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 2024  settembre 24 Martedì calendario

Biografia di Zucchero (Adelmo Fornaciari)

Zucchero (Adelmo Fornaciari), nato il 25 settembre 1955 (69 anni) a Roncocesi (frazione di Reggio Emilia), cantautore • Ha il diploma di perito elettronico, ha dato 39 esami alla facoltà di Veterinaria, che ha lasciato per dedicarsi alla musica • Colleziona cappelli e auto d’epoca, fuma il sigaro, da bambino giocava a calcio come portiere • Ha sofferto di depressione per almeno tre anni; salire sul palco gli causa attacchi di panico (scoprì che anche il nonno ne soffriva), ma oggi va meglio.
Titoli di testa Come sta? «Come disse Churchill in pieni bombardamenti, tutto è terribilmente noioso, non c’è un raggio di luce, forze oscure aleggiano, guerre e disarmonia, non vedo la primavera» [a Michela Tamburrino, Sta giugno 2023].
Roncocesi «Un piccolo mondo che avrebbe potuto descrivere Guareschi: il parroco e la chiesa da un lato, il sindaco e la casa del popolo dall’altro» [ad Antonio Gnoli, Robinson]. «Papà non voleva mai far entrare il prete a benedire casa, alla domenica però mi mandavano a portargli le uova» [ad Andrea Laffranchi, Cds] • «Andavo a fare il chierichetto nella chiesa vicino a casa mia, per sdebitarmi col prete, che mi faceva usare un organo a due tastiere bellissimo, a mantice, dove imparai a suonare le canzoni dei Procol Harum. Nella canonica, dove andavamo a giocare a pallone, io e altri tre miei compagni organizzavamo dei mini-spettacoli» • Quando Adelmo aveva dieci anni, la famiglia lascia Roncocesi per Forte dei Marmi: «Non mi sono mai più sentito a casa».
Bambino «Scuola elementare di Roncocesi. La maestra Nada Cosmi fa l’appello: “Adelmo Fornaciari”. “Presente”, risponde un bambino biondo, dolce e introverso. La maestra gli sorride e si rivolge a lui chiamandolo “il mio zuccherino”. Scene di selvaggia presa per il culo di Zuccherino da parte dei compagni. Ma ormai non c’è più niente da fare: il battesimo è stato celebrato» [Antonio D’Orrico, Cds] • Figlio di Pino e Rina. «Mio padre faceva un lavoro duro e pericoloso: durante la stagionatura del Parmigiano Reggiano saliva sopra impalcature molto alte per girare le forme, pesanti e tutte unte». Il padre decise di trasferirsi a Forte dei Marmi per aprire una drogheria, ma «quando arrivammo scoprimmo che non gli avevano dato né la licenza per il fondo che aveva chiesto né la casa. Ci trovammo in strada col camion pieno di mobili. Per sei mesi dormimmo in una casa in costruzione». Poi suo padre, il negozio, lo aprì? «Con fatica. Non avevamo mai un soldo. Il mio compito invernale era chiedere al macellaio e al fruttivendolo le cassette di legno per bruciarle e riscaldarci» [a Malcom Pagani] • «Ero un bambino educato, magro, con le guance rosse e l’accento emiliano. Mia madre, nonostante non avessimo un soldo, mi mandava a scuola sempre pulito e pettinato, con i vestiti stirati e in ordine. I ragazzini della zona, quasi tutti più grandi di me, cominciarono a dirmi che ero un finocchio. Una volta, durante una festicciola in una casa di campagna, mi misero sopra un letto e mi legarono mani e piedi. E cercarono di violentarmi. Non ci riuscirono, ma per me fu uno choc». In famiglia non disse nulla «perché avevo paura, però al capetto del gruppo mandai una lettera con la firma falsificata di papà, scrivendo che se ci avessero riprovato lui sarebbe andato dalla polizia a denunciarli tutti. Funzionò. Non mi dissero più nulla».
Inizi «Ho cominciato a scrivere prestissimo. Ho dei provini incisi su un Revox a 2 piste che risalgono a quando avevo 13 o 14 anni. Allora andavo a ruota libera, scrivevo anche 3 canzoni al giorno» • Ci vollero almeno dieci anni prima che riuscisse a vivere del suo lavoro di cantante; cambiava spesso band, la moglie era scettica; ad un certo punto pensò persino di lasciar perdere e fare il veterinario • «La mia gavetta è stata interminabile» • Nel 1982 va a Sanremo, anche se arriva penultimo con Una notte che vola via. Ad un concerto a Rosignano Solvay suona davanti a una sola persona • Nel 1983 pubblica il primo album Un po’ di Zucchero, ma nemmeno la casa discografica che glielo ha prodotto crede in lui: «Mi volevano solo come autore. Non credevano nella mia voce, e soprattutto nella mia faccia. Un giorno, mentre facevo anticamera per parlare col direttore generale, dalla porta semiaperta lo sentii dire: “Mandatelo a casa, tanto questo non andrà da nessuna parte”. Piansi tutta la notte: ero sposato, avevo già una figlia. Devi trovarti un lavoro serio, mi dissi, le 150 mila lire delle serate non bastano più».
