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 2024  ottobre 09 Mercoledì calendario

I film fatti per soldi di Pacino e altri

Quante volte – siamo onesti – nel buio della sala cinematografica ci siamo trovati davanti a un Al Pacino (ma anche uno come Robert De Niro e altri...) in un ruolo agghiacciante, sicuramente non all’altezza delle glorie passate, e ci siamo chiesti: «Ma come è ridotto?». Tutte pellicole che ci siamo dimenticati perché preferiamo ricordare l’attore italo-americano per capolavori come Serpico, Il Padrino, Scarface, o L’avvocato del diavolo, Profumo di donna, non cose come Manglehorn o e Danny Collins, per fare due nomi a caso.
Ma ora che abbiamo appreso cosa è successo nel 2000 al mito di Hollywood capiamo molte cose. Era finito sul lastrico, il commercialista lo aveva truffato, spendeva troppi soldi ed era “costretto” a girare film orrendi pur di sanare i debiti. «Che s’ha da fa’ pe’ campa’?», si dice da queste parti...
Pacino ha confessato infati New York Times quale, secondo lui, è stato il film più brutto: «Jack e Jill. È arrivato in un momento della mia vita in cui ne avevo bisogno, perché è stato dopo aver scoperto che non avevo più soldi. Il mio commercialista era in prigione e avevo bisogno di fare soldi rapidamente. Così ho accettato».
Era il 2011, quella in questione è una delle commedie demenziali più tremende della storia, il cui co-protagonista è Adam Sadler, uno dei divi più pagati di Hollywood. Adam e Al sono fratello e sorella; il “film” è entrato nella storia il più premiato ai Razzie Awards, ha vinto praticamente il “peggior tutto”.
Nella sua autobiografia appena uscita l’attore 84enne parla di tutto, a ruota libera. Ha raccontato anche della sua vita di eccessi e della pochissima attenzione per il denaro: cresciuto povero, scrive di avere perso un sacco di soldi perché truffato dal suo commercialista negli anni 2000, ma anche di essersi lasciato andare a spese folli: «Sono arrivato al punto di spendere 300 o 400 mila dollari al mese», basti pensare che «il mio paesaggista prendeva 400 mila dollari all’anno». Nel libro, dal titolo Sonny Boy, edito da Penguin Random House, l’attore parla anche degli anni che passano, della nascita del quarto figlio Roman l’anno scorso con la nuova, giovanissima compagna Noor Alfallah (30 anni, ex di Mick Jagger) e il progetto di un nuovo Re Lear per il grande schermo. L’attore, nato a East Harlem e cresciuto nel South Bronx rivela che durante il Covid era quasi morto. La parte legata ai soldi ovviamente è la più pruriginosa, perché si rifà al famoso detto latino pecunia non olet, il “denaro non puzza”, anche se certi lavori e certi film non sono proprio profumatissimi. Ma il fine giustifica i mezzi. Morgan Freeman, quando girava Attacco al potere (1 e 2) ammetteva di non amare il genere e spiegava: «Questi grandi film pagano benissimo». L’idolo dei film d’azione Jackie Chan raccontò che la saga Rush Hour la mal sopportava: «Non avevo motivo di fare quei film se non per i soldi. Datemi i soldi e va bene. Non mi piace Rush Hour. Ironia della sorte è andato benissimo negli Usa e in Europa».
E vengono in mente le memorabili parole di un altro mito del cinema, Michael Caine, che oggi si è ritirato dopo una carriera scintillante. Quando gli domandarono della sua partecipazione al super flop Lo squalo 4 – La vendetta, lui risponse, con perfetto humor inglese: «Uno dei film più brutti che ho fatto è stato quello, anche se avevo solo una piccola parte. Sono stato pagato un milione di dollari per circa due settimane di lavoro, e con quei soldi ho comprato la casa a mia madre». «Non ho visto quel film, ma tutte i racconti furono terribili. Ho visto la casa che ho costruito grazie a quel film: stupenda». Game. Set. Match.
Tra i nostri attori, di recente Luca Argentero ha confessato che lui se non ci fosse un mutuo da pagare non lavorerebbe: «Sono padre al 95%, nel senso che non mi importa di nient’altro, è l’unico tempo che mi interessa. Il lavoro è uno strumento, una necessità: c’è il mutuo da pagare. Se non avessi il problema del denaro mi prenderei un anno sabbatico».
Comunque, c’è chi sta peggio.