12 settembre 2024
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Biografia di Luigi Brugnaro
Luigi Brugnaro, nato a Mirano (Venezia) il 13 settembre 1961 (63 anni). Politico (Coraggio Italia). Sindaco di Venezia (dal 16 giugno 2015). Cofondatore e presidente (dal 14 luglio 2021) di Coraggio Italia. Imprenditore. Fondatore e proprietario dell’agenzia per il lavoro Umana. Ex presidente di Confindustria Venezia (2009-2013). Dirigente sportivo. Proprietario (dal 2006) ed ex presidente (2006-2015) della squadra di pallacanestro Reyer Venezia Mestre. «Tra Umana holding e altre aziende (allevamento di chianina compreso), ha un fatturato che sfiora il miliardo, con oltre 1.300 dipendenti» (Claudio Bozza, nel 2022). «Dopo mia moglie, Venezia è la donna che amo di più» (a Carmelo Caruso) • «Modesta e assai per bene era la sua famiglia di Spinea, sobborgo di Mestre. La madre maestra elementare, il padre Ferruccio, operaio della Montefibre, una colonna della Cisl negli anni delle rivendicazioni, nonché poeta amatissimo, narratore di lotte sindacali e di notti stellate sopra le luci del Petrolchimico» (Pino Corrias). «Chi è Luigi Brugnaro? “Quando avevo cinque anni mi piaceva giocare a fare le buche per terra, scavavo da solo, facevo anche il recinto. Arrivava un bambino che si metteva a guardare e altri bambini ancora: ‘Volete aiutarmi?’, chiedevo. E loro incominciavano a fare buche con me. Dopo un po’ mi trovavo con uno stuolo di bambini: a un certo punto erano talmente tanti che io dovevo uscire dalla trincea e da fuori davo ordini a tutti”. […] Dove è cresciuto? “A Spinea, e ho avuto la fortuna di avere una famiglia straordinaria. […] Al liceo per tutti ero il figlio di Ferruccio il poeta-operaio”» (Bozza). «Luigi Brugnaro, al liceo scientifico di Mirano, diventa un rappresentante studentesco quando si tratta di rivendicare il diritto ai laboratori di fisica e chimica. “Non accettavo l’idea che gli studenti non avessero modo di fare pratica. Ero un contestatore. Poi quella è diventata la posizione di Confindustria”» (Paolo Bracalini). «Come mai quella laurea in Architettura mai utilizzata? “Da studente, mi sono inventato lavori di ogni genere. Il primo a Venezia, al ristorante Roma ai piedi del ponte degli Scalzi: è stata una gavetta seria, un’esperienza che mi ha dato libertà personale. Ho fatto di tutto, ho organizzato feste: il primo gommone, ce lo siamo comprati così. All’università ero incerto tra Giurisprudenza e Architettura: mi hanno spaventato dicendomi che in Legge c’era troppo latino. Ho due anime: una tecnica e giuridica e un’altra creativa. […] Allo Iuav ho trovato grandi insegnanti e mi sono laureato a pieni voti. Dopo il servizio militare in Aeronautica, avevo aperto due studi: uno specializzato nel superamento delle barriere architettoniche, l’altro di selezione di personale, che presto è rimasto senza direttore e così ha assorbito tutto il mio tempo. Era nata Umana”» (Bozza). «Come racconta chi lo frequentava allora, “era sempre alla ricerca della trovata per fare i schei”. Incontra un ex marine, Charles Hollomon, che conosce i computer e ha appena fondato a Marghera la prima agenzia per il lavoro interinale in Italia, importando l’idea dall’America. Si fa spiegare di cosa si tratta: intermediare con le aziende per fornire manodopera a tempo determinato e incassare una percentuale sui contratti. È il 1993 e le agenzie interinali sono ancora fuorilegge. Ma tre anni dopo, quando Brugnaro viene a sapere che Tiziano Treu, uomo Cisl nonché ministro del Lavoro nel governo Prodi, sta per renderle legali, sgama l’idea, bye bye Mister