2 settembre 2024
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Biografia di Mario Draghi
Mario Draghi, nato a Roma il 3 settembre 1947 (77 anni). Economista. Politico. Banchiere. Laurea alla Sapienza con Federico Caffè. Dottorato al Mit di Boston con Robert Solow e Franco Modigliani. Già professore di economia politica a Firenze, Princeton, Harvard. Già direttore esecutivo alla Banca mondiale (1984-91). Già direttore generale del ministero del Tesoro (1991-2001). Già vicepresidente di Goldman Sachs per l’Europa (2002-05). Già governatore della Banca d’Italia (2005-11). Già presidente della Banca centrale europea (2011-19). Già presidente del Consiglio (2021-22) • L’italiano più autorevole che ci sia. Uno che può considerare alla propria portata tutte le poltrone del mondo. Si è sempre detto che, a coronamento della carriera, sogni per sé la presidenza della Repubblica, carica che finora gli è sfuggita. Si dice che persino alla Casa Bianca, quando abbiano bisogno di un consiglio, alzino il telefono per parlare con lui • «Quel sorriso quasi angelico, il modo di parlare elegante, l’aria da gentleman affabile ma inafferrabile, la distanza educata, con una moglie di gran classe che non parla neppure se non interrogata come fanno tutti gli altri; però un “tecnico”, che orrore, non insulta, non schernisce, non abbaia, non dice parolacce, non risponde alle domande inutili» [Natalia Aspesi, Rep 5/2/2021]. «La sua mimica facciale in pubblico ha poche varianti. È capace di sedere per un’ora senza muovere un muscolo della faccia, immobile come una statua» [Marco Cecchini, L’enigma Draghi Fazi 2020]. «Nessuno riesce a leggere dietro quella faccia da poker» [Carsten Brzeski, economista olandese] • Gira la leggenda che sia in realtà uno dei rettiliani, «soggetti nascosti sotto sembianze umane che nel remoto passato avrebbero ibridato il Dna extraterrestre di una evoluta stirpe aliena con il Dna terrestre di noi umani, al fine di dominare in modo occulto il nostro pianeta» [dal sito del Cicap, fondato da Piero Angela] • Soltanto una volta, nel 2015, lo si vide perdere pubblicamente il controllo. Durante una conferenza stampa alla Bce un’attivista del movimento anti-austerità Blockupy saltò sul tavolo e gli lanciò addosso una pioggia di coriandoli. Le foto ritraggono Draghi che si copre il viso incrociando le braccia, il volto segnato da una smorfia di stupore. Ma fu un attimo. Bloccata l’attivista, dopo una breve interruzione, riprese a leggere il suo discorso come se nulla fosse accaduto. Al giornalista francese che gli chiedeva come avesse fatto a mantenere il suo aplomb rispose con un commento liquidatorio: “Si dia lei la risposta”» (Cecchini).
Titoli di testa «I giornalisti vogliono notizie su di me? E che devono fare, il coccodrillo?».
