14 settembre 2024
Tags : Renzo Rosso
Biografia di Renzo Rosso
Renzo Rosso, nato a Brugine (Padova) il 15 settembre 1955 (69 anni). Imprenditore. Stilista. Fondatore della Diesel. Fondatore e presidente della finanziaria Otb (Diesel, Maison Margiela, Marni, Jil Sander, Viktor & Rolf, Brave Kid). Dirigente sportivo. Proprietario del Vicenza (dal 2018). Ex proprietario del Bassano (1996-2018). Secondo l’ultima classifica ufficiale della rivista Forbes, aggiornata al 2 aprile 2024, detentore insieme alla sua famiglia di un patrimonio stimato in 3,7 miliardi di dollari, che ne fa l’871a persona più ricca del mondo e la 28a più ricca d’Italia. «Quando sono partito speravo di arrivare almeno a fare il caporeparto, per cui sono strafelice di tutto quello che è arrivato dopo» (a Giuseppe De Bellis) • «La favola di Renzo Rosso comincia da Brugine, in provincia di Padova, località che le leggende della zona definiscono come “il paese dei ladri”. Figlio di contadini, Renzo impara a condurre il trattore e ad amare la campagna» (Maurizio Maggi). «Un giorno, avevo cinque anni, davanti a casa mia alcuni soldati americani in una grande Cadillac hanno iniziato a fare un picnic. Li ho guardati come se venissero dalla Luna. Ricordo che mi hanno dato una scatola di budino di riso, che per me rappresentava il sogno americano». «Educazione molto semplice, rurale e cattolica. Mio padre mi insegnava a non lasciare mai cibo nel piatto e a raccogliere le 10 lire che cadevano a terra, mi ha educato al rispetto delle persone e delle cose, a aiutare gli altri» (a Paolo Possamai). «“Se non fosse stato per lui non mi sarei mai diplomato. Aveva deciso che almeno uno dei suoi tre figli – ho un fratello e una sorella più grandi – dovesse conquistarsi un diploma. La scelta ricadde su di me, nonostante a me studiare non interessasse: mi obbligò. E quindi eccomi iscritto all’istituto tecnico Natta di Padova, una scuola per la formazione di periti della confezione, dove resto sei anni”. Uno in più del dovuto? “Ero tutto fuorché disciplinato. Ma come darmi torto? Erano gli anni Settanta, avevo una criniera di ricci alla Jimi Hendrix, ero un figlio dei fiori, un ribelle a tutti gli effetti. Non amavo studiare, e quella scuola era la scelta più facile e la migliore. All’epoca mia non c’erano insegnanti, in cattedra salivano manager o tecnici d’industria, erano lezioni legate al mondo reale, e lì ho imparato di tutto: i tessuti, i filati, la chimica, la modellatura, il taglio, la cucitura, la confezione di una camicia e di una giacca, ma anche la gestione aziendale e la finanza d’impresa. Ho adorato quella scuola. […] Quando presi il diploma ero convinto di essere capace di fare già tutto”» (Gloria Riva). «A 15 anni si sedette alla macchina da cucire per realizzare il suo primo capo in jeans. Come la presero in famiglia? “Mamma mi aiutava. Avevo difficoltà ad attaccare la manica alla spalla, perché bisogna inserire il rullino, e così lei imbastiva a mano e io proseguivo con la macchina”» (Piera Anna Franini). «Il primo capo realizzato? “Un pantalone a zampa d’elefante, 42 centimetri di campana, a vita bassa, con effetto denim ottenuto strofinando il jeans sull’aia”» (Riva). «Una novità che ha trovato un’immediata risposta tra gli amici, e Rosso ha cominciato a produrre e vendere i primi modelli. Dopo qualche mese alla facoltà di Economia all’Università Ca’ Foscari di Venezia fu chiamato per un colloquio di lavoro dall’allora guru del denim italiano Adriano Goldschmied, che guidava Genius Group. Renzo non ebbe alcun dubbio: abbandonò immediatamente gli studi per diventare tecnico di