Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  ottobre 10 Giovedì calendario

Biografia di Lella Costa

Da quarant’anni racconta la società con monologhi di folgorante ironia. Ha riscritto l’Otello, ma ha anche condotto la prima edizione di Amici. Sostiene da sempre Emergency e ha prestato la voce alla soap Sentieri. Circoscrivere Lella Costa e il suo talento è difficile anche se lei si definisce «attrice di teatro. Il palcoscenico è il posto che preferisco, l’unico che mi consente di tenere insieme anime diverse».
Lella diminutivo di...?
«Ho sempre avuto una certa difficoltà con Gabriella: era il nome con cui mi chiamava mia madre quando si arrabbiava. Papà era di Torino, mamma di Costigliole d’Asti. L’anno in cui sono nata si diplomò al Conservatorio, oggi vive con noi alla tenera età di 98 anni».
Lei fece il Classico, poi Lettere.
«Non mi laureai ma, a differenza del ministro Giuli, non intendo farlo anche perché ormai ho superato una certa età».
Il suo primo lavoro?
«Vendevo e distribuivo libri prima per un’agenzia e poi per un editore».
Quando è scattata la vocazione per il teatro?
«All’università mi invaghii di un progetto condiviso: aprire un consultorio popolare di psicoterapia al Niguarda. Non ci riuscimmo ma facemmo una serie di corsi per gestire un primo incontro. Lezioni e colloqui simulati. Quando toccò a me, interpretai una ragazza con problemi di schizofrenia».
Come andò?
«Continuavano a dirmi: “Va’ avanti ancora un po’”. Mi resi conto di saper fare una cosa mai presa in considerazione prima. C’è chi viene folgorato sulla via di Damasco, io lo fui sulla via di Niguarda. Entrai all’Accademia dei Filodrammatici e frequentai Quelli di Grock, la scuola fondata da Maurizio Nichetti».
Che anni dopo la volle al cinema con Ladri di saponette. Come insegnante com’era?
«Adorabile, fu lui che mi spinse fisicamente sul palcoscenico per la prima volta».
Il debutto da monologhista e autrice risale agli Anni 80.
«Anni in cui cambiava tutto, bisognava ridere per forza: si formarono grandi attori che sono stati anche comici strepitosi».
Un nome su tutti?
«Paolino Rossi. Quando lo vidi sul palco, mi chiesi: ma da quale pianeta viene?».
Si è mai sentita discriminata?
«No, ma è vero che per molto tempo ha prevalso il maschile. Però in quegli anni ci fu un tale consumo di comicità che a un certo punto si rassegnarono e fecero provare anche noi».
E andò bene, nel 1988 fece parte della Tv delle ragazze condotta da Serena Dandini.
«Un’esperienza straordinaria: per la prima volta noi eravamo le regine e loro i valletti. Angela Finocchiaro, Francesca Reggiani, Sabina Guzzanti... Eravamo tante, brave e carine: tutto questo non era previsto».
Censure, condizionamenti?
«Così pochi che a un certo punto riuscii a interpretare un’integralista islamica: si chiamava la “Formigona”».
Lei è stata anche una doppiatrice della soap Sentieri.
«Per 25 anni prestai la voce a Reva Shayne, un personaggio che a un certo punto venne pure clonato. Così ne doppiai due e, visto che ci pagavano a righe, guadagnai un bel po’».
A Mediaset fu spesso ospite del Costanzo show. È lì che conobbe Maria De Filippi?
«Mi fu istintivamente simpatica, anche perché era lombarda come me. Il clima romano mi ha sempre un po’ intimidito».
Fu lei a proporle la conduzione di Amici?
«Era il novembre 1991, Costanzo mi chiamò: Maria ha l’idea di una trasmissione e vorrebbe che la conducessi tu. Da sventurata, risposi di sì. Sempre avuto la sindrome di Gertrude».
Lella Costa e Amici sembrano molto distanti tra loro.
«La prima edizione era un talk sull’amicizia. Mi incuriosiva fare una tv che altrimenti non avrei mai fatto».
«Con Maria benissimo. Era una debuttante, aveva un po’ di timori, ma c’era Alberto Silvestri, il deus ex machina del Costanzo Show, un uomo di rara sobrietà».
E col programma?
«Capì presto che non era il mio. Avevo continuamente qualcuno che mi suggeriva cosa dire e il clima, specie all’inizio, era un po’ da tv del dolore. Poi rimasi incinta della seconda delle mie tre figlie: fare teatro con una era già complicato, con due lo sarebbe stato ancora di più. Aggiungerci pure un programma che non mi somigliava era troppo».
Decise lei di andare via?
«Sì, ricordo ancora le telefonate di Maria: “Non hai idea di chi mi propongono per sostituirti”. Rifiutò così tante conduttrici che a un certo punto Costanzo le disse: “Allora te lo fai te”. E lei, donna di grande intelligenza, l’ha fatto benissimo».
Rimpianti?
«Il mio commercialista si strappa i capelli ancora oggi, ma non avrei mai fatto una tv che non guardavo».
Nel 1996 portò in scena Stanca di guerra, scritto anche con Alessandro Baricco.
«Uno spettacolo bellissimo, nato dall’incontro con Teresa Sarti e Gino Strada. Senza nulla togliere al grande coraggio di Gino, chi è riuscita a dare continuità ad Emergency è stata Teresa. Se arrivava una donazione da un paesino, prendeva il treno e andava a ringraziare. Dava ascolto e dignità a chiunque».
In tv tornò nel 2012, con Zelig.
«Mi convinse Claudio Bisio. Voleva qualcosa di nuovo accanto ai volti rodati. Proprio ieri un tassista mi ha chiesto: “Ma non la rivediamo a Zelig?”. Non è più il tempo della vita, anche anagrafico».
Che differenza c’è tra la comicità in tv e in teatro?
«I tempi: in teatro li decidi tu, in tv no».
Un modello in tv?
«Walter Chiari. Nell’87 mi premiarono al Festival di Loano, in giuria c’era lui. Anni dopo incrociai un suo storico collaboratore: “Quella sera Walter mi disse che aveva forse trovato una che gli somigliava”. Fu come laurearsi».
Tanto teatro, ma poco cinema. Perché?
«Per farlo devi farti vedere in giro, magari vivere a Roma. E poi credo di non avere una faccia molto adatta al cinema, e vale pure per la tv. Le signore che incontro al supermercato mi dicono: “Sa che lei è meglio dal vivo?”. Considerando che quando vado in studio sono messa giù da gara, direi che sullo schermo sono più brutta».
Lei vive da sempre a Milano.
«È la mia città, mi ha dato moltissimo, mi sembra giusto provare a restituire qualcosa. La condirezione artistica del Teatro Carcano, che da quattro anni condivido con Serena Sinigaglia e Mariangela Pitturru, per me è innanzitutto questo».
La città è in fase discendente?
«Milano è sempre stata tante cose: uno deve trovare quelle che gli somigliano di più ed evitare con accortezza le altre».
Per esempio?
«L’apericena, parola che abolirei subito dal vocabolario».