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 2024  ottobre 13 Domenica calendario

Biografia di Rita Rusic

È una donna di potere?
No, purtroppo.
Ne è sicura? 
Al massimo di potere limitato.
Lo è stata.
Un tempo, sì.
Com’è? 
(Immediato) Bello. (E sorride, senza ridere).
Il però?
Che a un certo punto perdi di vista la visione globale della vita, ma il punto è uno ed è generale: per riuscire a raggiungere qualunque obiettivo alto, sei obbligato a rinunciare a qualcosa o addirittura a molto.
Sembra tragico.
Macché, per un ventennio ho viaggiato tantissimo, vivevo tra Roma e Hollywood, conoscevo tutto il cinema, quindi feste, poi il weekend stavamo appresso alla Fiorentina, e in una fase anche in mezzo alla politica.
(Primo aggettivo su Rita Rusic: bellissima. Prima sensazione davanti a Rita Rusic: oltre alla gambe c’è di più – Sabrina Salerno e Jo Squillo docet. Lei cammina, si muove per casa, parla, si siede, apre la finestra con i movimenti di chi dichiara “sono tornata, occhio”. Ed è tornata: dopo anni a Miami, ha ricominciato con il figlio la sua attività da produttrice cinematografica).
Il contesto nel quale si trovava meno bene? 
A me piaceva l’insieme, e poi fuggivo dalla noia, unico sentimento che mi spaventa; (ci pensa) con Vittorio (Cecchi Gori, ndr) ho seguito due campagne politiche e lì mi sono resa conto di quanto sia necessario mentire per ottenere i voti.
Una certezza.
La verità non funziona, sei obbligato a promettere, offrire sogni, urlare proclami come “realizzeremo un aeroporto più grande di Pisa!”; (pausa) è stato istruttivo, esclusa la rottura di scatole delle cene in serie durante le quali ascoltavo le stesse storie, a ripetizione.
È sempre stata a suo agio in tutte le situazioni? 
Quasi sempre.
Coraggiosa o incosciente? 
Ho studiato, soprattutto per sedermi ai tavoli della politica: leggevo, mi informavo in ogni modo e solo per evitare le banalità; le banalità sono peggio delle stupidaggini: perdi credibilità.
Torniamo al potere: per una lunga stagione ha gestito gran parte dei destini del cinema italiano. Esiste la riconoscenza? 
Dipende dalla sicurezza dei soggetti, accade solo se uno sa chi è e quanto vale.
Rocco Papaleo le è grato, il vostro primo incontro è diventato una sorta di sketch.
(Ride) Lo invitai a una festa nella nostra villa, solo che sbagliò entrata, ma per non rifare il giro decise di scavalcare e una volta dentro cadde. Prima di stringerci la mano si chiuse in bagno per riassettarsi.
Poi è entrato nel cast del primo film con Pieraccioni: I Laureati con incassi inaspettati.
I Laureati sì, mentre su Il Ciclone qualcosa avevamo intuito, anche se non di quella portata.
Merito suo o di Vittorio Cecchi Gori? 
I film di Leonardo li ho seguiti dall’inizio alla fine, però a Vittorio va riconosciuta la previsione: quando in anteprima ha assistito alla proiezione de Il Ciclone, ha inquadrato le potenzialità: “Questo incasserà tanto”.
Pieraccioni vi riconosce il merito del suo benessere economico.
(Ride) A un suo compleanno chiesi a Vittorio di staccare un assegno da 1 miliardo. Quando Leonardo aprì la busta, rimase bloccato, non riusciva a inquadrare bene il numero di “zeri”. Poi si fece attaccare l’assegno con lo scotch, ci dormì sopra, e la mattina dopo corse a incassarlo.
Affascinata dal mondo del cinema? 
Mi chiamo Rita perché papà era fissato con la Hayworth, anche se la sua vera passione era Ava Gardner, ma temeva l’associazione con Calimero (nella storica pubblicità di un detersivo, ndr).
Da produttore stava sul set? 
Pochissimo, chi lo fa è solo per sentirsi figo, per salutare gli attori, per sentirsi omaggiato.
Suo suocero ci andava sempre.
Va bene, bellissimo, perfetto, ma preferisco vedere i giornalieri (le riprese della giornata, ndr) e dare le indicazioni.
Il set è noioso.
Noiosissimo.
Da attrice com’era? 
Credo di non aver dato nulla.
Esagerata.
È iniziata e finita in un attimo e non perché non fossi capace, ma perché Vittorio non amava una moglie attrice.
Geloso.
Anche, e poi era piuttosto possessivo, temeva il nuovo, i cambiamenti.
Intimorisce gli uomini?
Credo di sì. Mio padre ripeteva: “I maschi avranno paura dei tuoi occhi”; secondo papà, per non perdere fascino, era fondamentale non comportarsi mai da innamorata.
Le donne? 
Spesso mi chiedono consigli.
È pacata.
Perché sono invecchiata.
Delle origini povere e da profuga, cosa le è rimasto addosso? 
Mi sento sempre la bambina fuggita dalla campagna.
Teme di tornare povera? 
È una sensazione costante che vive dentro la mia famiglia e che ho trasmesso pure ai miei figli; (seria) Vittoria non butta via nulla e se la riprendo replica con “non si sa mai, una volta abbiamo già perso tutto”; (pausa) sono 25 anni che provvedo a noi tre, so che la povertà dipende da me.
Ha partecipato a due reality: per soldi? 
Sono state due esperienze drammatiche.
