virtuali, fino ad arrivare a ogni angolo del Paese. Lo spaccio comincia dall’alto e arriva ovunque, con gli stessi giornalisti come complici. Questa è la storia di come ormai rubare ogni giorno milioni di copie quotidiane sia una pratica considerata legittima e da perpetuare senza vergogna.
Lo sfondo riguarda la nostra società: se calcio, musica e cinema hanno provato a tutelarsi contro la «pirateria», i giornali sono rimasti figli di nessuno. Non c’è un’eco di battaglie in difesa dei quotidiani. Nessuno parla di un «pezzotto» giornalistico da sequestrare. Un presupposto è d’obbligo: un conto sono le rassegne stampa, che sono sempre esistite, un altro gli interi pdf dei giornali.Conviene concentrarsi su questi ultimi. Una delle beffe passa dalla condivisione di password. «Il giochino è molto semplice - ci racconta un ex collaboratoreparlamentare dei Verdi -. Le credenziali per accedere alla mazzetta digitale, di solito quelli di un onorevole o di un senatore, vengono comunicate a colleghi, amici, giornalisti stessi». E così parte la rumba dei pdf, che
da un singolo possono arrivare a un imprecisato numero di gruppi di messaggistica, quindi di persone. A voltecircola un singolo pezzo, e questo è accettato, lo fanno spesso anche i giornalisti, ma alle volte a girare è l’interoquotidiano. E questo distrugge il lavoro delle redazioni.Il servizio delle mazzette digitali di Camera e Senato è a disposizione dei deputati e dei senatori. Ma, comepremesso, capita che proprio questi ultimi forniscano le loro password a terzi. A quel punto ogni difesa del diritto d’autore cade. Anche le rassegne stampa finiscono dappertutto. Nell’arco di una mattinata, chiedendo a un singolo conoscente quali rassegne ricevesse al mattino,abbiamo avuto accesso a cinque tipi: quella dei parlamentari, quella del ministero dell’Interno, quella del Movimento sindacale autonomo di polizia, quella del Movimento poliziotti democratici e riformisti e quella del Dipartimento di pubblica sicurezza. Poi c’è Telegram, che la Fieg ha chiesto di sospendere già nel 2020. Su Telegram, gruppi che cambiano nome di continuooffrono, sempre gratis, giornali interi (ma anche riviste, libri e fumetti). Soltanto ne «Il Santo è in Chiesa» si contano 30mila e 700 iscritti. L’effetto esponenziale fa il resto. Già nella notte delle chiusure redazionali, partono i primi messaggi. Di solito i primi quotidiani che compaiono sulla chat sono i locali. C’è un ricircolo: gruppi che si spengono, gruppi che si accendono. «Edicola Download», da 56mila membri, chiede l’iscrizione ad altri due canali. Subito dopo questi passaggi, scaricare il quotidiano desiderato (o i quotidiani) diventa fattibile. E ancora l’universo della combinazione tra siti specializzati e «Vpn mobili», che permettono di scaricare più o meno qualunque contenuto editoriale. Ma queste sono raffinatezze per esperti informatici. Basta molto meno per poter essere informati gratis. Va segnalato infine il danno economico dell’interofenomeno, tutt’altro che irrilevante. Era il 2022 quando il Nucleo Frodi della di Guardia di Finanza di Roma ha accertato che ben 430 mila utenti di smartphone e tablet «rubavano» ogni giorno altrettante copie di quotidiani. Conclusione: fatta la debita estensione a livello nazionale, nel complesso il danno concreto provocato ai bilanci delle case editrici poteva ammontare a circa 350 milioni di euro ogni anno