Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  ottobre 13 Domenica calendario

“I BATTERI SALVERANNO IL MONDO” – PARLA IL MICROBIOLOGO RINO RAPPUOLI, DIRETTORE DEL BIOTECNOPOLO DI SIENA: “ABBIAMO BATTERI CHE MIGLIORANO LA SALUTE, ALTRI CHE DIGERISCONO IL METANO, TRASFORMANDOLO IN FERTILIZZANTI O PLASTICHE. ALTRE SPECIE DECOMPONGONO PLASTICA E ALTRE SOSTANZE INQUINANTI” – “NOI MICROBIOLOGI CI OCCUPIAMO DEI 1.400 MICRORGANISMI CHE CI FANNO AMMALARE, SENZA GUARDARE AL RESTANTE TRILIONE DI SPECIE CHE 3,8 MILIARDI DI ANNI FA HA DATO ORIGINE ALLA VITA, CON POTENZIALITÀ ENORMI…" -

Estratto dell'articolo di Elena Dusi per “la Repubblica” Ogni problema dell’umanità ha una risposta. Guardare nell’oculare di un microscopio può essere il punto di partenza per trovarla. Si vedranno batteri, virus e funghi che da 3,8 miliardi di anni generano energia, trovano cibo, producono materiali utili alla vita, riciclano gli scarti. […]

Già oggi dai batteri ci arrivano molti farmaci, oltre a qualche fertilizzante e biocarburante. I microrganismi ci aiutano a ripulire le acque reflue e, almeno in parte, a digerire le chiazze di petrolio. L’anno prossimo in Francia aprirà il primo impianto di batteri mangiaplastica che smaltirà 50mila tonnellate di Pet all’anno.

[…]  «Tutti gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite, come salute, fame, cambiamento climatico, possono essere raggiunti più facilmente con l’aiuto dei batteri», sostiene Rino Rappuoli, direttore scientifico del Biotecnopolo di Siena, autore del libro I batteri salveranno il mondo? […]

Ha sempre lavorato per creare nuovi vaccini. Ha cambiato campo? «Mi hanno chiesto di dirigere l’Unione Internazionale delle Società di Microbiologia, un’associazione storica. Mi sono accorto che noi microbiologi ci occupiamo dei 1.400 microrganismi che ci fanno ammalare, senza guardare al restante trilione di specie che 3,8 miliardi di anni fa ha dato origine alla vita sulla Terra, ha generato l’ossigeno che respiriamo, si è gradualmente trasformato nelle cellule che compongono il nostro organismo e ha un peso complessivo pari a dieci volte gli animali che abitano la Terra.

Ho visto spalancarsi un mondo dalle potenzialità enormi. I microrganismi non sono importanti solo per la salute di un individuo. Possono essere decisivi per la salute del pianeta».

[…] «Abbiamo batteri che migliorano la salute. Vivono nell’ intestino e regolano il sistema immunitario. L’alimentazione di oggi e gli antibiotici riducono il numero di specie di questo microbioma, facendo aumentare allergie, malattie autoimmuni e – si è scoperto da poco – rendendo meno efficaci le terapie contro i tumori. Con i nutrimenti giusti, però, possiamo ripristinare la loro ricchezza.

Conosciamo batteri che digeriscono il metano, gas serra meno potente dell’anidride carbonica ma molto più duraturo, trasformandolo in fertilizzanti o plastiche. Altre specie decompongono sostanze inquinanti che non sapremmo altrimenti come smaltire.

Da tempo esistono aziende che partono dagli scarti organici dell’agricoltura e ottengono biocarburanti tramite la fermentazione da parte dei batteri. Il problema in questo caso non è la tecnologia, ma i costi. I processi industriali per produrre i fertilizzanti a base di azoto, poi, hanno bisogno di temperature e pressioni altissime, consumando molta energia. Alcuni batteri invece fissano l’azoto alle radici delle piante tutti i giorni, senza inquinare. Non vorrei mancare di rispetto ad altri scienziati, ma i microbi sono i migliori chimici del mondo». […]

Come lo immagina un mondo salvato dai batteri? «Fra 10 o 15 anni, con ricerca e investimenti, raggiungeremo i primi obiettivi. Immagino tante vasche di fermentazione in cui i microrganismi producono e trasformano le sostanze utili. Gli impianti non devono essere necessariamente grandi e concentrati nelle solite poche aree del mondo. Anzi, se saranno piccoli e diffusi, sarà anche la democrazia a beneficiarne».