6 settembre 2024
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Biografia di Giovanni Toti
Giovanni Toti, nato a Viareggio (Lucca) il 7 settembre 1968 (56 anni). Politico (Noi moderati; già Coraggio Italia, Cambiamo!, Forza Italia, Partito socialista italiano). Ex presidente della Regione Liguria (2015-2024). Ex europarlamentare (2014-2015). Giornalista. Ex direttore di Studio aperto (2010-2014) e Tg4 (2012-2014). «Tutto quello che tocco diventa famoso: guardate Dudù e Toti» (Silvio Berlusconi) • Figlio di albergatori: i genitori gestivano l’Hotel Excelsior di Marina di Massa (Massa), località in cui è cresciuto. «Quando ha cominciato a occuparsi di politica? “Mio padre era socialista. Da ragazzo ero di sinistra moderata. A diciotto anni, poi, mi sono iscritto nei giovani del Psi”. Chi era il suo leader di riferimento? “Ero martelliano. E sostanzialmente craxiano”. Adolescente anni Ottanta: paninaro o dark? “Moderatamente paninaro. E moderatamente appassionato dei gruppi del momento: Duran Duran, gli Spandau Ballet”. Università? “Un anno e mezzo di Giurisprudenza a Pisa. Poi Scienze politiche a Milano. Mi manca ancora un esame”. […] Quando è diventato giornalista? “Nel 1996. Il padre della mia fidanzata era dirigente Mediaset. Un giorno mi chiese se volevo conoscere Paolo Liguori, che allora dirigeva Studio Aperto. Andai a Cologno Monzese e mi venne proposto uno stage”. Le prime mansioni? “Mi occupavo soprattutto della rubrica ‘Fatti e misfatti’. Da craxiano ero entusiasta del revisionismo anti-giustizialista di Liguori”. È vero che Liguori la punì perché durante una “esterna” andò in onda con gli occhiali da sole? “Mi tenne confinato in redazione per un mese a compilare notiziette. Liguori è garantista e libertario, ma sui costumi era un po’ moralista”» (Vittorio Zincone). «La svolta? “Quando fanno direttore Mario Giordano, nel 2000. All’inizio sono grandi litigate: lui è una specie di monarca assoluto, io sono rappresentante del comitato di redazione, il sindacato interno. Poi diventiamo amici e lavoriamo assieme allo Studio Aperto tutto costume e cronaca nera, legato a doppio filo a programmi di successo come Lucignolo. Forte dei successi in azienda, Crippa, all’epoca capo della comunicazione di Mediaset, mi propone di andare a fare il suo vice. E cambio lavoro. Lì iniziano anni di mangiate e camminate”. Prego? “Lavorando alla comunicazione dell’azienda, giro spesso per l’Italia con Confalonieri e Crippa. Il patto tacito è che non ci sarebbe stata trasferta di lavoro senza una tappa culturale in un museo o in una cattedrale e un momento di enogastronomia ad alti livelli. A mangiare siamo tutti insieme; quando si trattava di scarpinare per musei e chiese, Crippa con una scusa si chiamava fuori e a me toccava assecondare la meritata fama di grande camminatore che ha sempre accompagnato Confalonieri”» (Tommaso Labate). «Quando ha conosciuto Berlusconi? “Da cronista alla fine degli anni Novanta. Nel 2000 ero imbarcato sulla nave da crociera Azzurra Libertà, per le Regionali. Lì ebbi modo di parlarci un po’ di più e gli chiesi di fare una dedica per mia madre sul libro L’Italia che ho in mente”. […] Dopo la crociera? “Ho continuato a fare il giornalista. Ho incontrato Berlusconi un po’ più spesso quando ero vicedirettore della comunicazione Mediaset”. Faceva da collegamento tra i direttori dei tg e Palazzo Chigi. È vero? “No. Questo, lo ha scritto Mentana in un libro. In realtà mi occupavo dei rapporti istituzionali”» (Zincone). Nel 2009 «è condirettore di Studio Aperto. […] Tempo pochi mesi, rimane solo sulla tolda di comando di Studio Aperto e nel