produzione alla Moltex. L’inizio non fu però tutto rose e fiori. Goldschmied, dopo averlo assunto, lo licenziò, accusandolo di lavorare poco. Ed è qui che ha cominciato a prendere corpo il suo carattere imprenditoriale. Superata la delusione iniziale, ha immediatamente rilanciato chiedendo di essere riassunto con una paga legata alla produttività. Una pazzia? No, un’idea che gli ha consentito di decuplicare lo stipendio e di aumentare il fatturato della Moltex. E che nello stesso tempo ha chiarito la sua vocazione imprenditoriale, legata più alle capacità commerciali che alla moda in senso stretto. Il ruolo di dirigente però gli stava stretto, e ben presto decise di lasciare l’azienda per avviare un’attività in proprio. Goldschmied, colpito dal balzo delle vendite, lo convinse a rimanere offrendogli il 40% della Moltex e accettando di costituire una nuova società insieme. E così nel 1978 fu fondata Diesel» (Edoardo De Biasi). «A entrambi piace quel nome che si pronuncia ovunque allo stesso modo, che fa scattare l’idea di un motore che consuma meno e rende di più e sembra fatto apposta per rappresentare l’America profonda delle stazioni di servizio. All’interno di Genius, Rosso deve dedicare energie a molti marchi e dopo qualche tempo comincia a pensare che puntando su uno solo potrebbe fare assai più strada. A trent’anni, la svolta. Si fa vendere tutta la Diesel, che ha la sede nel Vicentino, a Molvena, a un paio di chilometri da Marostica, e comincia l’avventura. Il fatturato, nel primo anno di attività interamente sotto la sua responsabilità, è di 5 miliardi. A lavorare per Rosso, in un paio di stanzoni, sono 18 ragazzotti» (Maggi). «Dal jeans strofinato nell’aia di casa al denim stone washed, cioè lavorato con pietre e carta vetrata, il passo fu breve e diede origine a un pantalone dall’aspetto vintage, invecchiato a dovere, trattato per renderne l’aspetto consumato con il giusto corredo di strappi e buchi. La strada del mito americano, che tanto peso aveva avuto in Renzo Rosso, era percorsa con pantaloni strani che i commercianti italiani rimandavano indietro perché considerati difettati e che furono la green card con la quale l’imprenditore sbarcò proprio in Usa. […] Era la metà degli anni ’90 e Renzo Rosso aprì il primo store Diesel in Lexington Avenue, a New York, esattamente di fronte a quello della Levi’s, i cui iconici jeans vennero presto surclassati dai modelli made in Italy, che costavano esattamente il doppio ma che avevano un’anima innovativa, coraggiosa e provocatoria alla quale era impossibile resistere. […] Una nuova concezione di moda dallo sguardo aperto e lungimirante, in cui anche la comunicazione aveva un ruolo prioritario e un registro deciso, irriverente, capace di trasmettere l’idea di un lifestyle nel quale identificarsi totalmente. Questo fu il presupposto alla base delle prime, corrosive campagne pubblicitarie. […] Nel 1995, al culmine del dibattito che vedeva il governo americano combattere contro l’accesso al servizio militare per persone gay o bisessuali, Renzo Rosso, con la complicità di un ancora poco conosciuto David LaChapelle, lanciò una delle sue campagne più celebri, che mostrava il bacio appassionato tra due marinai omosessuali alla fine della guerra. […] Sempre nel 1995, il marchio fu il primo ad avere un sito internet e, due anni dopo, a debuttare con il primo store online, […] pensato per garantire una distribuzione capillare che non conoscesse confini. Allo stesso modo si moltiplicarono i negozi fisici, a Milano come a Londra, Roma, San Francisco» (Ursula Beretta). «Renzo Rosso cominciò a diversificare il