il Fatto Quotidiano, 9 ottobre 2024
Il piani Giorgetti
E alla fine anche Giancarlo Giorgetti, come già la Garbo in Anna Christie del 1930, ha parlato. Per la prima volta, a tre settimane dalla sua approvazione, ha spiegato in pubblico – segnatamente alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato – il suo largamente lacunoso Piano strutturale di bilancio (Psb), una cosetta che ingabbia i conti pubblici per i prossimi sette anni e di cui il governo non ha di fatto discusso con nessuno.
A scanso di equivoci, quello di Giorgetti non rientrerà tra i grandi discorsi parlamentari della storia: piano “ambizioso, ma realistico”, “affronta i principali problemi del Paese” con “interventi selettivi e prudenti”, “garantisce una stabile riduzione del debito” e altre amenità che abbiamo ascoltato dai ministri di ogni governo. Alla fine l’unica cosa che va ricordata è questa e gli sfugge quasi alla fine: “Faremo tagli significativi”.
La sostanza è che il nuovo Patto di Stabilità Ue ha un’impostazione assai simile a quello vecchio: tratta ogni spesa come una colpa e sottovaluta stabilmente l’effetto recessivo dell’austerità di bilancio, che finisce per peggiorare i conti pubblici deprimendo il Pil. Giorgetti pare aver adottato questa metrica come una religione: “È un problema morale, non voglio fare nuovo debito”, ha risposto infervorato a chi gli ricordava che il suo Psb promette avanzi primari “greci” per molti anni. Come raggiungere questo risultato? “Taglieremo le spese, questa è la nostra impostazione: taglieremo tutte le spese, tranne quella sanitaria, più di quanto aumenteremo le entrate. Faremo tagli significativi e costringeremo le amministrazioni a farli”.
Tradotto: la spesa sanitaria rimarrà al livello mortificante in cui è adesso, così il Servizio sanitario potrà continuare a sparire pezzo a pezzo (d’altra parte aumentare le assicurazioni sanitarie è uno degli obiettivi del Psb…); tutti gli altri comparti si armino di forbici, compresi Comuni, Province e Regioni che ieri avevano ricordato al Parlamento di aver già dato coi tagli, e parecchio, dal 2011 a oggi e che ogni nuova riduzione di risorse rischia di ripercuotersi sui servizi ai cittadini: d’altronde “riconfigurare il volume delle prestazioni e dei servizi che la collettività riceve dall’operatore pubblico” è il futuro descritto dalla Corte dei Conti nella sua audizione di lunedì.
Certo, questo se andrà a buon fine “la trattativa ancora in corso con l’Ue per l’allungamento da 4 a 7 anni del piano di rientro”: faccenda preoccupante, perché il piano lungo – con una stretta fiscale da 13 miliardi l’anno – rispedirà l’Italia all’usuale equilibrio di bassa crescita e lento declino sociale, quello a 4 anni sarebbe una vera mazzata. Sperare che ci dia una mano la crescita è legittimo, ma poco razionale. Come ha ammesso lo stesso Giorgetti la revisione Istat del Pil 2023 “comporta una correzione meccanica al ribasso” dello 0,2% della crescita reale di quest’anno e dunque “sarà difficile conseguire l’obiettivo del +1%”: “Ma le nostre stime sono prudenti: non faccio come certi ministri che gonfiavano il Pil per avere soldi da spendere”.
Da gonfiare, effettivamente, c’è poco e la manovra per l’anno prossimo – di piccolo cabotaggio come le ultime due – lo conferma: le cose grosse saranno rendere stabile il taglio del cuneo fiscale e l’accorpamento a tre delle aliquote Irpef, “interventi per la natalità” e “risorse per il rinnovo dei contratti pubblici” (ma scarse).
Il resto dell’happening è stata polemica di giornata: Giorgetti ha spiegato che l’espressione “sacrifici” l’ha rivolta alla sua platea di banchieri (“farà sacrifici chi può permettersi di farli”), ha promesso che controllerà se chi ha ristrutturato la casa coi bonus edilizi ha aggiornato le carte catastali (la sua ossessione per il Superbonus) e, quanto al “graduale allineamento delle accise di benzina e diesel”, ha ricordato che è una richiesta Ue: “Abbasseremo un po’ quelle della benzina e alzeremo quelle del diesel, ma evitando contraccolpi sull’autotrasporto”, che già minaccia scioperi.
Per maggiori dettagli – chiesti anche da Bankitalia, Upb, etc – bisogna aspettare ancora: “Questo è un documento imperfetto, è l’applicazione sperimentale di nuove regole”. Strano, gli fanno notare, che però preveda un aumento di spesa nel 2027, anno elettorale: “Una coincidenza non voluta, del tutto casuale”.