Hollomon, fonda da solo la sua agenzia, che in breve moltiplica per dieci in Veneto, per cento in Italia. La battezza “Umana”. […] Dato che guadagna a percentuale sul lavoro altrui, Umana offre un flusso di cassa continuo. Brugnaro diventa milionario in un batter d’occhio. Impiega una ventina d’anni a scalare il primo miliardo di fatturato. Da quel momento la trovata è fare i schei con gli altri schei. Compra case, palazzi, terreni, società digitali, imprese di pulizie, parcheggi, allevamenti in Maremma. […] Scala la popolarità sportiva comprando nel 2006 la Reyer, nobile squadra di basket, che vincerà due campionati. E scala la celebrità politica diventando nel 2009 il presidente di Confindustria Venezia, maneggiando l’ossessione dei comunisti, delle tasse e delle procure. Il salto definitivo, lo fa nel 2015 candidandosi sindaco contro Felice Casson, l’ex magistrato» (Corrias). Nella primavera del 2015, al primo turno delle elezioni comunali di Venezia, Brugnaro, indipendente sostenuto dal centrodestra, ottenne il 28,56% dei consensi, attestandosi in seconda posizione a fronte del 38,01% conquistato da Casson, esponente del Pd sostenuto dal centrosinistra; al ballottaggio, tuttavia, fu Brugnaro a prevalere, col 53,21% dei voti. «Sulle magliette color fucsia – suo brand elettorale – ha fatto scrivere “Ghea podemo far”, ce la possiamo fare. Ma ci credevano in pochi, pochissimi, a parte lui. […] Dopo vent’anni di monopolio del potere a Venezia, è arrivato questo imprenditore scravattato, un “provinciale” che si firma Brugnaro Luigi, col cognome prima del nome, a rovinare la festa al Pd, che aveva puntato sul candidato-giustiziere, l’ex magistrato Casson, per sfruttare l’onda di indignazione post-Mose e vincere facile. È successo il contrario: è stato Brugnaro a prendersi parte dei voti “renziani”, con lo slogan tattico “né di destra né di sinistra”, sostenuto però dai partiti di centrodestra. […] Ghe l’ha fata» (Bracalini). «È stato eletto da Forza Italia ma non è di Forza Italia? “Non credo nella destra e nella sinistra, ma nelle persone. Chi ha puntato davvero su di me è stato Renato Brunetta”» (Caruso). «Ha lasciato Umana per fare il sindaco? “L’imprenditore, ora, non lo faccio più. Ho consegnato a un trust un gruppo di 23 società attive in tutti i settori, seguendo il suggerimento di Felice Casson. Ho dovuto anche lasciare la Reyer. Sono un tifoso acceso: da sindaco alle partite divento una specie di mummia, soffro dentro e me la prendo con gli altri, presidente e allenatore”. […] Perché un imprenditore di successo decide di fare il sindaco? “Per un fatto di orgoglio, perché non è possibile che questa città possa naufragare in un mare di debiti e problemi. Gli abitanti sono molto più avanti. Lo faccio senza chiedere nessun emolumento”» (Edoardo Pittalis). «“Il mio stipendio da sindaco, lo devolvo interamente al fondo comunale per i bisognosi. […] Arrivo alle 7 con la mia auto nel Parking San Marco: l’abbonamento, lo pago io, come sempre, forse ora mi salutano perché sono il sindaco. In municipio, ci vengo con il mio motoscafo: il marinaio è stipendiato da me. Non mi faccio rimborsare pranzi e cene. L’unica cosa che il Comune mi regala è il caffè. Perché non riescono a concepire che un imprenditore di successo voglia lavorare gratis per la sua città?”