Libero, 9 ottobre 2024
Intervista a Franco Forte, direttore di Urania
Nella tempesta di conflitti sul campo e di guerre informatiche, con i tuoni di una minaccia nucleare sempre più cavernosi, tra le onde dei dilemmi morali che l’intelligenza artificiale pone a una struttura sociale in evoluzione accelerata, c’è da chiedersi che cosa la fantascienza ci possa offrire ora che i parallelismi tra l’armamentario romanzesco e il nostro mondo si fanno via via più concreti, le distopie meno futuribili perché attuali, il cosmo meno sterminato e meno evocativo perché già descritto.
In Italia, il custode del genere letterario che rifugge il magico e trova invece ragione nella scienza, nella storia, nello studio della società, è Franco Forte, da tredici anni direttore di Urania. Portatore sano di fantascienza («mi ha tramandato la passione mio padre», racconta), è scrittore lui stesso ma, per reazione, di romanzi storici. La collana editoriale di Mondadori è nata nel 1952, è la più longeva al mondo dedicata alla fantascienza e, pur vivendo nello sgretolato mondo delle edicole, «resiste molto bene», assicura Forte, «perché è diventata un’analisi sociale di ciò che avviene nel mondo».
L’INTUIZIONE ORIGINALE
L’intuizione di Urania venne ad Alberto Mondadori, che poco più di vent’anni prima aveva avuto quella grandiosa del Giallo Mondadori: «Era abituato a capire le esigenze del mercato e voleva trovare una collocazione a tutto quel materiale prodotto dal mondo anglosassone che stava arrivando in massa in Italia dopo la fine del fascismo», spiega Forte.
Urania, veicolo in Italia di autori fondamentali come Isaac Asimov, J.G. Ballard, Philip K. Dick, Arthur C. Clarke, Ursula Le Guin, arriva in edicola ogni mese tutt’ora, sempre con le copertine dal cerchio rosso che sono una manna per i collezionisti e le pagine a due colonne foriere di letture tutte d’un fiato. Ogni anno viene assegnato il “Premio Urania”, riconoscimento letterario al romanzo migliore (nel 2023 è andato ad Antonio Benvenuti per Quando lottano gli dèi).
«Negli anni Cinquanta e Sessanta la fantascienza raccontava distopie, cambiamenti climatici, sovraffollamento del pianeta, robot: erano visioni di un futuro lontano. Oggi i temi non sono cambiati, ma non sono più distanti, riguardano il presente, sono viaggi paralleli», analizza Forte. «Non per questo, però, il suo fascino è limitato. Pensiamo al piano di Elon Musk per colonizzare Marte: abbiamo libri e film che cercano di far capire scientificamente quali saranno i problemi cui andremo incontro. La fantascienza è diventata propedeutica a ciò che sta succedendo, non un volo di fantasia». Anche gli autori, giocoforza, si sono fatti più attenti, più specialistici, raccolgono fatti e sanno mescolare osservazione, logica e intuizione, sulla scorta del concetto di Asimov di “psicostoriografia”: una scienza matematica basata sull’analisi empirica della storia dell’uomo e delle sue società, che prevede le vie di sviluppo dell’umanità e quindi può impercettibilmente indirizzare gli avvenimenti che accadranno in futuro, grazie a elaborati algoritmi in mano a pochi sapienti.
Meno distante del pianeta rosso e perlustrata a partire dagli anni Duemila è la fantascienza cinese, cui Urania dedicò un’antologia già nel 2006, L’onda misteriosa. Il grande pubblico ne ha fatto esperienza solo quest’anno grazie a Netflix con Il problema dei tre corpi di Liu Cixin. Proprio adesso Urania è in edicola con Vagamondi di Hao Jingfang: ambientato nel XXII secolo, racconta della guerra fredda spaziale tra la Terra e le colonie di Marte. Perché una science fiction che nasce in una società così diversa dalla nostra è interessante?
«Proprio perché così distante e ad alto tasso tecnologico, la Cina sforna opere ricche di suggestioni. Si sta già scontrando con il problema della gestione dei rifiuti, per esempio, e anche gli scrittori lo affrontano: anticipano il nostro probabile futuro e nel frattempo offrono possibili rimedi». Come in Marea tossica di Chen Qiufan.
LE LEGGI DELLA ROBOTICA
Nel confronto ormai obbligato con l’intelligenza artificiale, siamo aggrappati alle Leggi della robotica di Asimov come naufraghi all’albero di maestra (ripasso: «Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno; un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge; un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge»). Queste norme risalgono agli anni Quaranta e sono frutto della “preveggenza logica” dell’autore. In mondo così veloce è ancora possibile che la fantascienza abbia capacità di previsione?
«Quelle leggi sono più attuali che mai, vengono studiate e ristudiate. Il mondo oggi è velocissimo e ancora più inquietante di quanto ci potessimo immaginare. I video della guerra in Ucraina mi hanno ricordato un racconto di Dick in cui i droni erano diventati così pervasivi da aver sterminato l’umanità. La fantascienza non è soltanto letteratura d’evasione, è un campanello d’allarme».