Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  ottobre 14 Lunedì calendario

Da Teheran arriva un «reggente» per il Partito di Dio

Hezbollah è allo sbando? Tra le vie deserte di Dahieh, l’ex roccaforte del movimento, assieme al ronzio dei droni israeliani si sente anche la paura per le parole del nemico israeliano Bibi Netanyahu. «Abbiamo ucciso il loro capo, il suo vice e il vice del vice. Uccideremo anche il prossimo che nomineranno». Dal 27 settembre a reggere il «Partito di Dio» c’è solo Naim Qassem, eterno vice segretario dell’era Nasrallah, ma troppo vecchio o troppo tenero per prenderne il posto. Quando è comparso in video per rispondere al premier israeliano («non abbiamo posti vacanti») nessuno gli ha creduto. Sarà stata la luce da cantina che lo illuminava o forse le sue maniere da teologo più che da capopopolo, fatto sta che Hezbollah combatte, resiste a Sud, ma continua a non avere una testa, un capo, un volto in cui identificarsi. E così incassa colpi mortali anche tra chi si è rifugiato nelle aree cristiane del Libano, ma ha smesso di annunciare il trasferimento nel paradiso dei martiri dello shahid di turno. Per il momento, la tecnologia batte l’ideologia. Basta che uno accenda un joystick per la guida dei droni, un cellulare collegato a un numero sospetto e l’intelligence elettronica israeliana lo individua come target e lo colpisce. Ovunque sia e con tutti quelli che hanno la sfortuna di stargli attorno. Spesso si tratta di «donne pipistrello» coperte dalla testa ai piedi con l’hijab nero in stile iraniano. Dahieh è stato per anni come un quartiere di Teheran. Stessa moda, stesse preghiere, stessi manifesti politici, stesse cassette verdi per le elemosine a favore dei martiri, stessa fonte di finanziamento: il petrolio iraniano. 
Hezbollah non riesce a fare il funerale per il suo leader Nasrallah, non sa neppure nominare un successore, ma resta parte integrante del sistema di difesa della Repubblica islamica. Non importa se Dahieh è vuota, se le immagini della Guida Suprema iraniana Ali Khamenei sbiadiscono sui cartelloni della città fantasma, l’ala militare di Hezbollah è un esercito dentro un altro esercito, quello iraniano. L’hanno dimostrato nei tempi vittoriosi contro lo Stato Islamico in Siria e lo dimostrano ora. Non riescono o non è prudente nominare un successore di Nasrallah? Arriva direttamente da Teheran un comandante. 
Lo scoop è del giornale kuwaitiano Al-Jarida, spesso bene informato. Il leader supremo della Repubblica Islamica ha deciso di inviare a Beirut un «reggente» per Hezbollah. Dovrebbe essere il generale dei pasdaran Mohammad Reza Fallahzadeh (detto anche Abu Baqir), già attivo in Siria e super decorato. 
Sopravvissuto due volte agli assassinii mirati israeliani, Abu Baqir coordinerà la resistenza all’invasione israeliana e l’arrivo delle armi dall’Iran. La gestione politica e i rapporti con le autorità libanesi rimarranno in capo ai deputati locali di Hezbollah. Il generale pasdaran sarebbe pronto a ritirarsi nel momento in cui l’organizzazione libanese fosse in grado di esprimere un comandante dalle proprie fila. Secondo le voci di Beirut, la nomina di Abu Baqir è stata fatta ben digerire dalle numerose valige piene di dollari arrivate settimana scorsa da Teheran assieme al ministro degli Esteri e al presidente del Parlamento. Per quanto convinto, nessuno combatte se i figli hanno fame e le attività sociali di Hezbollah hanno subito uno stop per i bombardamenti israeliani. Le casseforti delle sue varie fondazioni caritatevoli sono rimaste sotto tonnellate di macerie. Inaccessibili o distrutte. Denaro fresco era indispensabile. 
Gli iraniani considerano Abu Baqir un aiuto fraterno al movimento libanese in un momento difficile. Per i rivali di Hezbollah è invece la dimostrazione che il «Partito di Dio» è un’emanazione di Teheran e lavora per gli interessi dell’Iran, non del Libano.