Vita Nato al Pinciano, la zona più colta dei Parioli. Primo dei tre figli di Carlo Draghi, dirigente pubblico: Iri, Bnl, poi collaboratore del governatore Donato Menichella in via Nazionale. «È un romano gran borghese, borghese globale, in una città che non conosce questa classe. È un aristocratico in senso lato. Figlio dell’unica istituzione ancora nobilitante, in grado di creare classe dirigente: la Banca d’Italia» [Michele Masneri, Foglio 7/2/2021] • Giovinezza non dorata però, perché segnata dal dolore. «Mario perde a breve distanza l’uno dall’altra entrambi i genitori. Suo padre muore nel 1963. Sua madre nel 1966. Sarà una zia a prendersi cura di lui, di sua sorella Andreina e di suo fratello Marcello» [Daniele Manca, Cds 3/2/2021] • Studi dai gesuiti. «L’Istituto Massimo, terza via peculiare tra i licei classici del centro (Tasso, Virgilio, Visconti) e le scuole di pubbliche relazioni (cit., Marymount, St. Stephen’s, Chateaubriand) […] A scuola con lui Montezemolo, De Gennaro, anche il meno araldico Giancarlo Magalli. Rutelli. “E Cristiano Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli. E un sacco di nobili, i Torlonia, i Colonna”, dice Piero Sansonetti, anche lui ex alunno […] La scuola stava nell’ex palazzo Massimo alle Terme, di fronte a Termini, poi si spostò all’Eur, quartiere in pieno boom. […] C’è una disputa sul fatto se il giovane Draghi passasse o non passasse i compiti. Comunque, bravissimo, intelligentissimo, generosissimo. Sportivissimo, a basket […]. Nelle foto ha sempre le braccia incrociate […]. Il liceo leggendario è intestato al settecentesco principe Massimiliano Massimo, famiglia che si vuole più antica d’Europa, discendenti diretti di quel Quinto Fabio Massimo “il temporeggiatore”. Un giorno Napoleone incuriosito chiese se fosse vera quella storia. Gli fu risposto: “Non ci faccia caso, è solo una vecchia storia. A Roma la raccontano da duemila anni”. E capita che confrontare tutto questo storytelling araldico con le saghe gialloverdi e giallorosse stringe il cuore. Conte è nato a Volturara Appula, villaggio nel Nord-Ovest della Puglia, ha studiato al liceo Pietro Giannone a San Pietro in Lamis, provincia di Foggia […] “Se studiate, un giorno potrebbe capitare anche a voi di essere al mio posto”, ha detto Conte in visita agli studenti […], ma in quel “capitare” c’è tutto il destino italiano di un caso, di un avvenimento fortuito, la botta di culo, che è un po’ la cifra dell’italianità, e anche in questo Draghi è diverso. In Draghi c’è il senso della predestinazione, del merito, dall’ambizione […]» [Masneri, cit.]. Anni dopo, a Radio Vaticana, Draghi stesso spiegherà cosa ha voluto dire per lui essere cresciuto dai padri di Sant’Ignazio: «Far capire che tutti noi, al di là di quanto potessimo apprendere come scolari, nella vita avevamo un compito che poi il futuro, la fede, la ragione ci avrebbero rivelato» • Primo passo: laurea in economia, nel 1970, 110 e lode. «Roma, estate 1971. Fa un caldo opprimente a Palazzo Koch, sede della Banca d’Italia. Nel suo studio il governatore Guido Carli sta ricevendo Franco Modigliani, futuro “Nobel”, già allora economista italiano più influente del mondo, fuggito in America durante il fascismo, con cattedra al Massachusetts Institute of Technology. Fuori dalla porta un giovane laureato della Sapienza parlotta con lo staff del governatore. È Mario Draghi: vuole parlare con Modigliani, che non ha mai incontrato prima. Il personale della Banca prova a dissuaderlo, ma Draghi abborda il professore all’uscita dello studio di Carli; e senza giri di parole gli chiede di ammetterlo ai corsi di dottorato del Mit. Non solo le scadenze per l’iscrizione erano passate da un pezzo, ricorda Serena Modigliani, “ma Mario non aveva neanche i soldi della borsa di studio”. La prima risposta di Modigliani fu secca: “Non hai nessuna speranza”. O meglio: “Nessuna, a meno che non riusciamo a cambiare la stupida legge”, quella che impediva di utilizzare borse di studio italiane all’estero. Ci riuscirono. E già quell’insistenza