Cavoli.
Mi sono divertita più nel Grande Fratello che a Pechino-ExpressPechino è stato terribile per la fatica, con tutto il gruppo di partecipanti che ripeteva “non credevamo fosse così”; io ho subito pensato “ma chi me lo ha fatto fare?”.
Non si è divertita.
Quello sì, sempre: ho viaggiato durante il Covid e mi sono ritrovata a chiedere aiuto per dormire e mangiare, a pietire passaggi in macchina; mentre il GF è stato meraviglioso.
Il GF meraviglioso? 
In quello show a nessuno frega un cazzo di nessuno, eppure sei chiuso senza poter comunicare con l’esterno e a tutti i concorrenti scatta un processo mentale nel quale non sei in grado di pensare a chi sta fuori dalla casa; come se il fuori non contasse nulla.
Spiata, sempre.
Anche nel bagno.
Nel bagno? 
Nel gabinetto c’è la telecamera e inquadra esattamente il sedere; (ride) per il bagno mi ero portata lo scafandro del barbiere, poi mi sono rotta.
Imbarazzante.
Questione di assicurazione, dicono: in Francia c’è stato un suicidio e devono monitorare; dopo un po’ te lo dimentichi, o non vai avanti.
Le piacciono i riflettori.
Rappresentano un’attenzione su di te; tutti quelli del mondo dello spettacolo sono egocentrici, poi il produttore è per metà imprenditore e per metà artista; (ci pensa) il successo è una droga potentissima.
Con chi ha condiviso questa “droga”? 
Sempre stata a mio agio con registi e scrittori, da loro ho spesso avuto la sensazione di poter imparare, di sentirmi stupita; il produttore non deve mai soverchiare l’artista, è giusto mettere dubbi, ma senza esagerare; (pausa) sì, amo essere stupita, amo imparare.
Ha una storia con un uomo di trent’anni più giovane.
(Cambia tono) Non è questione di anni, ma di personalità.
Questa risposta è un classico.
Mi diverte e poi mi appare bello.
È oggettivamente bello.
Lo vedo dentro casa e sembra il sole: è come guardare un bel quadro.
Un bronzo.
La bellezza è la più alta forma di arte perché non ha bisogno di spiegazioni. Lo diceva un signore… (Oscar Wilde, ndr).
Ha conosciuto Weinstein…
Come produttore e imprenditore lo stimo tantissimo, capiva al volo il potere di un’opera; mi infastidiva la sua arroganza, la sua fisicità.
Ci ha lavorato spesso.
Per La vita è bella è stato importante nella corsa all’Oscar.
Weinstein è in galera.
Di lui già qualcosa si diceva, soprattutto per i problemi con la sua assistente risolti dopo una lunga trattativa.
E sul #MeToo? 
Capisco la questione, anche io da ragazza ho subito violenza e so che non si è sempre in grado di denunciare immediatamente; ancora oggi se un uomo mi abbraccia e non mi molla, casco a terra, svengo. E perdo tutto il mio animo combattivo.
Averlo raccontato è servito? 
È stato come metabolizzarlo.
Sua figlia cosa le ha detto? 
Non è andata a fondo.
Torniamo al cinema: come sceglieva i copioni? 
Per anni mi sono affidata al maestro Scarpelli (Furio Scarpelli, grandissimo sceneggiatore, ndr): li leggeva e poi mi offriva i suoi giudizi; (sorride) quando mi sedevo di fronte a lui, era un classico la frase: “Bello, ma dov’è il romanzo?”. “Succede questo, quello…”. “Sono accadimenti, manca il romanzo”. Per lui i migliori erano la Archibugi e Virzì. E mi sono fidata.
È vera la storia che Vittorio Cecchi Gori ha pensato alla sceneggiatura de I due carabinieri durante il vostro matrimonio? 
Un po’ sì: all’inizio erano molto simpatici, solo che Montesano era troppo matematico, contava le battute e le risate rispetto a Verdone.
Sempre Cecchi Gori: “Craxi aveva un debole per Rita…”.
Lo aveva per tutte, comunque era una potenza, un uomo che quando parlava metteva in soggezione l’interlocutore, compreso Berlusconi; una sera suggerii a Vittorio: “Stiamo zitti, evitiamo figure di merda”.
Legge l’oroscopo? 
Mi sono affidata a lui solo nei periodi disperati.
Cartomanti.
Mi suscitano paura. E rischi di far accadere quello che ti hanno predetto.
Più importante il potere o i soldi? 
Il potere, ma i soldi sono consolanti e il potere ha un prezzo troppo alto.
È portatrice di segreti inconfessabili? 
Qualcosa ho visto, comprese minacce di morte.
Spaventata? 
Più ferita. Non è piacevole.
Meglio stare alla larga.
Mamma mia; (sorride, cambia discorso) in questo Vittorio manteneva una freddezza rara.
In che senso? 
Una volta abbiamo rischiato di morire in aereo, precipitavamo, io urlavo, piangevo, pure il comandante nel panico, e lui come se niente fosse era soprattutto infastidito dalla mia normale isteria.
Oggi di cosa si occupa? 
Da un anno e mezzo sono impegnata con mio figlio in alcune produzioni.
Lei per i suoi figli è una montagna troppo alta da scalare?
Abbastanza.
Immediata.
Perché è come se avessi vissuto troppe volte, quindi so quello che voglio.
Lei chi è? 
Una donna che ha ancora molto da offrire e che non molla mai.
È fiera.
No, sono una contadina croata.