la Repubblica, 13 ottobre 2024
Centri migranti in Albania, i giudici possono bloccare tutto
Ora che la lunga attesa è finita, il governo vuole correre. E tira dritto sull’operazione Albania, sbandierata per mesi, che rischia però d’inabissarsi a poche miglia dal via. Il primo viaggio della nave di migranti attraverso lo Ionio e l’Adriatico potrebbe rivelarsi un flop. E il pericolo per l’esecutivo non è solo di ritrovarsi vuoti quei centri che costeranno quasi un miliardo in cinque anni, ma pure di assistere a una denuncia per danno erariale alla Corte dei Conti.Il cronoprogramma operativo dell’esperimento di detenzione extraterritoriale dei migranti, comunicato a tutti gli attori coinvolti nell’accordo Italia-Albania, funziona così: la nave della Marina militare da 300 posti potrebbe salpare oggi stesso e comunque stazionare a partire da domattina a una ventina di miglia dalle coste di Lampedusa. Sull’imbarcazione verranno fatti salire tutti i migranti soccorsi nelle prossime ore dalla Guardia costiera in acque internazionali ma in zona Sar italiana. La nave della Marina potrebbe in teoria galleggiare a tempo indeterminato perché è vero che i viaggi previsti ogni mese sono cinque o sei, ma bisognerà aspettare ogni volta che si riempia almeno in parte e questo dipende dalla frequenza dei viaggi e dalla capienza dei barchini che salpano in cerca di futuro, dalla loro provenienza, dalle condizioni del mare e dalle fragilità a bordo.Di fatto la nave funzionerà come un hub: lì sopra verrà effettuato un primo screening per escludere donne, minori, persone torturate, malati che saranno fatti scendere a Lampedusa e da qui immessi nel normale circuito di accoglienza in attesa che la loro richiesta di asilo venga vagliata dalle commissioni territoriali. Una sorta di sbarco selettivo che ricorda quanto accaduto con la Humanity 1 e la Geo Barents a Catania ma che, al contrario di quella procedura dichiarata «illegittima», individua stavolta una destinazione alternativa per gli altri: l’Albania, appunto. Gli uomini adulti dei quali, già a bordo, verrà accertata dai mediatori culturali del Viminale la provenienza da uno dei 22 Paesi ritenuti sicuri dalla lista ritoccata proprio quest’anno dalla Farnesina saranno portati fuori dall’Italia. E qui torniamo ai tempi, e alla corsa: la prima partenza della mega nave è stata immaginata per mercoledì. Una volta arrivati al porto di Schengjin, nel nord dell’Albania vicino al confine con il Montenegro, i migranti residui verranno fatti scendere esottoposti nell’hotspot a un secondo screening di controllo più approfondito. Saranno poi trasferiti a Gjader, un ex sito dell’Aeronautica albanese a una ventina di chilometri verso l’interno, dove si trovano tre strutture consegnate solo il 9 ottobre al ministero dell’Interno italiano per il collaudo: un centro per il trattenimento dei richiedenti asilo da 880 posti (di cui a oggi sono pronti solo 400, meno della metà), un Cpr da 144 posti e un piccolo penitenziario da 20 posti.È qui, in questa mega struttura, che i migranti soggetti alle procedure accelerate di frontiera verrebbero trattenuti con un provvedimento di fermo firmato dal questore di Roma che va convalidato entro 48 ore dai giudici della sezione immigrazione di Roma in attesa che, nel giro di quattro settimane, si decida sulla probabile bocciatura delle loro richieste d’asilo. Ed è sempre qui che il piano Albania si scontra con la sentenza emessa il 4 ottobre dalla Corte di giustizia europea che mina le fondamenta dell’intero accordo rendendolo, nella sostanza, inapplicabile. Quel che i giudici di Lussemburgo dicono è che un Paese, per essere definito sicuro, non deve ricorrere «alla persecuzione, alla tortura o ad altri trattamenti inumani» inogni sua zona e per qualsiasi persona. Un criterio ben diverso da quello della Farnesina che ora costringe l’Italia a rivedere del tutto la sua lista tagliando fuori, ad esempio, la Tunisia, l’Egitto o il Bangladesh dai quali arriva la maggior parte dei richiedenti asilo. In pratica giusto i capoverdiani resterebbero reclusi in Albania, prima del loro rapido rimpatrio. Se i giudici, allertati a decidere già nel prossimo fine settimana, si conformeranno alla sentenza europea – come appare inevitabile, e come è già accaduto a Palermo dove sono state appena respinte alcune richieste di convalida per il trattenimento di cittadini tunisini – praticamente nessuno dei migranti potrà essere rinchiuso in Albania. E dovrà essere riportato in Italia.È il nodo che rischia di far saltare tutto, sottraendo fondamento giuridico all’intera operazione. Non è l’unico. Altri ricorsi potrebbero piovere sulla valutazione della vulnerabilità dei migranti che a bordo della nave hub dovrà necessariamente essere veloce. E, ancora, c’è la spinosa questione della tutela legale con avvocati solo a distanza e collegamenti solo in videoconferenza per le udienze di convalida.