di Draghi fu il primo segno della sua determinazione ad andare avanti malgrado le difficoltà familiari» [Federico Fubini, Cds] • Nel frattempo il giovane Mario ha conosciuto la sua futura moglie: Maria Serenella Cappello, studentessa di letteratura inglese. «Lei discende nientemeno che da Bianca Cappello, moglie di un granduca di Toscana. Rito religioso officiato da Alberto Parisi, gesuita, padre spirituale del liceo di lui. Ricevimento a villa Morosini-Cappello, detta “il palazzo”, un tempo della di lei famiglia. Viaggio di nozze niente, ma via a Boston per i fondamentali Phd… E lì Ivy league e master e board di banche nell’edera» [Masneri, cit.] • Draghi aveva promesso a Caffè che non avrebbe mai fatto altro che il professore. Ma già nel 1983, a 36 anni, diventa consigliere di Giovanni Goria, ministro del Tesoro di Craxi. Nel 1984, a 37, è a Washington come dirigente della Banca mondiale. Nel 1991, a 44 – su suggerimento di Carlo Azeglio Ciampi, allora numero uno alla Banca d’Italia – diventa direttore generale del ministero del Tesoro. E si mette subito al lavoro • Lavora nell’ombra, senza fare dichiarazioni. Gestisce la crisi della lira, settembre 1992. Guida la commissione che scrive la nuova legge sul diritto societario (Opa, scalata delle società quotate, etc.), che porta il nome di «legge Draghi». Diventa uno dei Ciampi boys, incaricati di girare le capitali europee per convincere gli alleati che l’Italia è affidabile e degna di essere ammessa nell’euro. Spinge per la ristrutturazione del debito italiano (capisce che con l’inflazione in picchiata sarebbe finita l’abitudine degli italiani di investire in Bot, spinge per passare al capitalismo popolare, fondi d’investimento, prodotti finanziari complessi, azioni, obbligazioni, bond, etc.), motivo per cui i suoi oppositori gli imputano parte dei danni subiti dai risparmiatori a causa dei crack Cirio e Parmalat. Licenzia i vecchi boiardi delle aziende di Stato e piazza sul mercato Iri, Telecom, Eni, Enel, Comit, Credit e decine di altre società pubbliche. Nel 1992, prima di dare inizio all’operazione, incontra sul panfilo Britannia della regina Elisabetta un gruppo di banchieri anglosassoni, motivo per cui i suoi oppositori lo accusano di aver svenduto il patrimonio italiano ai poteri forti. «Draghi si limitò a introdurre i lavori del seminario con una relazione sulle intenzioni del governo italiano e scese a terra prima che la nave salpasse per l’Argentario. La crociera fu breve e pittoresca, con una orchestrina della Royal Navy che suonava canzoni nostalgiche degli anni Trenta e un lancio di paracadutisti da aerei britannici che si staccarono in volo da un incrociatore e scesero come stelle filanti intorno al panfilo di Sua Maestà. Fu anche utile? È difficile fare i conti. Ma non c’è privatizzazione italiana degli anni seguenti in cui la finanza anglo-americana non abbia svolto un ruolo importante» [Sergio Romano, Cds 16/6/2009] • Sia come sia, Draghi sopravvive indenne a Tangentopoli, alla crisi della prima Repubblica, al cambio di epoca. Confermato da dieci governi: Andreotti VII, Amato I, Ciampi, Berlusconi I, Dini, Prodi I, D’Alema I, D’Alema II, Amato II, Berlusconi II. «Furono anni difficili, ma appassionanti», racconta lui • Nel 2001 si dimette dal Tesoro. «Voglio tornare all’insegnamento». Ma dopo pochi mesi a Harvard, lascia, e viene assunto come dirigente di Goldman Sachs, una delle banche d’affari più importanti del mondo. Nuovo ufficio: a Londra. Stipendio: 10 milioni di euro all’anno. Ma non rimane a lungo lontano da Roma. Nel 2005, viene scelto per subentrare ad Antonio Fazio al vertice di una Banca d’Italia schiantata dagli scandali delle scalate bancarie benedette dal governatore uscente e dei «furbetti del quartierino». Il suo stipendio scende a 350 mila euro l’anno. E il nuovo incarico ha anche una valenza affettiva: a Via Nazionale aveva lavorato il padre • Il primo giorno, percorre a piedi i cento metri che separano il Quirinale dalla Banca d’Italia. A Palazzo Koch, al commesso