marchio investendo, in primis, in quel Pelican Hotel di Miami che aveva acquistato nel 1991 dopo essere stato colpito dal suo meraviglioso spirito art déco e lo restaurò in linea con l’immagine di “successful living” di Diesel, tanto che in breve tempo fu incluso tra i migliori hotel di moda del mondo. La dieselizzazione, […] da lì a poco, avrebbe coinvolto anche ogni ambito del design e dell’oggettistica, passando pure per il food e il beverage. […] Nel frattempo la porta di ingresso della moda tout court venne spalancata non solo con il debutto di Diesel Black Gold (2008), la nuova linea premium in cui il denim e l’abbigliamento casual venivano graffiati con la sartorialità per dare vita a collezioni iconiche che traghettarono il marchio nella fascia alta di mercato, ma anche con la nascita della holding Otb-Only The Brave, che aveva in portfolio, oltre a Diesel, aziende come Marni, Maison Margiela, Viktor & Rolf e licenze quali DSquared2. […] Ma la vena camaleontica di Renzo Rosso si è espressa anche nella sua holding personale, la Red Circle Investments, dedicata alla sperimentazione e alla tecnologia, con la quale l’imprenditore è entrato in Yoox fin dai suoi esordi ed è stato azionista di importanti start-up, in Italia e nella Silicon Valley, che sviluppano nuove tecnologie in campo biomedicale e ambientale» (Beretta). Con Otb «ha costruito un polo del lusso italiano… “Ho sempre mirato a fare qualcosa di più. Il primo con cui sono entrato in contatto è stato Martin Margiela, che era corteggiato da grandi imprenditori: ma ha cercato me per chiedermi di dargli una mano a sviluppare la sua linea. E da lì mi sono trovato in un mondo che mi attraeva molto, diverso, più cool”. […] Come si rapporta rispetto ad altri gruppi come Lvmh o Kering? “Provo ammirazione per la loro grandezza. Non li combatto, faccio qualcosa di alternativo. I nostri brand non sono uno la fotocopia dell’altro, hanno tutti un Dna forte e c’è una community attorno a loro. Sono ambìti e copiati. Non ho mai pensato di fare cose grandiose, ma ho sempre puntato alla bellezza e al suo sogno”» (Anna Franco). «Per l’esercizio in corso “prevediamo una crescita a doppia cifra, superiore rispetto alla media di settore”. Poi conferma il ruolino di marcia già indicato: “Per il 2025, se tutto va bene, non escludiamo di poterci quotare in Borsa. E valutiamo anche nuove acquisizioni”» (Irene Consigliere) • «Dentro la cassaforte Otb, come unico asset alternativo all’abbigliamento, c’è il 66,5% di Vicenza Virtus, la società del Vicenza Calcio. Il football è un’altra delle grandi passioni dell’industriale veneto, che nei momenti liberi ama tirare due calci al pallone. Tifosissimo del Milan, frequentatore dello stadio Meazza e sempre presente nelle finali di Champions giocate dai rossoneri, è stato anche sponsor della squadra milanese. “Sono milanista da quando ero bambino. Aiutavo i miei genitori nei campi e portavo con me la radio per ascoltare la partita”. Nel luglio 2018 ha […] comprato per poco più di un milione il Vicenza Calcio, che era fallito. […] A campionato concluso l’imprenditore ha acquistato il ramo societario dell’azienda biancorossa e l’ha conferito a un’altra squadra di sua proprietà, il Bassano, che grazie a una deroga federale si è trasferito a Vicenza e ha cambiato denominazione in L.R. Vicenza Virtus. […] “Mi era stato offerto il Milan, ma quando sono stato contattato avevo già chiuso per il Vicenza e questa è la mia città, qui c’è la mia gente. Prendere il Milan era un’impresa troppo grande: meglio qui, dove possiamo esportare un modello in tutto il mondo”» (De Biasi). «Il