marzo 2012 raccoglie l’eredità di un mostro sacro del giornalismo televisivo travolto dalle inchieste, Emilio Fede, alla guida del Tg4» (Cesare Zapperi). «Il primo atto del neodirettore fu sostituire le scollacciate “meteorine”, simbolo dei pruriti fediani. E subito si capì che Toti era la faccia puritana del berlusconismo, utile al Cav. dopo Ruby e dintorni» (Giancarlo Perna). «È rifiorita una testata più understatement con obiettivi chiari, come il coinvolgimento di editorialisti bipartisan e un’attenta copertura mediatica delle vicende vaticane, […] con il Tg4 a fare da ammiraglia all news per Mediaset. […] Ha messo il cappello del Tg4 sullo speciale La guerra dei vent’anni. Lo scontro finale, secondo atto del documentario difensivo di Berlusconi incentrato sul processo Ruby, andato in onda in prima serata. Quello che doveva essere un programma della rete, il direttore lo ha avocato alla sua testata giocando un ruolo da protagonista anche in video, con l’intervista esclusiva al Cav.» (Marco Fattorini). «I rapporti con Berlusconi si fanno sempre più stretti. Il leader di Forza Italia si fida di quel giornalista che gli propone analisi lucide degli scenari politici e gli regala indiscrezioni che gli derivano dal suo lavoro dentro il Palazzo. Di qui la proposta: “Vuoi farmi da consigliere politico?”. Come se Toti non aspettasse altro. Il dado è tratto» (Zapperi). «Berlusconi […] s’interessò subito al suo peso: non valutandolo però in voti, ma in chili. Gli parvero decisamente troppi. Così lo portò a Villa Paradiso, beauty clinic per ricchi sul Lago di Garda. Lì, il futuro astro nascente azzurro – alimentato con poche foglie di insalata e sciroppo d’acero – fu prima sottoposto a terrificanti sedute di cyclette, poi a dolorosi massaggi drenanti. Quando al Cavaliere sembrò presentabile, gli fecero indossare una tuta bianca e lo esposero su un balcone. La foto finì direttamente nella leggenda. Vittorio Feltri: “Spero di morire senza fare queste buffonate”. Denis Verdini: “Quel Toti è un babbeo”. Toti finse di non sentire e replicò: “Berlusconi è il sole cui tutti noi guardiamo ogni mattina”» (Fabrizio Roncone). «“Incarno la volontà di Berlusconi di cambiare un’epoca. A un certo punto il presidente ha capito che la politica italiana era mutata, che Renzi aveva rinnovato davvero il partito e che Grillo stava facendo lo sfascia-carrozze. Quindi ha pensato che si doveva sterzare”. E ha chiamato lei. “È stato naturale scegliere tra le persone del suo mondo”» (Zincone). «Entra nel ristretto numero dei componenti del coordinamento di Forza Italia e nel 2014 è candidato alle elezioni europee, dove risulta il candidato più votato (e quindi eletto). Ma, a Bruxelles, Toti ci andrà poco, perché nemmeno un anno dopo diventerà il candidato unitario del centrodestra nella battaglia per strappare una regione rossa come la Liguria al centrosinistra. E lui ci riesce, battendo con il 34,44 per cento dei voti la sfidante Raffaella Paita» (Zapperi). «Con Toti presidente l’intera regione Liguria conosce […] una fase di successi del centrodestra nei Comuni» (Franco Stefanoni). «Probabile che la sua avventura di governatore sarebbe finita lì se l’immensa tragedia del Ponte Morandi, 14 agosto 2018, 43 morti, non avesse redistribuito le carte prima dello spavento, della rabbia. Poi dell’idem sentire per la rinascita di Genova, della Liguria, in nome dell’orgoglio nazionale. Per 24 mesi il cantiere della Salini fila senza intoppi e senza Tar, fino alle fanfare dell’inaugurazione. Il rammendo disegnato da Renzo Piano diventa così il modello della ripresa, la prova provata del laboratorio