che voleva prendergli la borsa: «Grazie, faccio da solo». Entra nel suo nuovo ufficio e si guarda attorno: una scrivania progettata da Gaetano Koch e appartenuta a Luigi Einaudi, tappeti sul parquet, quadri antichi alle pareti, il vecchio divano marrone di Guido Carli. Dice: «Tranne la scrivania di Einaudi, vorrei cambiare tutto», incluso il San Sebastiano trafitto che per anni aveva fatto mostra di sé dietro la postazione del governatore. La stanza è riarredata con pezzi di Poltrona Frau e di Gae Aulenti. I quadri sono sostituiti • Fazio non lo sopporta: «La nomina di Draghi a governatore è uno schiaffo alla Banca d’Italia. Questa scelta mortifica le professionalità interne all’istituto che vanta curricula e profili eccellenti» • «Il gesuitismo, religione dei capi di Stato, dei re e degli imperatori, è la religione del potere, e dell’opportunità. Raccontano che Draghi abbia assorbito la dottrina ma anche certi modi di fare. Alla Banca d’Italia, narrano di certi piccoli escamotage da politico democristiano, anche un po’ da quei mitici Dc degli anni d’oro, […] severi e integerrimi ma con dei guizzi di genio parrocchiale. Nel 2005, appena nominato governatore, invita magnanimamente il suo predecessore caduto in disgrazia, Antonio Fazio, ad assistere alle Considerazioni finali, il superbowl di Bankitalia, ma poi la sera prima manovra per convincerlo a non andare, cosa che poi avviene. Oppure si fa mettere un provvidenziale convegno last minute quando si tratta di dover decidere se lasciare sempre al predecessore villa Huffer, la foresteria di fronte alla sede centrale di Bankitalia… insomma sa sparire al momento giusto, Draghi, per ricomparire altrove» [Masneri, cit.] • «Istinto politico allo stato puro: roba che s’insegna da duemila anni in riva al Tevere. Non certo al Mit di Boston» [Fubini, cit.] • Sua prima decisione interna: accorciare la durata delle riunioni • Suo primo atto di politica economica: rinuncia all’assenso della Banca d’Italia per le acquisizioni bancarie, rende possibili fusioni di rilievo storico (Unicredit con Capitalia, Intesa con SanPaolo Imi, Banca Popolare di Verona e Novara con il gruppo Popolare di Lodi, Banche Popolari Unite con Banca Lombarda etc.). «Draghi rovescia totalmente, e in poche ore, l’impostazione di Fazio. Non solo dichiarò pubblicamente che non sarebbe mai intervenuto per influenzare operazioni di mercato, neanche nei casi in cui la legge glielo consentiva, ma precisò anche che se uno straniero si fosse voluto comprare una banca italiana lui lo avrebbe lasciato fare. Aggiunse: proprio per questo, invito le banche italiane a far accordi e a fondersi o ad aggregarsi comunque in qualche modo. Le banche italiane sono tutte troppo piccole, e i ricchi istituti stranieri, se non si sbrigano, ne faranno un sol boccone. Dopo diciassette mesi da quel discorso ci sono state molte aggregazioni anche di piccolo calibro e due operazioni enormi: la fusione tra Banca Intesa e San Paolo e quella tra Unicredit e Capitalia. Quello che è istruttivo è questo: col suo atteggiamento liberale, Draghi ha di fatto impedito agli stranieri di entrare. Col suo atteggiamento di chiusura, invece, Fazio alla fine ha consegnato la Banca Antonveneta agli olandesi e la Banca Nazionale del Lavoro ai francesi» [Giorgio Dell’Arti] • Nel 2008 i capi di Stato del G20 lo vogliono alla guida del Financial Stability Forum, deve studiare cosa è accaduto nella crisi del 2008 e soprattutto capire come uscirne • Nel 2011 si fa il suo nome per la Bce, ma francesi e tedeschi sono contrari. Troppo italiano. Troppo poco rigorista. Troppo legato a Goldman Sachs. L’operazione sembra impossibile • Parigi accetta il suo nome solo dopo la garanzia che un altro italiano, Lorenzo Bini Smaghi, si sarebbe dimesso dal comitato esecutivo della Bce. Il vero osso duro sono Wolfgang Schäuble e i falchi della Bundesbank • «In pochi mesi, grazie a una studiata teoria di dichiarazioni, Draghi riuscì a convincere l’opinione pubblica tedesca di conoscere bene l’importanza, nell’affrontare la