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 2024  ottobre 13 Domenica calendario

La linea rossa tra lo zar Putin e Trump

Nella campagna elettorale più tesa di sempre, per fare salire ancora di più i toni dello scontro e creare un caso diplomatico, mancavano solo le rivelazioni clamorose della firma per eccellenza del giornalismo americano.
Bob Woodward, leggendario reporter del Washington Post, che, insieme con Carl Bernstein furono i primi a indagare sullo scandalo Watergate, nel suo ultimo libro War, ossia guerra, ne ha per tutti. Con un occhio di riguardo per il candidato alla Casa Bianca repubblicano, Donald Trump.
Se l’attuale presidente, Joe Biden, «se la cava» con aneddoti sulla sua scurrilità, per le imprecazioni dedicate al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e le sue critiche alla politica estera di Barack Obama, il tycoon deve rispondere di accuse ben più serie.
Secondo Woodward, Trump non avrebbe mai smesso di dialogare con il presidente russo, Vladimir Putin, con cui ha sempre ammesso di essere in ottimi rapporti. Per la precisione, ci sarebbero stati almeno sette contatti da quando il repubblicano ha lasciato, non senza polemiche, la presidenza dopo le elezioni del 2020. Non si sa con certezza se questi siano avvenuti tutti prima dello scoppio della guerra in Ucraina o se Trump abbia sentito Putin anche dopo.
Woodward nel suo libro rivela che l’ex presidente avrebbe effettuato le telefonate dalla sua villa a Mar-a-Lago, in Florida e che in quelle occasioni mandava via anche i suoi assistenti più fidati, spiegando che si trattava di ‘”telefonate private”. Di certo, rischia di aver violato il Logan Act, una delle che vieta ai cittadini americani di comunicare senza autorizzazioni del governo federale con funzionari di Paesi stranieri che hanno contenziosi in atto negli Stati Uniti. E se si conta che, dal 24 febbraio 2022, Russia e Usa sono praticamente in guerra, seppur per interposto stato, la condotta dell’ex presidente rischia di destare più di qualche sospetto.
Ma non è finita qui. Il libro di Woodward rivela anche che, durante all’inizio della pandemia Covid-19, Trump avrebbe inviato test per rilevare la presenza del virus al capo del Cremlino, per suo uso personale. Putin apprezzò molto il gesto, così tanto che si raccomandò con l’allora presidente di non dirlo a nessuno. «La gente se la prenderebbe con te, non con me» avrebbe spiegato lo “zar” a Trump cheaccettò il suo consiglio. Proprio questo particolare rischia di risultare particolarmente indigesto all’elettorato americano. Una delle maggiori critiche mosse al tycoon è aver gestito in modo sbagliato la fase iniziale della pandemia. Il fatto che “The Donald” abbia voluto donare dei test, quando questi erano praticamente introvabili potrebbe non essere preso bene dagli elettori, soprattutto da quelli indecisi di cui il candidato repubblicano sta cercando di intercettare il voto.
Per il momento, è arrivata una secca smentita da parte di Mosca. Secondo la Piazza Rossa le telefonate non sono mai avvenute. La storia dei test, però è vera, anche se il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov ne dà una lettura diversa: non un regalo al presidente, ma un atto di reciprocità, con la Russia che aveva inviato apparecchiature mediche, incluse tute per la protezione del personale.