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 2024  ottobre 08 Martedì calendario

Michele Misseri confessa d aver molestato Sarah

Quel pomeriggio ho molestato mia nipote». Michele Misseri per la prima volta ammette, in questa intervista, senza tentennamenti, che prima di uccidere Sarah la aveva «toccata»: «ero attratto da lei per come era vestita. Non la avevo mai vista così». Ossia con dei pantaloncini molto corti per andare al mare. Ed ecco che quel movente, tante volte invocato dalla difesa di Sabrina Misseri – la figlia di Michele condannata al carcere a vita perché considerata la responsabile dell’omicidio assieme alla madre Cosima – prende corpo. E non è una cosa da poco in un processo indiziario in cui anche la pubblica accusa ammise che non vi erano prove ma solo indizi.
Franco Coppi, il principe del Foro che difende Sabrina, ha sempre sottolineato come il movente di Misseri sia solido e credibile a differenza di quello della figlia: «Quello che oggi Michele Misseri ammette apertamente noi lo 1 sapevamo perché Michele Misseri pochi giorni prima dell’omicidio tentò un approccio sessuale su Sarah con una pacca sul sedere. Confermato il 5 novembre anche davanti agli inquirenti». Misseri ribadisce: «E vero le ho dato una pacca sul sedere, e avevo paura che lei raccontasse tutto a mia figlia Sabrina perché mi aveva avvertito: “zio se lo rifai, parlo con Sabrina”». Quel 26 agosto Michele lo rifà: «Ero in garage a riparare il trattore che non partiva e il portone era aperto. Quando è scesa mia nipote io ero di spalle e le ho detto “Sarah vattene”, perché ero nervoso. Poi mi sono girato e l’ho vista vestita diversamente dal solito. Aveva dei pantaloncini corti e troppo aderenti». Mi sta dicendo che ha avuto un impulso sessuale? «Sì. L’ho presa di spalle e l’ho sollevata toccandole il seno. Così lei mi ha dato un calcio nelle parti intime e io non ci ho visto più. Un pezzo di corda c’era sul parafango del trattore e non ricordo i giri che ho fatto. Quando è squillato il cellulare che Sarah aveva in mano, ho mollato la presa e Sarah è caduta». Quella telefonata sarebbe stata fatta da Sabrina che non vedendo arrivare la cugina con cui doveva andare al mare la stava cercando. Un fatto che secondo la difesa rappresenta un alibi mentre secondo l’accusa sarebbe stato solo un modo per costruirselo l’alibi.
«Una teoria assurda», dice Coppi. «Un alibi concepito ed eseguito contestualmente all’omicidio, roba che nemmeno un criminale come Al Capone... L’ammissione del movente da parte di Michele Misseri completa la ricostruzione di questa tragedia, non solo per la morte di una ragazzina ma per la presenza in carcere di due donne innocenti e che dopo 14 anni non hanno ancora avuto nemmeno un’ora di permesso». Una severità, spiega Coppi, dovuta al fatto che secondo i giudici non c’è stata «resipiscenza», ossia consapevolezza di quello che hanno fatto. Perché loro continuano a professarsi innocenti. «Ma cosa devono fare? Dire di essere colpevoli, anche se sono innocenti, per poter godere di un loro diritto?».
Una storia che in questi anni ha diviso l’opinione pubblica, un interesse morboso che si è riversato in tutti i talk show, alimentando quello che è diventato a tutti gli effetti un format, con la spettacolarizzazione della cronaca e del dolore. E il 25 ottobre si farà un altro passo, con una serie Tv che racconta la vicenda con un titolo suggestivo, Avetrana – Qui non è Hollywood. «Dovrò vederla, ma molto a malincuore», dice Coppi. «Se, come credo, ripercorre la sentenza non ci sarà nessun contributo alla verità». Anche Valentina, la sorella di Sabrina, non accenderà la Tv. «Ho disdetto l’abbonamento – spiega –. La devono smettere di fare soldi sul nostro dolore».
Scuote la testa, consapevole che se in quei giorni anche lei fosse stata nella villetta di via Deledda, ad Avetrana, adesso sarebbe in cella. «Hanno costruito una storia in cui le donne di casa erano le cattive e l’uomo un buon padre di famiglia soggiogato». La sceneggiatura perfetta per un film.
«Non avrei permesso che mio padre si facesse il carcere da innocente – dice Valentina – e, credetemi, nemmeno lui si sarebbe sacrificato». Stessa tesi dell’avvocato Coppi: «Basta conoscere Michele Misseri per capire che non gli si addicono questi slanci di generosità». Lui, Michele oggi spiega che ha negato la molestia alla nipote perché «si vergognava». «Tutti pensavano che ero una brava persona». Rimane il fatto che dopo aver reso una confessione piena nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 2010, quando Michele Misseri il 15 ottobre viene portato nel garage, ossia il luogo del delitto, chiama in causa la figlia: «Ero drogato mi avevano dato delle pillole e “stavo” confuso, come si vede dal video. Chiedete in carcere, ai miei compagni di pena, allo psichiatra, ai secondini. A tutti ho sempre detto che sono stato io a uccidere Sarah. Ho chiesto perdono a sua mamma Concetta, le ho scritto e non vuole credermi. Ma fino a quando non lo farà, Sarah non avrà giustizia».
Per la prima volta Michele Misseri ammette senza se e senza ma di avere molestato la nipotina. «Mio padre ha paura di andare all’inferno», dice Valentina. «Lo conosco e so che quando ha capito che c’era uno spiraglio non ci ha pensato due volte a cercare di salvarsi. Non è quella persona sottomessa che tutti credono». Michele continua a scrivere a Sabrina e Cosima senza ricevere risposta. «Chiedo perdono per quello che ho fatto a Sarah e a loro due. Tre ne ho uccise».
Nel frattempo il fioraio Buccolieri sul cui «sogno» si basa la sentenza di condanna continua a dire che ha visto solo in sogno le due donne rapire la piccola Sarah. Cosa che non ha ripetuto al processo: ha preferito non parlare, in quanto imputato di reato connesso. Quindi abbiamo due ergastoli che si basano anche su un sogno, con il sognatore che non ha parlato in aula. Un padre che dice di essere il colpevole ed è libero. E due donne che dicono di essere innocenti, in galera, fine pena mai. Questa è Avetrana, ma potrebbe essere Hollywood.