. Ma lei da chi è stato candidato? “Mi sono scelto da solo. Un colpo di testa. Infatti ho chiesto scusa ai parenti. La mia idea era di formare una lista civica con dentro tutti, ma il Pd rifiutò. Al passaggio delle consegne, il commissario straordinario Vittorio Zappalorto mi batté una mano sulla spalla e sussurrò con mestizia: ‘Auguri’”. La situazione era così tragica? “Di più. Non c’era un bilancio consolidato. I debiti ammontavano a 800 milioni”» (Stefano Lorenzetto). Per risanare il bilancio cittadino, nell’ottobre 2015 avanzò pubblicamente l’ipotesi di vendere alcuni dei dipinti posseduti dai musei comunali, tra cui la Giuditta II di Gustav Klimt, con l’obiettivo di raccogliere circa 400 milioni di euro: nonostante l’idea, comprensibilmente subissata di critiche, non sia mai realizzata, il bilancio fu comunque migliorato. «Quindi non venderà la Giuditta II di Gustav Klimt, conservata a Ca’ Pesaro. “Non si sa mai. L’abbiamo messa in mostra a Mestre: la gente, per paura di non vedere più l’opera, che a Venezia è esposta gratis, ha pagato il biglietto”» (Lorenzetto). Molto rumore anche quando Brugnaro, «con una circolare inviata […] al personale docente di asili nido e scuole dell’infanzia, ha dichiarato di voler ritirare 49 testi che affrontano la questione del gender. Brugnaro ha poi spiegato che la sua iniziativa era stata adottata per reagire all’imposizione dei testi pro-gender, perché così era stata “introdotta tra i banchi con arroganza culturale una visione personalistica della società”. Anche se poi il sindaco ha precisato di non voler imporre proprio niente e di rimettersi a quanto vorranno i genitori dei bambini. Trattandosi di gender, la cosa aveva avuto una rilevanza immediata e internazionale. Tanto che era intervenuto Elton John. […] Sir Elton ha scritto afflitto ai suoi fan che “la meravigliosa Venezia sta indubbiamente affondando, ma non tanto rapidamente quanto il bifolco e bigotto Brugnaro”. Lui, il “bifolco e bigotto”, ha risposto per le rime. Rigorosamente attraverso i social. Così, via Twitter, il sindaco ha replicato: “Caro Elton John, Lei mi offende per sostenere le Sue ragioni, ma credo che rappresenti bene solo l’arroganza di chi è ricco e può fare tutto”. Fino alla sfida: “Caro Elton John e compari vari, La sfido a donare risorse vere per salvare Venezia. Passiamo ai fatti, fora i schei”» (Caterina Maniaci). Rieletto al primo turno sindaco di Venezia nel settembre 2020 col 54,14% dei voti, nel luglio 2021 fondò insieme a Giovanni Toti, a propria volta confermato alla presidenza della Regione Liguria nella medesima tornata elettorale, il partito Coraggio Italia (che Toti avrebbe lasciato l’anno successivo). «Tanti si chiedono chi gliel’ha fatto fare, di fondare un partito. “È nelle cose che una lista civica come la nostra a Venezia, costruita sul sindaco, una volta che finirà l’esperienza in Comune sarà destinata a cambiare. Un partito invece consente di portare su scala nazionale quello in cui noi crediamo, la concretezza del fare, il pragmatismo, la competenza, il voler risolvere i problemi della gente senza bizantinismi ma badando al sodo. Io mica mi volevo candidare a sindaco la seconda volta. Però poi mi sono detto: se non mi ripresento, tutto quello che ho fatto nei primi 5 anni rischia di andare perduto. Così abbiamo piantato quel seme. […] L’ho chiamato Coraggio Italia perché siamo attanagliati da mille paure. E quando si ha paura ci sono due modi per reagire: chiudersi in se stessi, mettersi limiti e contagiare gli altri delle proprie paure, oppure reagire con coraggio, appunto”» (Davide Scalzotto). Nel luglio 2024, pochi mesi dopo la deflagrazione della vicenda giudiziaria che ha travolto Giovanni Toti, si è ritrovato anch’egli coinvolto in un’inchiesta, con l’accusa di concorso in corruzione. «I magistrati lo hanno pescato per il “sistematico perseguimento di interessi personali” e in particolare per