Successo «Si giocò l’ultima carta con un viaggio a San Francisco. Un amico che vendeva jeans gli passò un biglietto aereo vinto con un concorso della Levi’s. “Lì mi misi alla ricerca di Corrado Rustici, e grazie a lui e Narada Michael Walden, che mi fece registrare gratis nel suo studio, tornai a casa col mio bel nastrino, che conteneva anche Donne. Lo mandai a tutte le case discografiche usando il nome del mio benefattore. Il primo a chiamarmi fu proprio quello che mi aveva fatto fuori. Non aveva capito che ero io”» [Giuseppe Videtti, Rep] • «La sua vita artistica cambia nel 1985 quando presenta a Sanremo il brano Donne, con la Randy Jackson Band. Arriva ottavo, ma la canzone, un reggae che ripercorre una linea di gran moda presso i giovani, colpisce il pubblico. Non è un grande successo commerciale, ma l’album Zucchero & The Randy Jackson Band (Polydor) gli regala la credibilità che gli mancava e costituisce il punto di partenza per una straordinaria escalation personale» (Troiano).
Stile musicale Rock influenzato da blues e soul. «Toglimi una curiosità, come sei arrivato al rhythm and blues? “Per puro caso. Un ragazzo nero di Memphis, che studiava agraria a Bologna, aveva degli amici o dei parenti a Roncocesi. E ogni tanto veniva a trovarli. Ci conoscemmo e poiché sapeva che strimpellavo la chitarra mi fece ascoltare un disco di Otis Redding. Sai quando hai una botta di adrenalina? Ecco, restai folgorato da Sittin’ on the Dock of the Bay”» [a Antonio Gnoli, Rep] • Dice che il Po è il suo Mississippi • Tra i suoi successi: Donne (1985), Come il sole all’improvviso (1986), Rispetto (1986), Con le mani (1987), l’album Oro incenso & birra (1989), Miserere (1992), Diamante (1992, dedicata alla nonna omonima), Spirito DiVino (1995) • «Sono un impiegato della musica io, entro in studio la mattina alle dieci e ci sto fino all’ora di cena. Non sono di quelli che scrivono la canzone fulminante in un raptus, alle quattro del mattino» • Molti duetti (Miles Davis, Eric Clapton, Sting, Bono Vox, …): «Ho sempre trovato più facile lavorare con gli stranieri che con gli italiani. Hanno meno paure, meno insicurezze, e non si fanno troppe domande». Molto più prosaica la versione dell’ex manager di Zucchero, Michele Torpedine: «Zucchero finge di non saperlo e lega i grandi nomi con i quali ha collaborato alla filantropia artistica. Ma dietro c’erano i soldi. All’epoca Davis volle cento milioni di lire per tre minuti. Senza i soldi non ci sarebbe stato Davis o Ray Charles, come d’altronde nessun altro, è pacifico».
Depresso «Nel 1990-1991 non stavo più bene da nessuna parte. Né a casa, né dai genitori. Non sapevo più dove andare. Ero un’anima in pena, dilaniato tra la Versilia, dove c’erano figlie e moglie con la quale non stavo più, e l’Emilia, la terra della mia famiglia. Finii ospite in una casetta di Marina di Pietrasanta, con un cane e una bottiglia. Miserere nacque in quel clima di dolore e di disorientamento» • «Ma dissi alla casa discografica che aveva senso farla solo con Pavarotti. Loro lo contattarono, e mi dissero che non voleva. Allora lo chiamai io: “Ciao Baciccio – mi rispose lui – perché non viene a cena e ne parliamo?” Si addormentò pure, mentre parlavamo dopo mangiato, ma poi sentì il pezzo e accettò. Ne sono nati quindici anni di collaborazione magnifici» [a Paolo Mastrolilli, Sta].