Liguria, grazie alla quale anche Giovanni Toti trova il modo di ancorare la sua seconda candidatura vincente. […] Le poltrone della nuova giunta, le spartisce con la Lega e i fratellini di Giorgia Meloni. Agli ex amici di Forza Italia nulla, archiviati» (Pino Corrias). «In una certa fase Toti viene considerato addirittura delfino di Berlusconi e quasi suo erede, tant’è che ottiene l’incarico di coordinatore nazionale di Forza Italia nel 2019 insieme a Mara Carfagna. Poi, però, la rottura. “Meglio che ognuno vada per conto suo”, dice. Il casus belli è l’esclusione del governatore della Liguria dal coordinamento a cinque per la presidenza. “Mi pare che ci siano le condizioni per cui ognuno vada per conto suo: è Forza Italia che esce da se stessa. Buona fortuna a tutti”, è la conclusione del governatore, “mi pare non ci sia la volontà di cambiare alcunché: la tragedia sta diventando farsa”. Berlusconi grida al tradimento» (Stefanoni). «Toti lascia il partito in cui aveva iniziato a fare politica e fonda Cambiamo!, una nuova formazione che accoglie fuoriusciti da Forza Italia. L’anno successivo, nel 2020, con il 57 per cento di voti e un alto gradimento personale viene confermato governatore della Liguria. La scommessa di Cambiamo! dura poco: tra maggio e luglio 2021, Toti fonda con il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, il partito Coraggio Italia, che voleva essere un Terzo polo ante litteram, prima che fossero Renzi e Calenda a provarci. Anche quest’esperienza avrà vita breve. Perché, dopo la caduta del governo Draghi e in vista delle elezioni del settembre 2022, Toti correrà in un cartello elettorale assieme all’Udc e a Noi con l’Italia. Fino a diventare presidente del consiglio nazionale di Noi moderati di Maurizio Lupi, nell’alveo della maggioranza che sostiene il governo di Giorgia Meloni» (Lorenzo Stasi). Il 7 maggio 2024, il colpo di scena: Toti è ristretto agli arresti domiciliari, nell’ambito di un’inchiesta che contestualmente conduce in carcere l’imprenditore Aldo Spinelli, dominus del porto di Genova, e l’amministratore delegato e direttore generale di Iren, nonché ex presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale, Paolo Emilio Signorini. «“È stata ‘svenduta’ la propria funzione e la propria attività in cambio di finanziamenti, abdicando in tal modo ai propri importanti doveri istituzionali”. Uno degli ultimi passaggi dell’ordinanza con cui la gip di Genova Paola Faggioni ha disposto gli arresti domiciliari per Giovanni Toti è un durissimo atto d’accusa nei confronti del presidente della Liguria. Al di là delle singole contestazioni, e delle indagini ancora in corso su ulteriori filoni, sembra emergere un metodo. Un sistema. Il sistema Toti. Un giro di decine di milioni tra finanziamenti e sponsorizzazioni che andavano di pari passo (o seguivano) autorizzazioni, concessioni, accreditamenti rilasciati dalla Regione. Una rete fittissima in cui interesse pubblico e privato si mescolavano al punto da non potersi più distinguere. Con tre grandi pilastri: il porto, la sanità privata e la grande distribuzione. […] Solo tra il 2016 e il 2018 ai suoi comitati è arrivato quasi un milione da costruttori e industriali. Un meccanismo che potrebbe aver alterato le regole del gioco. Ma soprattutto una commistione che, anche là dove non configura reati, lascia emergere un gigantesco conflitto d’interessi: i grandi sponsor politici del governatore – nonché finanziatori delle sue campagna elettorali, come Esselunga, il gruppo Amico, il gruppo Spinelli – spuntano anche come finanziatori di decine di eventi organizzati dalla