crisi, di politiche economiche improntate al rigore: addirittura, Herr Draghi appare “così tedesco” da meritarsi l’elmetto prussiano in testa, come l’ha disegnato il tabloid Bild, rimangiandosi gli attacchi sferrati soltanto due mesi prima all’inquilino di Palazzo Koch». L’11 maggio il portavoce di Angela Merkel annuncia che appoggerà la candidatura di Draghi. Il 14 giugno 2011, al Parlamento europeo, affronta la sua ultima audizione pre-nomina sapendo che ormai l’incarico è suo. «Rilassato e convincente, il candidato ha affrontato quasi tre ore di interrogatorio da parte dei parlamentari e si è permesso anche di scherzare sulla sua presunta germanizzazione: “Fino a qualche mese fa i giornali tedeschi mi dipingevano con la pizza o gli spaghetti. Adesso dicono che mi sono germanizzato. In realtà ripeto adesso le stesse cose che ho detto per tutta la mia vita. Sono italiano. E proprio per questo, avendo vissuto gli anni dell’inflazione a due cifre e quelli dei conti pubblici fuori controllo, ho imparato sulla mia pelle il valore della stabilità dei prezzi e della disciplina di bilancio”» • Ma c’è poco da scherzare. L’Europa è in preda a una tempesta finanziaria. La Grecia rischia la bancarotta. L’euro potrebbe crollare • Luglio 2012. Alla Ukti’s Global Investment Conference di Londra, gran convegno di banchieri, manager e speculatori. «Poco prima di salire sul podio aveva incontrato in privato un piccolo gruppo di gestori di hedge fund londinesi. Con l’aria di saperla lunga, i manager gli avevano spiegato che l’Italia e la Spagna sarebbero saltate e l’euro sarebbe andato in pezzi. Draghi non disse niente, si limitò ad ascoltare. Sapeva che li avrebbe smentiti pochi minuti dopo. “La Bce è pronta a fare whatever it takes, qualunque cosa serva, per preservare l’euro. E, credetemi, sarà abbastanza”. Era il segnale che la Bce era diventata un prestatore di ultima istanza per il sistema dell’euro e già solo sapere che c’era era tanto da paralizzare la speculazione ribassista. Il mercato gli credette subito forse anche perché Draghi – l’uomo del “never give up”, mai cedere – in quel momento aveva una carica di determinazione in più”» [Fubini, cit.] • Tutti si ricordano quella frase, pare l’avesse presa da un film western. Pochi rammentano l’altra frase, meno celebre, ma altrettanto importante: nel 2014 a Jackson Hole, Wyoming, annuncia che la Bce «userà il bazooka». Tradotto: per fare uscire l’Europa dalle secche della crisi economica, la Bce acquisterà titoli di Stato della zona euro in quantità enormi. Inietterà nell’economia europea 60 miliardi di euro al mese. È il famoso quantitative easing. Dopo l’annuncio, lo spread tra il Btp e il Bund tedesco chiude sui minimi dal 2010, il differenziale di rendimento scende a 110 punti base col tasso sul titolo decennale al nuovo minimo storico dell’1,54 per cento. Il Financial Times gli attribuisce il titolo di «uomo dell’anno»: «È il vero salvatore dell’euro e dell’Unione europea» • 31 ottobre 2019, suo ultimo giorno alla Bce. A Francoforte, 110 giornalisti, 22 radio e televisioni. Tutti vogliono sentire le sue parole. Tutti vogliono sapere qual sarà il suo prossimo obiettivo. A Roma fioccano indiscrezioni. Si dice che il premier Conte stia per cadere, e sarà sostituito da Draghi, con Giancarlo Giorgetti come braccio destro. Si dice che non è vero, che sia lui stesso a spargere queste voci, ma che lui non voglia palazzo Chigi, bensì il Quirinale. A domanda, lui risponde: «Non so cosa farò. Dovete chiedere a mia moglie» • «Il 3 febbraio 2021, in piena pandemia da coronavirus, il presidente Mattarella lo nominò presidente del Consiglio, incaricandolo di far fronte alle gravi emergenze di quel periodo: sanitaria, sociale, economica, finanziaria» [Treccani]. Governo di unità nazionale. Giuramento in un Quirinale semideserto. I giornali impazziscono per lui. «Son passati solo pochi giorni e son già state dette tutte le parole, sole-cuore-amore, nel Paese innamorato del sovrano straniero […] L’innamoramento è più forte per questi