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 2024  ottobre 07 Lunedì calendario

Sui crimini della Guerra civile spagnola

“Ritengo che su avvenimenti come questi nessuno sia o possa essere completamente veritiero”. Così George Orwell scrive in Omaggio alla Catalogna. È il libro, pubblicato in Inghilterra nel 1938, con cui denunciò i crimini degli stalinisti durante la guerra civile spagnola contro i comunisti dissidenti del P.O.U.M., il Partido Obrero de Unificación Marxista, e gli anarchici. Sebbene dopo la sua militanza nelle formazioni del P.O.U.M. Orwell fosse diventato un ferreo anticomunista, bisogna rifarsi a quella sua considerazione per parlare dell’ultimo numero, il sessantatreesimo, della rivista Storia Ribelle fondata, diretta e scritta da Roberto Gremmo, storico che da sempre va controcorrente.
Il titolo del fascicolo è eloquente: La repressione stalinista degli “irregolari”, degli anarchici e del P.O.U.M. “trotskista” nella guerra di Spagna. Come è suo costume, pescando in molti archivi, Gremmo dà voce a fatti, donne e uomini, in particolare della sinistra libertaria, che la Storia, quella con la “Esse” per l’appunto maiuscola, ha nascosto oppure destinato all’oblio, per ragioni politiche o solo per ignoranza.
Si dice che la Storia venga scritta dai vincitori. Per decenni, nel mondo della sinistra, che allora, anche dopo la morte di Stalin, restò sotto il tallone sovietico, trotskisti, anarchici, comunisti dissidenti, vennero ritenuti dei nemici. Gremmo ce lo testimonia ricostruendo tanto “il patto d’intesa fra anarchici e socialisti massimalisti contro i crimini degli stalinisti in Spagna”, quanto “le traversie di alcuni anarchici italiani volontari nella guerra di Spagna”. C’è quindi una vicenda che spicca per la singolarità del protagonista e per i toni romanzeschi. È il ritratto inedito del tenente degli alpini Carlo Penchienati, che “visse almeno tre vite: fu un giovanissimo e fanatico squadrista fascista a Pinerolo; dopo molte disavventure in mezza Europa venne messo a capo delle ‘Brigate Internazionali’ degli stalinisti nella guerra di Spagna, finché tornò in Italia dove fino agli ultimi giorni divenne un implacabile accusatore dei crimini di Mosca contro gli antifascisti più scomodi e ribelli”.
Ritornato in Italia, scrisse un memoriale sui fatti spagnoli, ma i fascisti stessi non lo presero in considerazione. Durante la guerra, Penchienati, lasciò Torino e si rifugiò in Svizzera. Nel dopoguerra, a Roma, offrì “i suoi servigi agli Americani ma questo rapporto dura poco”. I “capi dello spionaggio italiano”, inoltre, non prendono “troppo sul serio le sue denunce perché lo consideravano ‘persona scaltra, senza scrupoli, di scarso senso morale e solito vivere di espedienti’”. Nel 1949 presentò lo scritto sulla Spagna a Longanesi e Rizzoli, che lo rifiutarono. Il 17 aprile del 1956, poi, inoltrò alla procura della Repubblica di Roma “una denuncia penale degli episodi più scabrosi avvenuti in Spagna contro i volontari italiani, per qualche motivo finiti nel mirino degli stalinisti”. Malgrado “il clamore della stampa anticomunista”, da Il Borghese a Il Tempo, il ricorso fu archiviato. Nel 1965, “il testimone del dramma dei volontari antifranchisti pubblicava ma solo a proprie spese il libro I giustiziati accusano”. E Penchienati fu dimenticato, con le sue ambiguità e verità.