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 2024  ottobre 03 Giovedì calendario

Come funziona l’Iron Dome

Martedì notte, dopo l’attacco missilistico condotto dai pasdaran contro Israele ci sono state manifestazioni di giubilo in tutte le piazze simboliche di Teheran. Per il regime, l’azione è stata un successo, anche se ha provocato un solo morto, per di più palestinese. Ma anche in Italia c’è chi crede alla versione degli Ayatollah. Il Fatto quotidiano, ad esempio, sostiene che i missili hanno «bucato» il sistema difensivo dello Stato ebraico. Questo perché le immagini trasmesse da Israele hanno mostrato diversi impatti sul territorio dello Stato ebraico.
Ma la spiegazione di questi fatti – numerosi impatti ma pochissimi danni – si spiega col funzionamento stesso di Iron Dome e affini. Quella israeliana è infatti una difesa antimissile a strati. L’Iron Dome, o “Cupola di Ferro”, in ebraico Kippat Barzel, è il sistema più usato contro i razzi di Hamas ed Hezbollah. All’Iron Dome spettano le quote più basse, sotto 10 km, ma il suo raggio d’azione orizzontale supera 70 km. È costituito da batterie su autocarri, alcuni dei quali portano moduli da 20 tubi di lancio caricati con altrettanti missili. Il vero missile si chiama Tamir. Lungo 3 m, pesa 90 kg e sfreccia a 2500 km/h verso il bersaglio, individuato via radar. Ogni missile Tamir costa 100.000 dollari ed è importato dagli USA, dove Israele ha una linea di produzione esterna. Gli altri autocarri portano radar e centri di comando coi computer.
Per non sprecare colpi, anche se il radar traccia tutti i razzi in arrivo, Iron Dome mira in automatico solo ai razzi dalla traiettoria più vicina alle case. Ma il sistema può essere saturato se gli ordigni sono troppo numerosi. Inoltre necessita un minimo di distanza e tempo per eseguire i suoi calcoli. Non è in grado d’intercettare ordigni che vengano da una distanza inferiore a 4 km e con tempo di volo inferiore a 28 secondi. Progettato dalla Rafael, è stato finanziato dagli Stati Uniti. Israele ha speso 200 milioni di dollari in progettazione fra 2005 e 2008, poi l’America ha contribuito per 2,6 miliardi di dollari fra 2008 e 2021, per la produzione. Il sistema è in servizio dal 2011 e Israele lo sta ampliando da 10 a 15 lanciatori.
Per risparmiare sui missili, gli israeliani stanno sperimentando l’arma laser Iron Beam, che verrà integrata nell’Iron Dome nel 2025, in modo che il computer scelga di volta in volta se usare il laser o il missile. Le quote a livello di stratosfera, fra 15 e 20 km, spettano al sistema David’s Sling, la “Fionda di Davide”, in ebraico Kela David, ma anche Sharvit Ksamim, cioè “Bacchetta Magica”. Con raggio d’azione fra 40 e 300 km, usa il missile a due stadi, lungo 4,6 metri, Stunner, che costa 1 milione di dollari l’uno. Anche in tal caso, sono gli Stati Uniti a fornire le munizioni, infatti la “Fionda” è sviluppata da Rafael insieme alla Raytheon, l’azienda dei Patriot, ed è in servizio dal 2017. Aiuto americano anche per il sistema Arrow, creato dall’israeliana IAI insieme alla Boeing. Copre lo strato più alto, oltre 100 km di quota, in pratica già nello spazio. L’ultima versione Arrow 3, in servizio dal 2017, è un razzo con raggio d’azione di 2400 km che può colpire missili balistici all’apice della parabola, fuori dall’atmosfera, come è accaduto con vari ordigni iraniani e degli yemeniti Huthi.