speciali personaggi: così diversi da noi. Succede sempre, dopo una storia. Se ti è piaciuto il biondo, prenderai il moro. E dopo le maggioranze rustiche, è tempo per il fascino della borghesia. Draghi è tutto quello che noi non siamo, liberista o “neoliberale” qualunque cosa voglia dire, quanto gli italiani negli ultimi tempi son diventati indistintamente statalisti: meritocratico, con la sua storia di incredibile ascesa, quanto gli italiani sognano ormai d’esser comprati da una grande Cdp che da Che Guevara arriva fino a Madre Teresa; sobrio, quanto l’italiano ha amato negli ultimi tempi le sgangheratezze casaliniche, i palazzi del governo illuminati a tricolore, la telenovela cubana col filtro, il dpcm notturno, la conferenza putiniana di Arcuri, la diretta salviniana con la nutella, il centro vaccinale petaloso; insomma il barocco. Adesso dopo il barocco torna il neoclassico […] Certo c’è sempre Roma in mezzo, tra queste due storie: ma sono due città opposte, la Roma di Conte, fuori sede a Villa Nazareth, collegio per studenti svantaggiati del Sud; e poi Roma del centro storico dove Conte come molti non romani di successo abita, le viuzze e i vicoletti pittoreschi dove si aggirano tutti gli homines novi della politica, tra pizze al taglio e fritture e affreschi, e gabbiani e morose di Salvini che zac, sbucano al mattino, con su la tuta della Polizia… È la Roma dell’all you can eat contro la Roma del whatever it takes. E l’italian-english sfuggito al primo discorso di Draghi, “le sfide che ci confrontano”, to confront, transitivo, è il suo “se sbaglio mi corrigerete”, e insomma è il papa straniero» [Masneri, cit.] • Il Covid. I vaccini. L’obbligo vaccinale. Il green pass. La riapertura delle scuole. Il Pnrr. Putin che invade l’Ucraina. La guerra in Europa. L’improvvisa scarsità di gas. La crisi energetica. L’inflazione. La missione di ridurre la dipendenza energetica dell’Italia dalla Russia. Le sanzioni contro Mosca. La fedeltà dell’Italia al Patto atlantico • A poco a poco, però, le cose iniziano a sfaldarsi. Lui racconta: «Con il passare dei mesi, la maggioranza si era andata sfaldando. Il Movimento 5 Stelle era sempre più contrario al sostegno militare all’Ucraina. Forza Italia e Lega erano contrarie ad aspetti di alcune importanti riforme, fisco e concorrenza». Qualcuno insinua che il suo vero scopo era il Quirinale e, dopo la mancata elezione del gennaio 2022, non avesse più voglia di restare al governo • Il 14 luglio i 5 Stelle decidono di non votare la fiducia sul decreto aiuti, lui sale al Quirinale. Mattarella lo rimanda in Parlamento per una verifica. Il 21 luglio chiede di ricostruire un patto di fiducia con la maggioranza, oltre ai 5 Stelle, anche Lega e Forza Italia non votano. Lui reitera le dimissioni, e se ne va • E oggi? «Oggi, fuori da Palazzo Chigi sta sperimentando “un po’ di tempo libero. Faccio il nonno, ho quattro nipoti. E mi godo il diritto dei nonni di poter scegliere che cosa fare. Anche per questo ho chiarito che non sono interessato a incarichi politici o istituzionali, né in Italia né all’estero”. Qualcuno ha detto che lei abbia cercato questa libertà, accelerando la caduta del suo governo... “Se guardo alle sfide raccolte e vinte in soli venti mesi di governo, c’è da sorridere a chi ha detto che me ne volessi andare, […]. Ero stato chiamato a fare, dopo una vita, un mestiere per me nuovo e l’ho fatto al meglio delle mie capacità. Sarei dunque rimasto volentieri per completare il lavoro, se mi fosse stato consentito”» [Antonio Polito, Cds 24/12/2022].
Ultime Il 20 settembre 2022 la Appeal of Conscience Foundation gli attribuì il Premio «Statista dell’anno», consegnatogli da Henry Kissinger in persona • Il 14 giugno 2024, il Premio europeo Carlo V, consegnatogli dal re di Spagna Felipe VI • La Commissione europa lo ha incaricato di preparare un «Rapporto sulla competitività europea». I risultati saranno presentati ai parlamentari europei il prossimo 4 settembre. Ursula von der Leyen vuole farne il programma della prossima legislatura.
