la Repubblica, 10 ottobre 2024
Intervista a Sandra Newman
È una tiepida giornata di sole in ottobre e gli orologi battono le tredici zero zero (anche questa volta). Corre l’anno 2024, ma leggendo Julia,l’ultimo romanzo di Sandra Newman, torniamo subito a1984,il capolavoro profetico sulla dittatura e sulla sorveglianza di massa. Newman, scrittrice americana classe 1965, autrice di utopie che hanno appassionato critica e pubblico, da I cieliaGli uomini,tutti pubblicati in Italia da Ponte alle Grazie, ha compiuto la sua impresa più audace: riscrivere George Orwell dalla parte di Julia, l’amante “illegale” di Winston Smith.
Un libro potente, del tutto diverso dall’originale eppure intimamente fedele: lo stesso orrore senza sconti, ma una nuova visione. E un nuovo epilogo.
Newman è in Italia perché è tra i finalisti del premio Lattes Grinzane: l’annuncio del vincitore è previsto sabato ad Alba. La incontriamo a Roma per parlare della sua riscrittura politica – politico era anche l’originale – e femminista. Ma attenzione. Se sulla lettura femminista dei suoi romanzi Newman ha una sua idea («avrei avuto una vita più facile se l’aggettivo non fosse stato collegato ai miei libri»), a un certo punto della conversazione dirà che se incontrasse Orwell ci andrebbe a letto: c’è qualcosa di più femminista?
Newman, chi è Julia? Orwell la descrive come «una ribelle dalla vita in giù».
«Orwell la descrive in modo sminuente per tutto il romanzo, ma la rende anche una donna da guardare con ammirazione. Quindi è strano. Lei è molto più che una ribelle dalla vita in giù: è in grado di sopravvivere in quel mondo come Winston non sa fare. Sa cavarsela con le relazioni amorose, sa muoversi nel mercato nero, è in grado di presentarsi come un perfetto membro del partito mentre lotta per non ridere in pubblico delle cose che il partito dice: in qualche modo, anche in1984,ci colpisce. Orwell però doveva concentrarsi sulla sua utopia politica finita male e non poteva farsi distrarre da questa donna sexy, così diversa da lui, alla quale sembra essere troppo interessato in certi momenti».
Lo scrittore aveva un problema con le donne?
«Si dice che una delle sue fidanzate abbia detto che non odiava le donne, solo pensava che non fossero importanti. Io credo che in qualche modo le odiasse anche, ma che sapesse che questo era un problema: attraverso Julia ha provato ad affrontarlo ma senza riuscirci. Bisogna comunque rispettarlo come persona e ricordarsi che quando scrisse1984 stava morendo: doveva fare i conti con questo».
Com’è nata l’idea di riscrivere Orwell?
«Me lo hanno chiesto gli eredi e fin dal primo momento ho pensato: “Devo farlo”. Sembrerà strano ma ho sentito che il mio romanzo era in qualche modo già dentro a1984 e che stesse solo aspettando di essere scritto: c’erano troppi buchi, troppi non detti. Cosa pensa davvero Julia? Cosa è questa Lega Antisesso che non ci mostra mai? Come avevano fatto queste persone a salire al potere? 1984 è un libro che amo da talmente tanto tempo che non riesco a ricordarmi com’ero prima di averlo letto».
Tra le cose che i lettori di Orwell si chiedono c’è: ma come fa Julia a trovare attraente Winston?
«Anche l’agente letterario che rappresentava gli eredi di Orwell me lo ha chiesto». Ride. «Julia faceva un lavoro noioso al Ministero della Verità e l’unico modo per superare la giornata era prendersi una cotta per i suoi colleghi. Winston era il più attraentetra quelli con cui non era ancora andata a letto».
Cosa significa oggi dare la voce a Julia?
«Mi sento molto scoraggiata rispetto al tempo nel quale viviamo. Ma penso che se c’è una cosa positiva è che adesso le Julie di tutto il mondo possono parlare».
Scrive utopie perché il mondo la scoraggia?
«Sì, dire di sì. Trovo difficile vivere in questo mondo».
Julia si addormenta quando Winston parla di politica: è apolitica?
«Credo che tutte le persone oppresse siano politiche, anche se non lo sanno. O lavorano a tempo pieno per non pensare alla politica o ne sono ossessionate. Julia per sopravvivere cerca di non vedere. Fino a quella notte in cui capisce e comincia a odiare».
Julia è sessualmente libera, fluida si direbbe oggi. Lei come la definirebbe?
«Una femminista naturale, che dà per scontato che gli uomini non sono delle cime e che puoi aggirarli, ma che possono diventare pericolosi».
Ne “Gli uomini”, immagina una società dalla quale all’improvviso il genere maschile sparisce. Lei si ritiene una scrittrice femminista?
«Sarebbe meglio non attribuire l’aggettivo ai libri. Ogni volta che scrivi un libro definito femminista altre donne, femministe e non, vogliono dirti che stai portando avanti il femminismo sbagliato: è frustrante, davvero. Ma questo è un problema della sinistra in generale: lotta contro se stessa».
In “Julia” il corpo è centrale. Ha scritto che oggi fissiamo per ore lo schermo dimenticandoci di averne uno: questo ha a che fare con quella che lei ha detto essere una sua grande paura, cioè l’ascesa di nuovi fascismi?
«Certo, ce lo diceva già Orwell. Oggi il nostro corpo ci fa paura e questo significa che abbiamo paura anche degli altri. L’isolamento, la separazione delle persone, è il presupposto del totalitarismo».
Chi è oggi il Grande Fratello?
«Siamo noi. Vogliamo sempre dare la colpa al dittatore e poi facciamo finta che ci abbia imposto le nostre peggiori fantasie».
Quando ha scritto “I cieli”, Donald Trump era stato appena eletto presidente degli Stati Uniti. Oggi ci riprova. Cosa ne pensa?
«Cosa penso della vittoria di Kamala Harris?».
Scrive utopie: se incontrasse Orwell cosa gli direbbe?
«Credo che andrei a letto con lui, per curiosità. Poi litigheremmo sul femminismo e probabilmente potrei vincere io».
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