Regione o dal Comune di Genova (dal capodanno in piazza a Euroflora alla Ocean Race, per citarne alcuni) oppure come partner in diverse iniziative istituzionali. Da un lato aiutano gli enti locali a finanziare le proprie iniziative, contribuendo al loro successo e indirettamente alla popolarità dei vertici istituzionali; dall’altro ne finanziano le campagne elettorali; e infine chiedono e ottengono dalle stesse istituzioni autorizzazioni, varianti urbanistiche, concessioni di aree, lo sblocco di importanti investimenti, corsie privilegiate» (Andrea Rossi). «Sarò sbagliato io, ma forse, a meno di presuppore che Toti sia un totale cretino, e allora bisogna chiamare lo psichiatra e non il magistrato, un avviso di garanzia sarebbe stato sufficiente a dissuaderlo dal ricascarci (sempre che ci sia mai cascato), sapendo Toti di essere stato scoperto» (Mattia Feltri). Confinato nella sua residenza di Ameglia (La Spezia), Toti, respingendo ogni accusa, rifiutò a lungo di dimettersi, ma, vistosi rigettare per due volte la richiesta di revoca degli arresti domiciliari, entrambe le volte per un presunto rischio di reiterazione del reato (la prima in vista delle imminenti elezioni europee dell’8 e 9 giugno 2024, la seconda addirittura in vista delle elezioni regionali programmate per l’autunno 2025), il 26 luglio rassegnò infine le proprie dimissioni irrevocabili da presidente della Regione Liguria, riuscendo così a riacquistare la libertà già il 1° agosto successivo. «È quando Toti ha capito di essere finito in un vicolo cieco, con lo spauracchio di un giudizio immediato che avrebbe potuto prolungare a oltranza i domiciliari, che è arrivata la scelta del passo indietro. […] Si vedrà se il suo destino sia un ritorno alla tv o un rilancio in politica» (Marco Lignana e Matteo Macor). «Dimettermi è stata una decisione difficile, ma era l’unica possibile» (a Giuseppe Guastella). «Ha molto colpito che andasse a trovare Spinelli in barca. Lo faceva con tutti? “Questo fa parte del moralismo di certa politica italiana che frequenta le barche però punta il dito contro gli altri. Ho incontrato gli imprenditori ovunque”. Ma è accusato di aver favorito solo Spinelli. “La narrazione è la seguente: io ho davanti come presidente due imprenditori. Uno è un finanziatore dei miei comitati elettorali da sempre, l’altro non mi ha mai dato un soldo. Entrambi hanno una pratica legittima pendente negli uffici regionali e chiedono un interessamento della politica per un celere disbrigo. Se alzo il telefono e sollecito per il mio finanziatore sono corrotto, se lo faccio per l’altro ho fatto un atto di indirizzo politico. C’è qualcosa che non torna”. […] “I finanziamenti sono tracciati. Il resto vuol dire valutare e giudicare la politica. […] Non c’era alcun accordo, nessun do ut des”. […] Ci sarà, alle elezioni? “Ci sarà una lista civica, con o senza il nome Toti. Io non mi candido”» (Guastella). Ritiratosi almeno per il momento a vita privata, dal 4 settembre è editorialista de il Giornale. «Tornerò a fare un po’ il giornalista: mi occuperò di politica da un altro punto di vista». L’inizio del processo a carico di Toti, Spinelli e Signorini è stato fissato per il 5 novembre prossimo: «Ho un sacco di cose che non ho avuto modo di dire». Nello stesso periodo è prevista l’uscita del suo libro Confesso: ho governato. Dal ponte Morandi alla rinascita della Liguria: un modello contro l’ipocrisia della politica (Piemme) • Sposato con la giornalista Mediaset Siria Magri, condirettrice di Videonews, «storico volto di Studio Aperto nonché curatrice di Quarto grado. Le loro nozze? Anno 2003, nella