Corriere della Sera, 13 ottobre 2024
L’eterno derby Italia-Francia
La rivalità Italia-Francia che così ci appassiona viene vissuta in modo abbastanza unilaterale, con gli italiani che spesso finiscono a litigare da soli, perché per i francesi che al contrario di noi hanno un senso molto preciso e molto alto di sé stessi come popolo, l’Italia semplicemente non è allo stesso livello geopolitico. Non è che ce l’abbiano soltanto con l’Italia: il senso di superiorità è generalizzato e, tutt’al più, se la geopolitica fosse il pugilato, si vedono nella categoria di peso di Washington (non amano neppure les Américains: non siamo soli, nel campo larghissimo del loro disprezzo).
La polemica – un po’ a senso unico pure quella – sul trasloco del serial «Emily in Paris» da Parigi a Roma è soltanto l’ultimo episodio di questa secolare – se non proprio millenaria: lasciamo stare Dante e la «mala pianta» del trono francese, idem per Cesare, i Galli, Asterix & Obelix – relazione complicata.
Il rango elevatissimo in cui i francesi collocano sé stessi – più a torto che a ragione, ma mediaticamente l’effettiva fragilità fattuale della grandeur è irrilevante – fa sì che, da sempre, si esprimano anche troppo francamente quando parlano dell’Italia, o con l’Italia. La testata di Zinédine Zidane nel plesso solare di Marco Materazzi ai mondiali di calcio di Germania 2006 rappresenta plasticamente la loro mancanza di diplomazia.
Sono episodi grandi e piccoli, nei quali è prevedibile che presto scomparirà quello di mercoledì scorso, l’intervista nella quale Emmanuel Macron ha commentato la notizia del trasloco a Roma, per la sua quinta stagione, del serial di Netflix «Emily in Paris»: «Lotteremo duramente. E chiederemo loro di rimanere a Parigi! Emily in Paris a Roma non ha senso» (è indiscutibile la bravura francese nel tramutare la cultura in volano sia per la crescita dell’economia sia per l’affermazione della propria identità nazionale: anche qui l’Italia è oggettivamente indietro). Leggendo l’intervista per intero, la questione con Roma sul serial dell’americana a Parigi appare più che una polemica diplomatica un inciso scherzoso: il succo è che «penso che sia una serie positiva per l’immagine della Francia, molto positiva in termini di attrattiva per il paese… un’ottima iniziativa», senza contare che la moglie di Macron, Brigitte, ha preso parte a un episodio di «Emily in Paris» con un buffo cammeo nel quale dice a Lily Collins «ti seguo su Instagram» (e Macron ha aggiunto un bonus pop: quando Variety gli ha chiesto quali fossero i suoi film preferiti Macron ha citato quelli francesi anni ’60, ma non la nouvelle vague. Una tripletta di pellicole popolari con Lino Ventura suo idolo: In famiglia si spara, Tutte le ore feriscono... l’ultima uccide, e 100.000 dollari al sole nel quale c’è pure Belmondo).
E pensare che le similitudini tra i due popoli, senza voler per forza dar ragione a Winston Churchill («I francesi sono italiani tristi»), sono evidenti. Italiane furono due regine di Francia, Caterina e Maria de’ Medici. Italiano Mazarin (cioè Giulio Mazzarino) che con la lingua francese aveva gravi problemi: «Parlava molto bene l’italiano. Farfugliava il francese in un delizioso baragouinage, di timbro siculo-romanesco, da parere di un letterato europeo a un convegno di Losanna. Il decreto di unione, l’arrêt d’union della prima Fronda, si trasformava, in bocca a Giulio, in un arresto di cipolle: in un arrêt d’oignons» (Carlo Emilio Gadda, I Luigi di Francia). Anche Napoleone (non ci amava ma non è vera la leggenda secondo la quale fu lui a trafugare la Gioconda) parlava francese, che aveva imparato tardi, con pesante accento italiano («Sono italiano o toscano, piuttosto che còrso»). Italiana (Carla Bruni) la moglie dell’ex presidente Nicolas Sarkozy (quello della famosa, greve risata con Angela Merkel nel 2011 alla menzione del nome dell’allora premier italiano: Sarkozy che peraltro nel 2021 dopo venne condannato a tre anni per corruzione). Italiano il quadro più famoso del museo francese più identitario (dove la statua più importante è greca), la Gioconda. La volontà di potenza francese si estende anche alla scalinata di Trinità dei Monti, che secondo la Corte dei conti di Parigi (ha censito gli immobili francesi a Roma) sarebbe tra i beni di proprietà della Francia.