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 2024  ottobre 07 Lunedì calendario

Biografie di Madame de Staël

Vittima di pregiudizi di genere e sciovinisti per via delle sue origini svizzere, offuscata da ingombranti figure maschili, è entrata nell’immaginario collettivo come la vestale del romanticismo e l’animatrice di inimitabili salotti intellettuali. Raramente, invece, è stato analizzato il pensiero politico di questa appassionata e carismatica scrittrice e filosofa. Ed è proprio su questo binario poco trafficato che marcia Madame de Staël di Giuseppe Sciara, edito da Carocci. Un lavoro che si affianca alla vicenda femminista ante litteram di cui Madame è stata protagonista.
Anne-Louise Germaine Necker (il suo nome di battesimo) visse dal 1766 al 1817, in un’era di sommi stravolgimenti; nel 1803 si rivolgeva così a un tenente della gendarmeria di Versailles: “Vedete dove si finisce se si è una donna colta; sconsigliatelo, vi prego, alle persone della vostra famiglia, se ne avete l’occasione”. L’uomo era andato a consegnarle un foglio di via, con l’obbligo di ritirarsi ad almeno 40 leghe da Parigi. Il documento portava un firma d’eccezione: quella di Napoleone Bonaparte, che vedeva in lei la più temibile nemica. Altro che l’esercito inglese o prussiano. “L’arrivo di questa donna – confidò a un collaboratore –, come quello di un uccello del malaugurio, è sempre stato il segno di qualche problema imminente. Non voglio che resti in Francia”. È l’alba dei suoi 10 anni di esilio e del suo periodo più celebrato, che la consacrerà stella della cultura mondana europea. Sia attraverso il Circolo di Coppet, il castello di famiglia sul lago Lemano (per Stendhal “il quartier generale dell’opinione europea”), sia mediante libri come Corinna o l’Italia e De l’Allemagne, per cui venne accusata di avere spalancato proditoriamente le porte all’infido storytelling tedesco.
Ma il confino e le maldicenze non inficiarono il suo ethos civile, che trovava nell’apologia del governo liberale all’anglosassone e nel rigetto degli assolutismi ed estremismi i suoi alfa e omega. Certo, i suoi scritti squisitamente politici risalgono a prima di quella data spartiacque, a partire da quelle Considerazioni sui principali avvenimenti della Rivoluzione francese uscite postume nel 1818. Quando della res publica scrivevano solo gli uomini.
Riavvolgiamo il nastro della sua biografia. Da bambina, la madre, di estrazione borghese come l’adorato padre banchiere, le fa ingurgitare tonnellate di libri. Già a 11 anni è capace di dialogare alla pari con chiunque. È ventenne quando sposa il barone Erik Magnus Staël von Holstein, ambasciatore svedese nella Ville Lumière, di 17 anni più anziano. Intanto lancia il suo storico salotto in rue du Bac: “Appare evidente – annota Sciara – la sua naturale predisposizione a farsi catalizzatrice di progetti politici, a intessere fruttuosi rapporti, a favorire opportune alleanze”. Staël debutta con un libello, Lettere sugli scritti e il carattere di Rousseau. Il re convoca, dopo secoli, gli Stati generali e il prosieguo lo conosciamo: ghigliottina, giacobini, Termidoro. Lei continua a sciorinare le sue idee, la “religione della libertà”. I giornali la attaccano per la sua relazione extraconiugale con Louis de Narbonne, capo della Guardia nazionale. Avranno due figli, che porteranno però il cognome di suo marito, col quale è costretta a ricongiungersi. Fuggita per scampare al furore robesperriano, stende un testo in difesa di Maria Antonietta, “la presa di parola di una donna a favore di un’altra donna, all’interno di un contesto dove il movimento rivoluzionario soffre di un limite non da poco. Riguarda esclusivamente gli uomini”. Terminata la liaison con Narbonne, lo rimpiazza con Benjamin Constant, un libertino nutrito delle sue stesse ambizioni. Siamo giunti al regime napoleonico: all’inizio lo ammira, “il guerriero più intrepido e il pensatore più riflessivo che la storia abbia prodotto”. Ma si ricrede presto, mentre il “grande usurpatore” vede in lei la burattinaia dell’opposizione. Da qui il suo lungo allontanamento. Cominciano le peregrinazioni per il Vecchio continente, i cenacoli e gli incontri con Lord Byron, Schiller e Goethe (col primo che scrive al secondo: “È tutta di un pezzo. Vuole spiegare tutto, capire tutto, misurare tutto, quello che la fiaccola della sua mente non riesce a illuminare per lei non esiste”). L’ultimo amore per un tenente francese molto più giovane da cui avrà un figlio a 46 anni. Morirà 5 anni più tardi “la donna del secolo”: così la definirono i suoi amici letterati, tutti maschi.