Toscana marittima di Giovanni: il rito civile celebrato nel chiostro di sant’Agostino a Pietrasanta alla presenza di mezza redazione, con Paolo Liguori, Claudio Brachino, Monica Gasparini. Poi tutti al Twiga di Flavio Briatore per il ricevimento» (Fattorini). «Non ha figli. Per scelta? “Una scelta non particolarmente meditata. Sia io sia Siria negli ultimi anni siamo stati travolti dal lavoro”» (Zincone) • Politicamente si definisce «moderatissimo». Nel suo pantheon politico annovera «Filippo Turati e Bettino Craxi, in omaggio al mio passato di giovane socialista. Poi Margaret Thatcher e Ronald Reagan. E Berlusconi, che ha rappresentato il sogno della rivoluzione liberale in Italia» (Labate). «Con Giorgia Meloni i rapporti sono cordiali ma non eccelsi (con Raffaele Fitto, in compenso, peggio che con Verdini). Con Matteo Salvini il rapporto è stato invece a lungo strettissimo: tra le foto memorabili ci sono anche quelle di Toti al Papeete vicino al Capitano e a scatenate cubiste, non nel senso della corrente pittorica. “Io e Salvini potremmo essere per il centrodestra quel che Bossi e Berlusconi furono all’inizio”, aveva detto Toti all’apice del sodalizio. La storia della destra italiana è andata da un’altra parte» (Stefano Cappellini) • «Che cosa guarda in tv? “News. Non amo gli show di intrattenimento”. Il film preferito? “Il primo Guerre stellari”. La canzone? “Non saprei. La musica non mi interessa molto. Mettiamo What a Wonderful World di Louis Armstrong”. Il libro? “Devo dire una cosa figa tipo Il secolo breve di Hobsbawm?”. Dica quello che le pare. “Il padrino di Mario Puzo. Molto meglio del film”» (Zincone) • «Vacanze a Saint-Tropez, passione per gli orologi, buona conoscenza dei vini» (Filippo Ceccarelli). «Colleziona cravatte. Fuma parecchio. Non va al cinema perché lì il telefono potrebbe non prendere. Non ascolta musica» (Alessandra Menzani) • «Da figlio di albergatori […] ha una naturale predisposizione per le relazioni. Il tratto cortese, affabile, lo aiuta anche nelle contrapposizioni più feroci. Capita raramente di vederlo perdere le staffe, il carattere di sicuro gli viene in soccorso» (Zapperi) • «Soprattutto oggi, è bene ricordare che c’è stato anche il Giovanni Toti dell’autunno 2018, capace di battersi per ricostruire in fretta e bene il ponte Morandi, e di mostrare doti notevoli nella gestione di quella emergenza così grave. Furono i cinque stelle a negargli il ruolo di commissario speciale per la ricostruzione al quale teneva tanto, aprendo così il vaso di Pandora della sua voglia di affermazione e di rivincita a livello nazionale. Lo faceva per sé stesso, certo. Ma non solo. Nel primo pomeriggio di quella tremenda vigilia di Ferragosto quando venne giù tutto, lo trovammo accasciato su una sedia nell’atrio della Protezione civile. “Saranno almeno quaranta morti”, diceva. “Quaranta famiglia distrutte, mentre andavano al lavoro o in vacanza”. E, intanto, Giovanni Toti piangeva» (Marco Imarisio) • «Io non ce l’ho con la magistratura, ce l’ho con la politica che ha dato strumenti e leggi che hanno rotto l’equilibrio tra i poteri. […] La politica non si rende conto di aver abbassato talmente tanto le difese immunitarie che oggi la giustizia si è arrogata una sorta di giudizio morale sulla politica. Vorrei che le forze politiche prendessero spunto da questa vicenda per un ripensamento del sistema politico, delle responsabilità dei politici, degli strumenti di controllo e del finanziamento della politica per tornare a darle almeno la dignità degli altri poteri dello Stato. Io oggi vivo l’espressione più grave di questo conflitto di poteri».