Corriere della Sera, 14 ottobre 2024
Parla l’ambasciatore russo
«Forse, in un altro momento, questa sarebbe stata una occasione per fare festa». Ma era molto tempo fa. Il 14 ottobre del 1994, Silvio Berlusconi e Boris Eltsin firmavano un Trattato che oltre all’amicizia e alla collaborazione commerciale, sanciva anche una simpatia storica della Russia verso l’Italia, e viceversa.
Mentre sorseggia un tè offerto anche all’ospite, «Può bere tranquillo…» è la sua chiosa ironica, l’ambasciatore Alexey Paramonov appare diviso tra un evidente amore per il nostro Paese e i suoi doveri di diplomatico, che prevalgono al momento di fare dichiarazioni. Sconti per nessuno, parole e pensieri duri come pietre. «In base a quel trattato, Russia e Italia si erano aiutate a vicenda per quasi tre decenni, come mai prima nella storia. Purtroppo, oggi le relazioni tra i nostri Stati sono molto cambiate. Eppure, la stragrande maggioranza della vostra società, a differenza dell’élite di potere ermeticamente chiusa ai contatti, neanche ora sente la Russia come una minaccia».
Realisticamente, quante possibilità esistono perché si possa tornare come prima?
«Non ci aspettavamo da parte vostra una rinuncia così immediata e autodistruttiva allo status di partner economico privilegiato di Mosca. Alcuni alleati, gelosi dell’Italia, hanno fatto grandi sforzi per distruggere il nostro idillio. Obiettivo raggiunto. Il fatturato commerciale è calato quasi di 5 volte. E nel mondo di oggi è molto difficile recuperare le posizioni perse. Qualunque sia lo sviluppo dell’attuale situazione internazionale, tornare alla condizione dell’inizio del 2022 non sarà possibile».
C’è una classifica nell’elenco dei Paesi ostili a Mosca, come sembra di capire dalle recenti parole spese da Vladimir Putin sul nostro Paese?
«Non c’è nessuna gradazione. Anche se è vero che esistono varie sfumature nell’approccio di Roma alla crisi ucraina, e alla fornitura di armi a lungo raggio a Kiev. Il pericolo di un’escalation senza precedenti richiede a tutti gli Stati responsabili la capacità di “vedere gli alberi oltre la foresta”. Spero che l’Italia continui a trovare la forza di far ragionare gli spavaldi capi della Ue e della Nato».
L’articolo 2 del Trattato di amicizia e cooperazione tra Russia e Italia stabilisce che le Parti escludono la guerra e l’uso della forza per risolvere le controversie internazionali. Perché la Russia ha disatteso questo e altri patti?
«Nessuno ha il diritto di rimproverare alla Russia gli sforzi che i suoi leader hanno compiuto nel corso degli anni per risolvere pacificamente il conflitto in Ucraina. Gli accordi di Minsk, frutto di quegli sforzi, sono deragliati per colpa di Zelensky e degli Usa, della Francia e della Germania che lo spalleggiano. Davanti alla crescente aggressività di Kiev nei confronti della popolazione dell’Ucraina sud-orientale, la Russia ha dovuto esercitare il suo diritto di riconoscere ufficialmente le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk».
Attaccando e bombardando un Paese sovrano?
«Le azioni della Russia rientrano nella logica dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite che più di ogni altro regola il diritto all’autodifesa. Altrettanto non si può dire per le guerre statunitensi in Corea e Vietnam, la guerra Nato contro la Jugoslavia, l’invasione americana dell’Afghanistan, l’Iraq, l’operazione Nato in Libia, la crisi in Siria, e naturalmente per l’attuale crisi del Medio Oriente».
È ancora immaginabile un futuro europeo della Russia?
«Neppure negli anni della Guerra Fredda i Paesi europei erano tanto assoggettati agli Usa come lo sono adesso. Per questo, la Russia si sta muovendo verso Est e verso Sud, nella direzione verso la quale il fulcro dello sviluppo globale si sta spostando. Per Mosca sarà particolarmente importante prendere parte alla configurazione di questo ampio spazio eurasiatico. Da Lisbona a Vladivostok, come si diceva una volta. Ma ben oltre, fino a Giacarta, abbracciando lo spazio del Grande partenariato eurasiatico, aperto anche all’Europa occidentale».
Il mandato d’arresto per i giornalisti della Rai conferma il fatto che la Russia ha una idea molto particolare della libertà di stampa?
«Le denunce delle nostre autorità contro i dipendenti Rai e di alcune altre testate, tra cui, ahimè, anche la vostra, non riguardano però la loro attività giornalistica, ma il fatto che, attraversando illegalmente il confine di Stato, hanno violato la nostra legislazione. A differenza dell’Italia, in Russia questo è un illecito penale».
Perché Putin sostiene di cercare la pace ma rifiuta di partecipare a una conferenza di pace?
«Finora i Paesi occidentali hanno simulato un processo di pace sulla crisi ucraina, tentando di riunire il maggior numero di Paesi per dare alla Russia un ultimatum. E poi occorre essere in due per fare la pace. Durante la sua ultima visita negli Usa, Zelensky ha presentato un “piano di vittoria”, non di pace».
Non le sembra legittimo, da parte di chi è stato invaso da una potenza straniera?
«Zelensky sta strenuamente trascinando la Nato e l’Ue in un conflitto aperto con la Russia. La proposta avanzata dal presidente Putin nel suo intervento al ministero degli Esteri russo il 14 giugno prevedeva invece la totale conclusione del conflitto, considerata la situazione reale sul campo in quel momento, e non una semplice tregua».
Ma le condizioni contenute in quel discorso sono una sorta di resa totale, inaccettabile per l’Ucraina…
«Era una base di partenza. È un peccato che questo gesto di pace, come tutti i numerosi precedenti, sia stato semplicemente ignorato».
Una volta che si raggiungesse un accordo, perché l’Occidente dovrebbe fidarsi del fatto che Mosca non attacchi di nuovo?
«Non è colpa nostra se il modello di sicurezza euro-atlantico, nell’ambito del quale la Russia collaborava con la Nato e l’Ue, ha perso ogni significato. Questa è la risposta alla sua domanda».
Le elezioni Usa saranno uno spartiacque anche per questa guerra?
«Sarebbe un bene per tutti se gli Stati Uniti riuscissero a diventare una normale grande potenza. Non lo sceriffo del mondo che vuole imporre il proprio ordine, ma un Paese capace di recepire le realtà del moderno mondo multipolare. Come diceva Lev Tolstoj, “tutti vogliono cambiare il mondo, ma nessuno vuole cambiare sé stesso”. Per questo non mi faccio troppe illusioni».