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 2024  ottobre 12 Sabato calendario

Cosa c’è nell’autobiografia di Melania Trump


Nel 2017, quando Melania Trump fece causa – vincendo, e incassando circa 3 milioni di dollari incluse le spese legali – al tabloid inglese Daily Mail che senza prove aveva insinuato che oltre a lavorare come modella fornisse «altri servizi», i suoi avvocati spiegarono alla corte che l’allora first lady «ha avuto l’opportunità unica e irripetibile di lanciare un marchio commerciale di ampia portata in più categorie di prodotti». Valutavano il valore delle opportunità commerciali perdute dal brand Melania per quelle insinuazioni in 204,5 milioni di dollari. Trattavasi di un’affermazione azzardata e la Casa Bianca dovette precisare che no, Melania non intendeva monetizzare il suo ruolo di first lady.
E, in effetti, anche dopo l’uscita dalla Casa Bianca nel gennaio 2021 ha mantenuto un profilo bassissimo. Ora, però, a meno di un mese dal voto, ecco l’autobiografia di Melania Trump che arriva nelle librerie americane (Melania, Skyhorse Publishing, 256 pagine, 40 dollari). Ed ecco così il debutto ufficiale del «brand Melania». È fin dalla copertina un libro-biografia atipico: niente foto, un grande «Melania» tutto maiuscolo in bianco su sfondo nero, caratteri sans serif come quelli ai quali ci hanno abituato i redesign dei loghi di più d’una casa di moda negli ultimi anni. Ed è interessante che proprio la prima first lady modella della storia americana abbia scelto di non apparire sulla copertina.
Il libro, all’interno, ha un massiccio apparato di immagini, quasi un album di famiglia con i ricordi di una vita (compreso il timbro, sul passaporto, dell’aeroporto di Linate dal quale partì per New York alla conquista dell’America). Il testo? Le sorprese sono pochine: Melania fa coming out e ammette di essere favorevole all’interruzione di gravidanza (il partito del marito è contrarissimo, e Donald ha mandato alla Corte Suprema tre giudici che hanno cancellato la sentenza del 1973 che lo legalizzava in tutto il Paese) ma forse per bilanciare questa rivelazione dice di avere dubbi – anche se trattasi di una bufala ormai certificata – sulla correttezza della vittoria di Biden nel 2020 agitando nuovamente la teoria cospiratoria sui brogli. L’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, il tentato golpe per impedire la certificazione legale della vittoria di Biden e della sconfitta definitiva del marito? Se avesse saputo delle violenze, scrive, avrebbe detto qualcosa, ma non ne era a conoscenza (bastava, peraltro, guardare la tv).
Non ero a conoscenza degli eventi che si stavano svolgendo al Campi-doglio il 6 gennaio, se fossi stata informata avrei denunciato immediata-mente la violenza
Invece Melania era davanti alla tv (nel golf club del New Jersey: non segue il marito durante la campagna) il 13 luglio di quest’anno quando un cecchino sparò a Trump durante un comizio graffiandogli l’orecchio: «Ho telefonato subito a Donald. Quando non ha risposto, ho contattato la scorta. Fortunatamente, mi hanno detto che era già in ospedale e, dopo quella che mi è parsa un’eternità, mi hanno passato Donald. Sto bene, mi ha assicurato».
Resterà deluso chi andava alla ricerca di pagine sul processo penale nel quale Trump è stato condannato (34 i capi di imputazione) per aver falsificato documenti contabili. Niente su Stormy Daniels (la pornostar che sostiene di aver avuto una relazione con Trump quando Melania aveva da poco partorito), niente sulla modella di Playboy Karen McDougal che sostiene di essere stata l’amante di Trump, zero su E. Jean Carroll che ha accusato Trump di averla violentata, ha vinto la causa civile e ottenuto un maxi-risarcimento.
Niente su Joe Biden, niente su Hillary Clinton a parte l’aneddoto su Trump che, appena insediato, al pranzo inaugurale chiede una standing ovation per la candidata sconfitta, niente su Kamala Harris. Gli Obama? Un po’ irrituale riferirsi a loro come «Barack» e «Michelle» anche alla luce dei rapporti non amichevoli: e un elemento di gossip del libro è la rivelazione secondo la quale gli Obama non avrebbero concesso dopo la vittoria di Trump nel 2016, nelle ultime settimane prima di lasciare la Casa Bianca, sufficiente tempo agli arredatori di Melania per portare avanti le modifiche alle quali lei teneva.
Il discorso di Melania alla convention del 2016 che risultò plagiato quasi testualmente da quello di Michelle Obama otto anni prima? La colpa, spiega nel libro, è del suo staff e di quello del marito.