Corriere della Sera, 13 ottobre 2024
Parla Stefano Messina, comandante del contingente italiano dell’Unifil
La blue line, almeno dal punto strategico, sembra ormai un ricordo. Adesso il fronte libanese è spostato più avanti, verso nord. «Siamo entrati in una nuova fase di questo conflitto – conferma il generale di brigata Stefano Messina, comandante del contingente italiano dell’Unifil —. È un momento in cui anche noi siamo abbastanza impegnati. Quello che è successo pochi giorni fa, con l’attacco alle nostre basi, non si era mai verificato prima».
Generale, vi aspettavate un’azione del genere dall’esercito d’Israele?
«È una delle parti belligeranti sul campo. Quando ci siamo preparati per questa missione sapevamo che le minacce sarebbero potute arrivare da più parti. Per questo motivo non ci siamo stupiti più di tanto».
Avete mantenuto contatti con gli israeliani? Qualcuno vi ha chiesto scusa o dato spiegazioni?
«I contatti sono costanti, come sempre. Anche prima di quanto accaduto, così come dopo. Non abbiamo ricevuto alcun messaggio dopo l’accaduto, anche se in ogni caso – e se dovessero farlo – non ci aspettiamo che lo facciano con noi, ma sul canale delle Nazioni Unite».
Avevate ricevuto l’ordine di arretrare, come ha spiegato Tel Aviv?
«Dalle forze di difesa israeliane era stato chiesto al quartier generale di Unifil a Naqoura di far spostare il personale della missione da una serie di basi con un breve preavviso, ma la decisione unanime è stata invece quella di restare, mantenendo attive tutte le nostre funzioni per far rispettare la risoluzione 1701. Ma anche se fossimo davvero arretrati verso altre basi, questo avrebbe comportato una serie di problemi logistici in così poco tempo ed esposto il nostro personale a rischi di incolumità a causa degli scontri armati, che qui ci sono 24 ore su 24».
Come stanno i soldati della Brigata Sassari?
«Stanno, stiamo bene. Il morale è come sempre alto, abbiamo fatto scattare subito le misure di autodifesa, di protezione individuale. Abbiamo ripiegato subito nei bunker dove già eravamo stati altre volte nelle ultime settimane. Diciamo che nessuno di noi è mai stato in imminente pericolo di vita pur vivendo un momento decisamente non semplice: siamo di fronte all’operazione di terra israeliana con una decisa intensificazione della loro attività militare e frequenti attraversamenti della Linea Blu da parte delle loro truppe. Ora hanno oltrepassato alcune basi Onu, ragione per la quale dobbiamo adattarci alla situazione».
Ci sono stati avvicendamenti di personale?
«Sì, ma erano previsti. Sono rotazioni per garantire riposo a chi è stato in prima linea fino ad ora. Non c’entrano con l’attacco. Sono state ristabilite le condizioni di operatività delle basi, i militari sono in contatto con l’Italia tutti i giorni. Siamo equipaggiati per proseguire la missione Onu, alla quale ricordo partecipano 49 nazioni, ovvero il 25 per cento della comunità internazionale. E noi abbiamo un ruolo importante perché siamo i più numerosi e guidiamo anche contingenti di altre nazioni, come Malesia, Corea del Sud. Ghana, Irlanda e Polonia. Io tecnicamente qui sono un generale delle Nazioni Unite e devo salvaguardare la sicurezza di tutti».
Cosa pensa degli attacchi alle nostre basi? C’è la volontà di farci andare via?
«Non faccio dietrologia. C’è un’inchiesta in corso che dovrà accertarlo. Non penso che gli attacchi fossero collegati fra loro, non era un’unica manovra. Gli accertamenti dovranno chiarire cosa sia accaduto. Siamo in contatto quotidiano con il ministro della Difesa Guido Crosetto e con il generale Francesco Paolo Figliuolo, comandante del Comando operativo di vertice interforze (Covi), ai quali abbiamo subito comunicato i danni riportati alle infrastrutture. Sia nelle nostre basi sia a Naqoura dove sono rimasti feriti alcuni soldati Unifil».
L’indagine ha stabilito se l’attacco è stato diretto a voi?
«È ancora presto per dirlo o azzardare ipotesi. Gli accertamenti e le perizie sono in corso. Non possiamo rivelare da cosa le basi siano state colpite. Vero è che hanno riportato danni agli impianti di telecomunicazioni e alle infrastrutture logistiche. È stato colpito anche un bunker, ma il personale all’interno è rimasto illeso»