Vicenza Calcio è un successo o un fallimento? “Sono stato 22 anni con il Bassano, poi ho ambìto a una cosa più grande, il Vicenza Calcio, appunto. Colpa del mio amico, Paolo Scaroni, che mi ha convinto a investire. E colpa della città, che mi ha fatto una pressione brutale. Il Vicenza viene da 10 anni di sofferenza e in questa società ho portato tutta la managerialità di Otb: però la palla è tonda e non sempre premia gli investimenti fatti”» (Riva). Presidente della società è il secondogenito Stefano. «Ci siamo divisi i compiti. Io seguo di più la ricerca di soci, investimenti e sponsor. Lui deve guidare la parte tecnica» (a Davide Tondi) • Sin dal 1993 presente anche nel settore vitivinicolo con la Diesel Farm di Marostica, nel 2023 ha fondato la Brave Wine, «una holding che ha quote in due cantine, una in Sicilia e una in Piemonte. Per entrambe si affida all’enologo Umberto Marchiori, allievo di Roberto Cipresso, che aveva seguito Rosso al debutto come imprenditore vinicolo. Renzo Rosso, a quando risale il suo primo ricordo legato al vino? “A mio padre. Avevamo una fattoria nella campagna padovana e il mio compito era quello di pulire le botti. Così ho allenato il naso, e questo Dna mi è rimasto anche negli anni successivi”. Una fattoria, l’ha avuta anche in età adulta? “Sì, certo, la mia Diesel farm è arrivata a 100 ettari con il bosco, piena di animali come caprioli, lepri e purtroppo anche cinghiali. È in questi vigneti che ho cominciato a coltivare i vigneti per i miei vini, il Bianco di Rosso e il Rosso di Rosso”. Perché è andato a investire in Sicilia e in Piemonte? “Perché sono due zone ad altissima vocazione. La mia holding Brave Wine punta ai migliori terreni in Italia. Così sono entrato nella cantina Benanti sull’Etna e nelle Langhe con il marchio Josetta Saffirio. Qui il mio vicino è un certo Angelo Gaja”. Quale sarà la prossima regione? “La Toscana: ci mancherebbe una cantina a Montalcino”» (Antonino Padovese) • Molto attivo nella beneficenza con la sua Otb Foundation. «Sono state oltre 250 le attività a sfondo sociale sulle quali la fondazione ha investito fino ad oggi: dal sostegno alle comunità colpite dal terremoto in Emilia-Romagna al finanziamento dei lavori di restauro del Ponte di Rialto a Venezia, dalla creazione di strutture di accoglienza per rifugiati a programmi di istruzione femminile per carcerate afghane, fino alle donazioni fatte e all’impegno dispiegato in epoca pandemica» (Beretta) • Dal 2011 è Cavaliere dell’Ordine al merito del lavoro • Sette figli, avuti tra il 1977 e il 2015 da tre donne diverse: Andrea, Stefano e Alessia dalla prima moglie Nuccia Fattoretto, le due gemelle Asia e Luna e India dalla seconda moglie Erika Merlo e Sydne da Arianna Alessi, sposata in segreto il 22 marzo 2022 sulla spiaggia di Miami. La Alessi è attualmente amministratore delegato di Red Circle Investments e di Brave Wine e vicepresidente di Otb Foundation. «“Arianna è intelligente e mi ama. Quando l’ho incontrata era una donna di successo, comprava aziende per altri e girava tra Dubai, Pechino e New York. Ha rinunciato al suo lavoro per stare con me. Gliene sono grato”. […] Rimane amico delle sue ex? “Della prima sì, della seconda no”» (Annalia Venezia) • «Ha un forte legame con il Veneto, eppure, metà della sua vita, la passa altrove. Qual è la sua dimensione? […] “Amo l’energia di Tokyo e Shanghai. Però la vita è Bassano del Grappa, una città ricca, carina, alla base delle colline, che ha conservato tutte le tradizioni di una volta”» (Riva) • «Lei è credente? “Dialogo con Dio, ma non gli chiedo mai niente. Mi hanno aiutato