Figli Due: Federica, biologa, master a New York, dirigente di una multinazionale biotech; Giacomo, bocconiano, tesi con Francesco Giavazzi, poi trader a Morgan Stanley.
Politica «Sono un liberal-socialista, né di destra, né di sinistra» (L’Esp). «Sansonetti racconta […] che a un certo punto, quando era a capo di Liberazione, venne convocato dalla segretaria di Draghi all’epoca governatore. “Lo attaccavo spesso, ma più per goliardia che altro. Mi sembrava che fosse il simbolo della borghesia, dei padroni”. Fino alla convocazione. “Mi disse che si ricordava di me ragazzino, ed è impossibile, perché mi fece il ritratto di un me bambino grande giocatore di calcio, e non lo ero proprio; ma soprattutto mi disse anche molto duramente che lui era allievo di Federico Caffè, e non di Agnelli. Insomma volle mettere in chiaro il suo essere più a sinistra di quello che si pensava, e non certo uno che stava dalla parte dei padroni”. “Ma quindi, sire, lei è comunista? Non proprio, Fantozzi, non proprio”. Non si sa se abbia senso parlare di idee politiche in questo empireo, in questa aristocrazia globale» [Masneri, cit.].
Religione Praticante, senza ostentazioni. Spesso ricevuto in Vaticano. Bergoglio lo ha voluto membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, «think tank che per statuto ha quello di “promuovere lo studio e il progresso delle scienze sociali, economiche, politiche e giuridiche, offrendo alla Chiesa elementi da usare nello studio e nello sviluppo della sua dottrina sociale”. Il Cnel del Papa» [Masneri, cit.].
Tifo Romanista. Visto pure in curva all’Olimpico.
Vizi Salutista. Non fuma. Beve al massimo un bicchiere di vino rosso al giorno. Va in palestra. Di tanto in tanto per mantenersi in forma, mangia le barrette proteiche come pasto sostitutivo. «Sua unica trasgressione, se così si può dire, sarebbe una certa debolezza per i giochi dei telefonini, specie in aereo» [Elena Polidori, Rep 30/10/2011].
Curiosità Nella sua tesi di laurea bocciava senza appello il Piano Werner, cioè il primo tentativo di creare una moneta unica europea • Nessun social • Casa romana in viale Bruno Buozzi, tra un Naturasì e la casa Girasole disegnata dall’architetto Luigi Moretti. «Una romanità da quartiere europeo di città mediterranea (esiste!), in quelle vie dove abitano tanti diplomatici a riposo, e come i diplomatici anche Draghi la casa ai Parioli la tiene, lì pronta, perché non si sa mai, può sempre servire, in queste carriere: ritorni improvvisi, chiamate, nomine, ripartenze» [Masneri, cit.] • Residenza di campagna a Città della Pieve, Perugia, «la Camp David di Draghi» [Mess] • Altra casa a Noventa Padovana, in Veneto, dalle parti della moglie • Un bracco ungherese di nome Buvech. Una volta che un giornale lo scambiò per un alano, telefonò al direttore per chiedere una rettifica • Gioca a tennis • Scia e fa roccia a Cortina, ma non passeggia mai sul corso • Negli ultimi anni ha scoperto il golf • Spesso al mare a Lavinio, sul litorale laziale • Passione per il teatro classico: «A Siracusa l’ho visto con i miei occhi restarsene in camicia bianca sotto il sole, in fila al botteghino, senza accampare privilegi» (Pietrangelo Buttafuoco) • Indossa solo cravatte Hermès. Porta solo abiti blu scuro • «Non usa il cappotto. È un’abitudine che hanno gli studenti di Harvard: anche sotto la neve, solo con la sciarpa, forse a sottolineare la loro superiorità da futuri padroni del mondo. Anni fa il suocero gli regalò un soprabito. Per non fargli dispiacere se lo portò appresso piegato sul braccio. Ma, sublimemente eroico, non lo ha mai infilato» [Denise Pardo].
Titoli di coda Le è mai venuta voglia di raccontare in un libro la sua esperienza? «Sa che me lo suggeriscono in molti? Longanesi temeva che “quando potremo raccontare la verità non ce la ricorderemo più”. Vedremo, ma devo dirle che fin da giovane mi è sempre piaciuto più il fare che il raccontare» [Polito, cit.].