Libero, 5 ottobre 2024
Salva un naufrago e vince la regata
Sorridono, si danno pacche sulle spalle, sono felici, si abbracciano. Eppure la vittoria in regata c’entra zero: o meglio, c’entra quel che basta perché sì, è vero, sono arrivati per primi, l’edizione 2024 della Teuladata, in Sardegna, se la sono aggiudicata loro, nulla da contestare; però no, la soddisfazione non è quella, non può esserlo, non regge il confronto se durante la gara ti capita di incappare in un naufrago che chiede aiuto, che ha bisogno di salire a bordo, che è in difficoltà e tu stai lì, con le vele spiegate, tra l’altro in direzione costa.
Tutto sommato le donne e gli uomini dell’equipaggio della India, questa barca a vela del “miracolo” sardo, sotto la guida dell’esperto timoniere Antonello Ciabatti, vincono prima ancora di tagliare il traguardo: e la vittoria successiva, quella effettiva nella regata di Avas (l’associazione degli Armatori a vela d’altura della Sardegna), tra Cagliari e Teulada, sabato scorso, con una finalità nobilissima come la sensibilizzazione all’autismo, vale, ma vale a metà. È una spilletta (senza nulla togliere alla loro preparazione nautica) contro la medaglia scintillante del valore alla solidarietà dimostrato.
Chiedere, per fugare qualsiasi dubbio, a Tonino: settant’anni (o giù di lì), pescatore solitario, ricorda un po’ Hemingway perfino nell’aspetto, fisico asciutto e capelli brizzolati, la scorza dura di un lupo di mare che arrendersi mai e lasciarsi andare idem. Stiamo mica scherzando. È fuori col suo barchino, Tonino, mentre la India sfida altre imbarcazioni in quella competizione di inizio autunno: all’improvviso, però, deve avere qualche problema. Cosa succeda, di preciso, non si sa; si sa invece che il natante sul quale sta pescando si rovescia e lui finisce in acqua.
È giorno, le temperature non sono proibitive, il mare è calmo: ma passano i minuti e poi anche le ore e Tonino è ancora a mollo, aggrappato a una tanica di plastica, è allo stremo e comincia ad avere i primi segni di ipotermia sul corpo. È in quel momento che gli passa accanto la India. «Inizialmente ho pensato che fosse un sub che si sbracciava affinché facessimo attenzione mentre bordeggiavamo durante la bolina», spiega, adesso, ai cronisti della stampa locale, Cristian Kiki Busu, il co-proprietario della India.
È l’ultimo tratto della regata, tra Capo Spartivento e l’arrivo. Busu si sbaglia, quell’uomo tra le onde non sta richiamando la sua attenzione per un semplice moto di prudenza, sta urlando a pieni polmoni chiedendo aiuto. «Ci siamo resi conto della situazione» e il resto viene da sé. Sulla India Tonino viene avvolto in una coperta e riscaldato; racconta a quegli angeli in calzoncini che ha naufragato almeno tre ore prima; è Eleonora Altea, un’altra componente dell’equipaggio, che riesce a riattivargli la circolazione mentre Busu si attacca al telefono, chiama la Capitaneria di porto e avvisa le autorità.
«La motovedetta sarebbe arrivata solo in qualche ora», spiega, «così abbiamo deciso di far rotta verso il porto, dove è arrivata un’ambulanza (nel frattempo le condizioni di Tonino sono già migliorate, perfortuna: ndr). Ma abbiamo avuto anche il tempo di ritornare sul campo di regata per giungere per primi al traguardo. Però», ecco, è la prova provata, «la soddisfazione più grande è quella di aver salvato la vita di questo pescatore». Evviva.