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 2024  ottobre 12 Sabato calendario

Biografia di Frida Bollani Magoni

Frida al pianoforte con il padre Stefano Bollani durante una puntata della trasmissione «Via dei matti n°0» che Bollani ha condotto su Rai3, insieme alla sua nuova moglie Valentina Cenni, dal 15 marzo al 3 maggio 2021
Frida Bollani Magoni ha la grazia di Campanellino, la fatina di Peter Pan, e una determinazione di acciaio, che la porta a sfidarsi continuamente. Nonostante gli ostacoli creati dall’amaurosi congenita di Leber, la malattia genetica agli occhi che le ha regalato una vita di luci e ombre, rigorosamente in bianco e nero.
L’abbiamo scoperta su RaiTre appena sedicenne mentre cantava Allelujah di Leonard Cohen davanti al padre, Stefano Bollani, e a sua moglie, Valentina Cenni. Da allora si è diplomata al liceo musicale di Pisa, è andata a vivere da sola, si è esibita davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha pubblicato un album e ha appena scritto per Piemme il primo libro, La mia musica. Il 16 ottobre aprirà la Buchmesse di Francoforte con un concerto. Per il pubblico è soltanto «Frida».
Non è troppo giovane per un libro autobiografico?
«Quando Piemme mi ha proposto il progetto, mi è sembrato subito interessante. Paola Giannelli mi ha aiutata nella stesura. E si sono create delle nuove connessioni, perché lei ha un fratello a Londra che mi ha fatto conoscere altre persone in una città diventata importante per me».
Non vive più a Milano?
«No, faccio avanti e indietro tra Londra e la Toscana. A Milano ho vissuto per quasi un anno».
Partiamo dalle origini. A sua madre, Petra Magoni, si ruppero le acque a Genova.
«Sì, dopo uno spettacolo del Presepe vivente, il 16 settembre del 2004. Lei e mio padre si misero subito in macchina per farmi nascere in Toscana, hanno guidato fino all’ospedale della Versilia dove sono nata il giorno dopo, a mezzanotte e 50 di sabato 18. Per un pelo non nascevo venerdì 17. E di sera mio padre ha potuto fare un concerto».
Cos’ha preso da suo padre e cosa da sua madre?
«Io non voglio essere come i miei genitori o superarli, io voglio essere me stessa. Però da mio padre forse ho preso lo stile pianistico, tutto suo: solo una volta l’ho scambiato con Chick Corea, infatti è bellissimo quando suonano insieme. Da mia madre ho imparato tanti trucchi del mestiere, come stare sul palco, fare una bella scaletta o il sound check».
E nel carattere?
«Nell’aspetto credo di somigliare a mio papà. Mentre caratterialmente ho molto di mia mamma: di sicuro la testardaggine, la perseveranza di dire “questa cosa io la devo fare e ce la farò”. Sono tosta, ho voglia di mettermi alla prova. Però su certe cose sono più tranquilla, come papà, più concentrata sulla musica».
La leggenda narra che le sue prime parole sono state «Tutti zitti».
«Potrebbe farmi sembrare una bambina viziata. In realtà mio papà mi cantava una canzoncina con quelle parole».
Ha imparato prima l’alfabeto o le note musicali?
«È un po’ come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina. A due anni mia mamma mi metteva al pianoforte e mi spiegava le note della tastiera, quindi davvero non lo so».
A 3 anni scoprì di avere l’orecchio assoluto.
«Se ne accorse mia madre. Le avevo chiesto di cantarmi un Mi mentre stava guidando e non riuscì a trovare la nota, che invece cantai io. Lei la registrò e la fece sentire al suo contrabbassista, Ferruccio Spinetti, che confermò».
L’orecchio assoluto è stato anche una seccatura.
«A scuola tutti mi chiedevano di indovinare le note. Venivo un po’ bullizzata: quando qualcuno ha un talento particolare, gli altri lo devono mettere alla prova, un po’ di invidia c’è sempre, no? Ora lo faccio in automatico».
A scuola aveva un insegnante di sostegno: forse non ha facilitato le amicizie.
«Di sicuro non ha facilitato le prime interazioni con i ragazzi: non li incoraggiava ad avvicinarsi. Mi sono trovata a fare amicizia sempre con le persone un po’ emarginate, come la bambina che non parlava l’italiano perché veniva dalla Romania».
La musica che colore ha?
«Cambia a seconda delle sensazioni che trasmette».
 
