La Stampa, 14 ottobre 2024
Tutte le falle del progetto Albania
Mare calmo, visibilità ottima. «Niente, ancora niente», dice il direttore del porto Sender Marashi. Stanno smontando il luna park, qualcuno fa il bagno. Fra questi pescherecci che tornano carichi di sgombri e sardine, uno dei prossimi giorni attraccherà una nave della Marina Militare italiana. Porterà il primo carico di migranti della missione Albania. Una missione piena di incognite e di problemi. Si vedono tutti. A occhio nudo. In queste giornate di attesa e cielo terso.Roulette mediterraneaÈ una questione di fortuna. Si capisce bene. Ogni singola persona che tenterà l’attraversata per arrivare in Europa avrà quattro possibili livelli di rischio e di sventura. Scampata la morte per annegamento, potrebbe essere portata indietro dalla Guardia Costiera libica finanziata dal governo italiano: altre torture, altre violenze, altri soldi da pagare. Il terzo livello di rischio è incontrare una motovedetta italiana. Perché da lì è probabile il trasbordo sulla nave hub della Marina, quindi una lenta navigazione verso l’Albania. Che non è ancora Europa, anche se sogna di farne parte. Per questo essere salvati da una nave Ong diventerà presto, per distacco, la migliore delle possibilità. Le Ong non vanno in Albania. Poco importa se verrà assegnato un porto di sbarco lontanissimo, come scelta punitiva. Genova, Ravenna, Ancona sono comunque Italia, sono pur sempre Europa.Paesi sicuriPossono essere deportati in Albania solo uomini adulti provenienti da Paesi considerati «sicuri». Ma l’Italia considera sicuri anche Egitto, Tunisia e Bangladesh. Mentre una sentenza del 4 ottobre della Corte di giustizia dell’Unione europea fissa altri parametri. Perché un Paese possa essere considerato sicuro, deve esserlo in qualsiasi parte e per qualsiasi cittadino. Chiedete a quel ragazzo tunisino a cui è stato tagliato un testicolo per ritorsione, dopo che aveva messo incinta la sua fidanzata, se tornare in Tunisia per lui sia effettivamente sicuro. Come si comporteranno i giudici che dovranno decidere sui singoli casi?Un destino in pochi giorniLa procedura accelerata per chiedere il diritto d’asilo dovrà durare al massimo 28 giorni. Servono interpreti preparati. Servono informazioni precise che mettano le persone nelle condizioni di esercitare un diritto. Serve sapere chiaramente – per esempio – che in caso di diniego della commissione, il tempo per presentare ricorso è stato appena ridotto a 7 giorni. Fare tutto questo in Albania, in video collegamento, secondo molti giuristi discrimina fra migranti e migranti, il che è anticostituzionale. Di sicuro un migrante in Albania sarà molto più solo. Più indifeso.Avvocato d’ufficio o di fiduciaPer esempio: vallo a trovare un avvocato di fiducia, stando dentro le gabbie del centro di detenzione di Gjadër. Devi difenderti in lingua italiana, in un Paese che parla albanese, mentre tu ne parli un’altra ancora. Da queste gabbie il diritto alla difesa appare fortemente indebolito.Un piccolissimo Stato italiano in terra d’AlbaniaLo dicono gli agenti di guardia: «Oltre il cancello cambia nazione». Lo dice il premier albanese Edi Rama: «Quei centri non ci riguardano». Non si capisce quindi cosa succederà in caso di rivolte, di incendio, di tentatitivi di fuga. O, più semplicemente, se una persona dentro si sentirà male e avrà bisogno di cure urgenti dall’altra nazione. Oltre le gabbie.Prigionieri di fatto«L’accordo con l’Italia prevede che nessun migrante uscirà mai da lì», dice sempre il premier albanese Edi Rama. Ma l’Italia non può costringere all’infinito un migrante dentro a quelle gabbie. Si prevedono molti viaggi di ritorno: Adriatico coast to coast.Il conto salatoPer costruire l’hotspot al porto di Shëngjin e il centro di trattenimento di Gjadër, il governo Meloni ha già stanziato 65 milioni di euro. Il costo di gestione previsto è di 120 milioni all’anno. Ma è un costo ipotetico. Sottostimato. Perché nessuno sa quanti trasbordi – effettivamente – verranno fatti. Quanti poliziotti saranno impiegati in trasferta, quanti costi vivi e variabili dovranno essere sostenuti.Il miraggio delle espulsioniNella prima metà del 2024 in Italia sono stati firmati 13.330 ordini di rimpatrio. Le espulsioni eseguite 2. 242. Questi sono i numeri reali. Cosa sarà dei migranti con il foglio di via in terra albanese? La probabilità che il governo italiano debba accompagnarli sul suolo italiano, per poi abbandonarli al loro destino, è molto alta.Ma allora perché?Per rimpatriare direttamente dall’Albania alcune nazionalità, pochissime. Quasi soltanto migranti tunisini, grazie all’accordo fra governi. Questo sembra l’obiettivo. Serve una foto simbolica. «Siamo nel propagandistico» dicono gli studiosi del fenomeno migratorio. Ma mentre il governo cerca la foto, il rischio è creare una zona franca. Sarà difficile testimoniare quello che accadrà lì dentro. I centri in Albania nascono per essere “un altrove”. Un posto senza testimoni.