Corriere della Sera, 14 ottobre 2024
I caschi blu Onu in Libano, 46 anni da guardie di pace
I caschi blu dell’Onu sono in Libano ininterrottamente dal 1978. Non si sono ritirati neppure quando Israele ha invaso il Libano nel 1982 e neppure quando l’ha rifatto nel 2006. Sono rimasti a guardare i bidoni blu che fanno da confine tra i due Paesi, ad assistere i civili durante le occupazioni, per poi ricominciare a fare da arbitri tra i due contendenti.
«Fischiamo i falli alle due squadre» disse il generale Ugo Cillo, comandante dei Lagunari, che sbarcò qui nel 2006 al termine dell’ultimo ritiro di Tel Aviv, ma Unifil non ha mai potuto espellere nessuno. Al massimo si possono definire «peacekeeper», più onestamente, osservatori, ma come ha detto il nuovo capo di stato maggiore italiano Luciano Portolano nella sua recente visita al contingente, Unifil è «neutrale, non neutra». Non parteggia per nessuno, ma non è inutile, tanto è vero che Israele vuole che se ne vada.
Un rapporto firmato Unifil sul tavolo del Tribunale penale internazionale, una sua analisi sul tipo di arma usata, sul livello di fuoco rispetto al target e all’obiettivo, fa la differenza tra l’assoluzione o la condanna (morale) sul comportamento dell’esercito israeliano o delle milizie sciite di Hezbollah. La presenza dei caschi blu, delle loro basi, ricorda che quello che Israele sta invadendo per «proteggere le sue comunità dagli attacchi terroristici di Hezbollah» resta territorio sovrano libanese e che non ci dovranno essere annessioni. Per questo lavoro, che qualcuno considera oggi inutile, hanno pagato con la vita negli anni 337 soldati, facendo di Unifil la missione Onu più letale della storia.
Unifil deve controllare che nessuna delle due parti attacchi l’altra. Non è mai riuscita a impedirlo, ma almeno ha sempre segnalato le violazioni. Quando ha potuto si è messa fisicamente sulla linea del fuoco, per esempio proteggendo dei civili libanesi dai colpi israeliani con i suoi veicoli blindati o accogliendoli nei bunker, ma sempre senza poter rispondere. Dall’altra parte, nei suoi pattugliamenti, ha individuato centinaia di postazioni di lancio e depositi di armi che ha segnalato all’esercito ufficiale libanese perché li disattivasse.
Unifil oggi è composta da oltre 10 mila soldati, con elicotteri da ricognizione e soccorso (non di attacco) e una componente navale destinata soprattutto a garantirne l’evacuazione. Più quasi 800 esperti civili. Nei suoi 46 anni di vita, Unifil è stata anche molto più consistente o molto più esigua. Attualmente dispone di una cinquantina di punti di osservazione e basi dispiegati lungo la «linea blu» di confine lunga 120 chilometri. Costa oltre 500 milioni di euro l’anno ed è stata prorogata all’unanimità dal Consiglio di sicurezza dell’Onu fino all’agosto del 2025.