Padre «I tuoi come vedevano le tue imprese di cantante? “Se ne fregavano, soprattutto mio padre. Pensa che quando sono diventato “Zucchero”, per un periodo, visti i dissapori con mia moglie, mi trasferii nella vecchia casa dei miei genitori. Volevo respirare l’aria di famiglia, ripensare alla mia infanzia, rivedere i volti familiari. Mio padre mi svegliava alle quattro del mattino. Alzati Delmo che devi andare nei campi a lavorare. Capisci? Non aveva realizzato nulla del mio successo. E quando gli dissero: hai un figlio musicista famoso, lui rispose non mi piace la sua musica, a me piacciono il valzer e la mazurka”» (a Antonio Gnoli) • «Suo padre torna spesso nelle sue canzoni: come lo ricorda? “Non ci siamo vissuti come avrei voluto... Era un uomo alla vecchia maniera, poche parole e tanto lavoro. La parte artistica della famiglia è la sua. Quando chiudeva il negozio per la pausa, andava sulla spiaggia a prendere i legni levigati dal mare per realizzare delle sculture. Era un uomo ipersensibile, un sognatore travestito da duro. [...] È venuto a vedermi una volta sola, a Parma nel 1995. Camminava male, erano gli inizi di una malattia degenerativa. Gli chiesi cosa fosse successo e lui rispose: “Un mignolo che mi dà fastidio, al limite lo taglio...”. Ho pensato a quel momento scrivendo Sarebbe questo il mondo. Però mamma diceva che a volte gli vedeva gli occhi lucidi quando si parlava della mia carriera» [Laffranchi, cit.].
Politica «Mio nonno, Roberto detto Cannella, era un mezzadro che prendeva le botte dai padroni. Mio zio, Enzo detto Guerra, era un maoista. Mio padre, Giuseppe detto Pino, mi raccontava delle corriere che partivano il sabato per Mosca e tornavano il lunedì mattina. Io sono nato nell’Emilia dei comunisti e sono cresciuto nella Carrara degli anarchici. Ma la politica non mi ha mai interessato» [a Claudio Sabelli Fioretti, Sette] • Ha votato solo una volta (disse nel 2008).
Fattoria «Sono sempre stato uno sradicato, finché una volta trovandomi nelle campagne vicino a Pontremoli, ero in moto, ho visto una valle verde con un rudere e un fiume. Sono sceso giù e mi sono sdraiato per terra. Per la prima volta in vita mia mi sono sentito a casa. Ho comprato tutto e lì ho costruito la mia fattoria. Da lì è cominciata la mia vera rinascita. Ora è un posto straordinario, viviamo interamente dei prodotti della terra, facciamo il vino, i formaggi» [a Gino Castaldo, Rep 2011]. La fattoria si chiama Lunisiana Soul (Lunigiana+Louisiana), i suoi contadini producono tutto quello che mangia, ha detto che compra solo l’acqua frizzante.
Amori Prima moglie: Angela Figliè, sposata quando lei aveva vent’anni e lui ventitré. Figlie: Alice (stilista) e Irene (cantante: il suo ultimo disco non è piaciuto al padre) • Seconda moglie: Francesca Mozer (sua ex assistente). Figlio: Adelmo Blue (scout per l’Inter) • «Se non proprio Zucchero, ho preteso che mio nipote almeno lo chiamassero Adelmo».
Curiosità L’attrice Emanuela Fanelli ha una zuccheriera con sopra l’immagine del cantautore • Fece un concerto a L’Avana gratis • Una signora usava il cellulare durante un suo concerto a Cala di Volpe, in Sardegna: la insultò e scoppiò una rissa con i ricchi paganti la cena+show, tra i quali alcuni russi. Disse di essere stato frainteso, voleva solo fare il sarcastico e far divertire il pubblico • Insultò anche Pippo Baudo (in un’occasione diversa, per aver escluso la figlia da Sanremo) • Nel 2010 scrisse una lettera arrabbiata al Corriere per rispondere ad Aldo Grasso, che aveva riportato la notizia della sua residenza fiscale a San Marino • Ha detto: «Io mi vesto da tonno» • Nel 2011 ha scritto il romanzo autobiografico Il suono della domenica. Antonio D’Orrico, critico del Corriere: «un libro bellissimo» • L’anno scorso è uscito un documentario su di lui, si intitola didascalicamente Zucchero Sugar Fornaciari.
Titoli di coda Ha paura di invecchiare? «Nel 1999, per il video di Diamante mi truccarono da me stesso vecchio. Non mi spaventa il cambiamento nell’aspetto fisico. Mio padre era solido e nerboruto, ha avuto tutti i denti e i capelli sino alla fine: spero di avere lo stesso Dna della Bassa padana. Ho paura invece dell’apatia, del perdere gli stimoli, non avere più sfide, finire a guardare la tv sul divano o ammazzare il tempo al bar e sperare che arrivi sera in fretta» [a Andrea Laffranchi, Cds 2019].