Nel libro parla della sua passione da bambina per il colore rosa.
«Lo immagino un colore chiaro e solare, femminile».
Non ci vede un condizionamento culturale?
«Secondo me dobbiamo fare quello che vogliamo. Io personalmente mi sento molto femminile, molto rosa».
Chi l’aiuta nel quotidiano?
«A Milano vivevo da sola, sono diventata molto autonoma. Per me è fondamentale studiare bene lo spazio: devo avere una mappa mentale e memorizzare dove metto le cose. Sono una maniaca dell’ordine. In valigia i miei vestiti sono ben piegati, se ne tiro fuori uno ripiego gli altri».
E la tecnologia l’aiuta?
«C’è chi usa Alexa, io uso Google Home. A Milano potevo accendere e spegnere lo scaldabagno quando volevo. Però quelle sono cose che vengono dopo: prima c’è la conoscenza dei tuoi spazi e poi i trucchi per fare le cose, come cucinare, io amo fare le torte. Questo non mi impedisce di sbattere sulle porte».
Se un intervento rischioso le permettesse di acquistare la vista, lo farebbe?
«Su questo la mia opinione è cambiata nel tempo. Ho una malattia genetica e ci sono pochissime persone nel mondo con un gene identico al mio, quindi trovare una cura non sarà facile. Ma anche fatto l’intervento, servirebbe una lunga riabilitazione. Però chi lo sa. A Londra stanno facendo ricerca. Non vorrei fare la cavia, però se ci fosse una terapia le darei una possibilità».
 
Lady Gaga o Taylor Swift?
«Ora ascolto tanto Taylor Swift per il suo modo di scrivere, la conosco di più».
È più pop Britney Spears o Mozart?
«Aiuto! Britney Spears è sicuramente pop, però musica pop vuol dire popolare e Mozart era pop nel suo tempo».
Lei dove si inquadra?
«Io mi considero sweet pop, anche se mi ritrovo spesso a suonare nei jazz festival. Spazio più verso la musica leggera, con sonorità più giovani, più elettroniche».
Con chi vorrebbe duettare?
«Con Jacob Collier, perché è un musicista che scrive, compone, produce musica molto complessa e nonostante tutto parla ai giovani».
Vicino a quale artista si è emozionata di più?
«Ne ho conosciuti tanti. LP è una persona fantastica, oltre che un’artista con molta esperienza, che non vuol dire solo saper cantare o scrivere, ma è proprio la strada che hai fatto per arrivare dove sei. E poi mi sono emozionata quando ho suonato con Oren Lavie».
Il suo primo concerto era fissato il 7 marzo del 2020.
«Al Teatro Margherita di Marcialla. Ma il Covid...».
Un vantaggio di quella quarantena obbligatoria?
«La didattica a distanza: non dovevo più svegliarmi alle 5 per andare a scuola. Anzi, restavo a letto in pigiama, tanto ero esonerata dal tenere la telecamera accesa».
Per un pianista il pianoforte è fondamentale. Quale ha?
«Quelli che mi hanno regalato mio padre e mia madre. Ma l’anno scorso ho comprato un Bösendorfer Imperial di seconda mano: ha 92 tasti e una gran coda di quasi tre metri. È il pianoforte della vita».
Le danno mai della raccomandata?
«Magari lo pensano, ma a me hanno fatto commenti critici solo quando ho cantato al Quirinale: non fui precisissima. Sono molto autocritica, ma la perfezione non esiste».
C’è un luogo sacro dove le piacerebbe esibirsi?
«Forse alla Royal Albert Hall di Londra. Ci sono andata per Zucchero e mi è arrivata un’energia incredibile».
Come si immagina tra dieci anni?
«Mi immagino musicista, viaggiatrice, produttrice musicale, nomade e casalinga allo stesso tempo. E mamma».