la Repubblica, 10 ottobre 2024
La Germania è in recessione
BERLINO – Bisogna tornare agli anni della famosa copertina dell’ Economist sul “malato d’Europa” per ritrovare un momento altrettanto cupo. Era il 2003, al volante della maggiore economia tedesca c’era Gerhard Schroeder, e un biennio di recessione convinse il cancelliere socialdemocratico a intraprendere una delle più incisive riforme sociali di sempre: l’Agenda 2010. A distanza di due decenni, la Germania sembra di nuovo finita in un buco: è toccato ieri al ministro verde dell’Economia Robert Habeck dare la notizia del secondo anno di recessione per la maggiore economia europea. Quest’anno risulterà in calo dello 0,2% contro le aspettative di un +0,3% formulata in precedenza. Già nel 2023 il Pil tedesco aveva registrato una flessione dello 0,3%. E il quadro, ha sottolineato Habeck, «resta tutt’altro che rassicurante. Ma ce ne libereremo».
La differenza con il 2003, però, spaventa.
Allora il governo rosso- verde di Schroeder si era appena insediato ed ebbe tutto il tempo di decidere una serie di misure per uscire dalle secche della recessione. Il governo Scholz è nella fase finale di un burrascoso e poco fruttuoso quadriennio, in cui alcuni fattori esterni come l’invasione russa dell’Ucraina hanno aggravato un quadro complesso, rendendo ad esempio l’energia più costosa in modo duraturo.
Il ministro dell’Economia ha ricordati gli altri motivi: iperdipendenza dalle esportazioni, e in particolare dalla Cina, che è in una fase di riassestamento e non cresce più a ritmi galoppanti. Ma Habeck ha accennato anche «alla dura competizione» cui è esposta la Germania, ad esempio nella concorrenza con gli Usa che sono in una fase di involuzione protezionistica e hanno lanciato colossali piani di sussidi verdi. Habeck è stato tra i primi a criticare l’Inflation reduction act di Biden per la forte attrattività che ha esercitato su molte aziende tedesche, fuggite dall’altra parte dell’Atlantico.
D’altra parte il ministro ha messo in evidenza che «la debolezza innovativa di questo Paese non è risolta». La crescita potenziale della Germania langue a un misero 0,6%. Ed è dal 2018, ha aggiunto, che il Pil «non cresce più in modo robusto». È il caso di ricordare che l’innovazione richiede investimenti, ma Scholz non se ne concede a causa del freno al debito, soprattutto per non causare una crisi di governo con i liberali della Fdp. Habeck ha però detto che è il momento di implementare laWachstumsinitiative, 49 misure del cosiddetto “Piano per la crescita” Il governo, tuttavia, resta fiducioso che l’anno prossimo la situazione migliorerà e il Pil si attesterà all’1,1% e all’1,6% nel 2026. Secondo il leader dei verdi, i consumi riprenderanno, incoraggiati da alcuni rinnovi contrattuali, dall’inflazione e dai tassi in calo.