vecchie carte che riguardano un terreno da 40 ettari comprato una ventina di anni fa, per 5 milioni di euro, nell’area dei Pili, dalle parti del ponte della Libertà, un’area del demanio altamente inquinata. Nel 2018, a metà del primo mandato da sindaco, mentre si vantava di avere conferito tutto il suo patrimonio a un blind trust, si scoprì che il trust ci vedeva benissimo e che il sindaco stava provando a vendere quel vecchio terreno a un super ricco di Singapore, Mister Kwong, per la modica cifra di 150 milioni di euro, con la promessa incorporata di raddoppiare gli indici di edificabilità per trasformarlo in un affare da 1,5 miliardi di euro. L’affare si ferma perché mancano i piani di bonifica, ma intanto altri business edilizi diventano progetti: due torri residenziali, cento ville, un centro commerciale, il nuovo stadio per il Venezia calcio, e accanto il nuovo palasport per la squadra regina del basket, la Reyer, che per puro caso appartiene a Brugnaro. I sospetti corrono più veloci degli affari. Le intercettazioni e le indagini svelano che i più stretti collaboratori del sindaco-paron vengono tutti dalle sue aziende. Ne indagano 23. Il più fidato tra i suoi assessori, Renato Boraso, la cui condotta viene giudicata di “mercificazione della funzione pubblica, sistematica e compulsiva”, finisce in carcere» (Corrias). «“Io non mi dimetto”, ha scandito Luigi Brugnaro. Quasi un grido, quello del sindaco di Venezia, nel consiglio comunale convocato “a forza” per la mattinata di […] venerdì 2 agosto, sull’onda dello scandalo suscitato dall’inchiesta per tangenti. […] “Lotterò per dimostrare la mia onestà”, ha aggiunto Brugnaro in un clima infuocato, tra continue invettive del pubblico in aula. […] “Mi ritengo totalmente innocente. […] Per nove anni ho messo tutto l’impegno, anche dodici ore di lavoro al giorno… Ho rischiato di lasciarci le penne nel 2022 [allusione a un grave malore avuto nel marzo di quell’anno – ndr]. Ci ho messo tutto, per questo sono esterrefatto. C’è un diritto e dovere di fare indagini e c’è un diritto e dovere di restare in carica per non tradire fiducia dei cittadini. […] Sui Pili e la Reyer non ho fatto nulla di male”» (Gloria Bertasi). «Sullo sfondo si staglia l’uomo delle vittorie del centrodestra, Luca Zaia. In una coalizione che rischia di perdere la bussola in città, il governatore potrebbe rappresentare proprio ciò di cui il centrodestra ha bisogno per ritrovare la strada. Zaia, mai sfiorato da indagini (nemmeno da quella sul Mose, quando era vicepresidente di Galan), è una carta ideale e autorevole da giocare. Le date coincidono: quando Brugnaro sarà costretto a lasciare il Comune, Zaia dovrà fare altrettanto in Regione. E, se l’ipotesi poteva sembrare un azzardo qualche mese fa, oggi è un’opzione in campo, che può salvare una barca a rischio affondamento» (Silvia Madiotto) • Un’autobiografia, Ci giudicheranno i bambini. Dall’azienda alla politica una via per l’Italia (Marsilio, 2022), costituita da una lunga intervista condotta da Stefano Lorenzetto • Cinque figli: due dall’ex moglie e tre dall’attuale compagna, Stefania Moretti (classe 1971). «“Io, Stefania, la amo profondamente. Ci ho scommesso tutto. Mi ha ripagato dieci volte di più. Da quando mi sono separato con mia moglie, sono stato sei anni ad aspettarla: mi prendeva e mi lasciava. Era un periodo buio: andavo da solo in barca. Un giorno riapparve all’improvviso e mi disse: ‘Faccio ancora in tempo?’