l’educazione e la cultura che mi sono fatto da solo. E mi hanno aiutato gli altri, amici e collaboratori. Da solo non sono nessuno”» (Venezia) • «Lei entrerebbe in politica? “Ho avuto tanti inviti da più parti, ma ho sempre risposto di no, perché è un mondo dove, purtroppo, si parla tanto, ma manca la concretezza. Mi limito a dare consigli”» (Franco) • Tra le sue amicizie storiche, quelle con il Dalai Lama, Nelson Mandela, Bono Vox, Silvio Berlusconi, Luciano Benetton, Jovanotti, Fiorello e Roberto Baggio. «Lei entrò nelle grazie di Enrico Cuccia. Il self-made man veneto e l’anziano banchiere siciliano famoso per i suoi silenzi. All’apparenza due personaggi agli antipodi. Che ricordi ne ha? “Lo vidi per l’ultima volta a quindici giorni dalla morte. Ogni due o tre mesi mi invitava a pranzo. Mi accoglieva dicendo ‘Ciao, uomo del jeans. Come stai?’. Voleva conoscere i miei pensieri, sapere come andavano le cose e come le vedevo. Pranzi amichevoli dove talvolta faceva arrivare altri numeri uno aziendali, così da avviare un confronto”» (Franini) • «Colleziono opere d’arte. Prediligo soprattutto quadri e sculture del secondo ’900, così come opere contemporanee. Nella mia collezione ho lavori di Jean-Michel Basquiat, Andy Warhol, Lucio Fontana, solo per citarne alcuni, ma anche di tanti artisti coevi, come l’inglese Tracey Emin» (ad Andrea Salvadori) • Vari tatuaggi, tra cui le iniziali su medio e anulare della mano destra e il motto «Only The Brave» su una caviglia. «Quella scritta è nata grazie a un giovane grafico che incontrai in Inghilterra. Viveva in povertà ma era eccezionale, e gli commissionai il logo dell’allora neonata Diesel. Creò un punk e aggiunse quel claim, perché mi disse che ero l’uomo più coraggioso che avesse mai incontrato. E in ogni mia iniziativa imprenditoriale c’è quel “brave”, perché ho, appunto, il coraggio di fare le cose che vanno fatte e di cambiare la realtà» (Franco) • «Somiglia a una rockstar, non solo per gli occhiali da sole che indossa in quasi ogni occasione» (Francesco Martino) • «Non si è mai preoccupato di essere “stupido”: Be Stupid, oltre a essere stata una fortunatissima campagna pubblicitaria, è il titolo della sua prima biografia (la seconda si intitola Redvolution). Non ha avuto paura di stupirsi e di stupire, di osare e fare quello che le persone ragionevoli ti dicono di non fare» (Elvira Serra). «Tanti dicono che Rosso è un pazzo che fa cose fuori di testa. Rosso ha fatto un po’ prima degli altri cose di cui i giovani hanno bisogno. Ho la fortuna di aver vissuto fra i giovani. Ho sette figli, che a loro volta portano in casa i loro amici. Imparo tanto da loro» • «Ha inventato un modo di comunicare tutto basato sul nonsense, la trasgressione. Ha portato agli eccessi il surrealismo, capovolgendo la realtà, anche a costo di essere esagerato o scarsamente comprensibile. Gli stilisti del made in Italy dovrebbero imparare da lui a comunicare» (Giampaolo Fabris) • «Cosa è il jeans per lei? “Nasco col denim, lo adoro e gli devo la mia vita. Credo di aver cambiato quel settore, tant’è che oggi nel mondo del lusso tutti hanno in collezione capi in questo materiale e noi siamo stati i promotori”» (Franco) • «Se dovesse fare un bilancio della sua vita, direbbe che ha molto sofferto e molto gioito. “Ogni giorno, per sessant’anni: è il destino dei visionari come me, che vedono le cose non come sono, ma come potrebbero essere. Però mi sono anche tanto divertito! Ho lavorato in tutto il mondo con persone di culture, religioni, mentalità diverse. Questa, oggi, è la mia grande ricchezza. Assieme alla mia famiglia”» (Serra).