. È toscana, parla giapponese, ha verve e charme da vendere”. […] Avete deciso di accogliere in casa vostra due famiglie ucraine fuggite dalla guerra con tre bambini. Perché? […] “Chi può ospitare i rifugiati fa solo il proprio dovere: oggi mamme e bambini vanno a scuola d’italiano, domani speriamo che possano tornare nel loro Paese liberato dagli invasori”» (Bozza) • Cattolico praticante. «La mia fede è una questione intima, non ostentata. Prego, vado a messa ma non mi fermo alla liturgia. Io so cosa c’è dentro di me, con cosa faccio i conti. Natale per me è un momento particolare, lo è sempre stato. È veramente una rinascita, come si dice. Faccio un bilancio. E lo faccio ogni sera, un esame continuo. E ringrazio le persone che mi hanno dato qualcosa» • «Lei, già grande capo di Confindustria, è vero che ha votato anche a sinistra? “Io ho votato per tutti. Cambiavo idea: ero convinto che tutti provassero a dare il meglio nel proprio lavoro come me, ma poi… Il mio unico partito era Confindustria. Il Pci, però, non ce l’ho fatta, a votarlo”. […] “Io sono convinto che si debba impostare un grande progetto politico che punti, prima di tutto, sui bambini. Bisogna programmare il futuro per loro, che però, lo capisco, oggi non votano. Un esempio? A Mestre, non senza difficoltà, con Eni abbiamo aperto il primo distributore stradale fisso di idrogeno. Sa cosa significa? Che dai tubi di scappamento di camion e auto esce vapore. Non mi sembra serva aggiungere altro”» (Bozza) • «Ha due passioni sopra tutte le altre. Il mare, la barca con cui costeggia la Croazia d’estate insieme alla famiglia. E poi il basket» (Bracalini) • «Il suo difetto? “Ne ho tanti. Ascolto poco”» (Bozza) • «Capito dal popolo di terra e disprezzato dalla nobiltà di mare» (Giampaolo Visetti). «Alterna idee e proposte anche astute a sparate incredibili, ma da personaggione, uno strano mix di mito-imprenditoria e mitopoiesi, “partito del fare” e “siamo il partito del lavoro”, leghismo e persino grillismo soft» (Jacopo Iacoboni). «Un po’ Berlusconi (self made man, origini modeste, fondatore di imperi), un po’ Renzi (“Il Jobs Act, l’ho fatto già io, […] con Biagi e D’Antona”), un po’ Salvini (“I vu cumprà, li metto in galera”), un po’ grillino (“Farò il sindaco gratis, darò lo stipendio ai poveri”), un po’ Giorgio Gaber (la sua canzone preferita è La libertà)» (Bracalini) • «Lei preferirebbe Venezia senza turisti o con i turisti? “Non vogliamo diventare come Barcellona, dove sputano addosso ai foresti e appendono ai balconi le lenzuola con scritte ostili. Finché io sarò sindaco, Venezia resterà una città aperta ai visitatori che la rispettano. Però mi preoccupa il turismo di consumo di un solo giorno, mordi e fuggi. Quello dovrà diventare più costoso”. L’esperimento dei tornelli funziona? “Non li chiami così. Sono varchi. E non sono mai stati chiusi. Servono solo a regolare il flusso dei pedoni, instradandoli su percorsi alternativi. Ha idea di che cosa significhino tre treni che arrivano contemporaneamente in stazione e scaricano 2.000 persone sulla Lista di Spagna?”. […] Le grandi navi da crociera devono entrare o no nel bacino di San Marco? “Mai. E neppure nel canale della Giudecca. La soluzione alternativa, l’ho già indicata: la rotta da Malamocco a Marghera seguita dalle petroliere negli anni Cinquanta. […] A chi invece contesta questi traffici, chiedo: dove vorreste scaricare i passeggeri, in mezzo al mare? Lo sa quanti prodotti made in Italy caricati nel nostro porto consumano 3.000 persone? A mi le navi me piase!”» (Lorenzetto) • «Le sarebbe piaciuto essere doge anziché sindaco, confessi. “No, benché Sebastiano Venier, che a Lepanto ci salvò dai turchi, fosse più democratico di un re. Venezia resta come allora: libera”» (Lorenzetto).