Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  ottobre 07 Lunedì calendario

I sacrifici di Giorgetti li faranno le imprese. Ires più pesante sugli utili

ROMA – Sul palco amico di Pontida sale da ministro delle tasse. Recita l’atto di espiazione a voce. L’indice teso e sicuro per rassicurare il pratone. Arriva al punto di rivendicare, Giancarlo Giorgetti, di non essere né un banchiere né un professore, bensì «figlio di un pescatore e di un’operaia tessile». E per questo, chiosa, sa «distinguere chi fa sacrifici e chi li può fare».
Applausi. Il popolo leghista lo perdona. Anche Matteo Salvini recita un “ego te absolvo” dopo aver preteso dal suo ministro un chiarimentopubblico sull’intervista aBloombergdei «sacrifici per tutti». Non li faranno le partite Iva, è la precisazione che serviva per evitare malumori in casa. Ma i quattro minuti sul palco non liberano Giorgetti dal vestito pesante delle tasse. E quindi dal malcontento dei banchieri e dai timori degli imprenditori, tutti contrari a pagare un prezzo ardito per soccorrere il governo alle prese con una manovra che ha bisogno di «maggiori entrate» e «minori spese», come il titolare del Tesoro ha scritto nel Piano strutturale di bilancio.
Sono preoccupazioni fondate perché Giorgetti non ha cambiato idea. I sacrifici toccheranno proprio a banche e imprese. Le misure allo studio sono diverse, ma hanno la stessa etichetta: la tassa. In un modo o nell’altro colpirà gli utili. E questo il ministro dell’Economia torna a ripeterlo. Lo dice in modo criptico per evitare di mettere a repentaglio le trattative in corso con l’Abi e Confindustria. Lo fa rimandando alla sentenza della Corte costituzionale relativa all’imposta straordinaria sugli extraprofitti delle società energetiche che fu introdotta nel 2022 dal governo Draghi.
È lì che per Giorgetti è «ben spiegato e ben puntualizzato» il senso del suo intervento. Quando parla di sacrifici da fare «in base alla capacità contributiva» si riferisce al parametro che per i giudici sarebbe stato idoneo a misurare la «ricchezza» delle imprese tassate: l’Ires, l’imposta sui redditi delle società. «Sarebbe stato certamente fisiologico fare riferimento ai dati dichiarati ai fini dell’imposta sui redditi delle società(Ires), dal momento che la maggiore ricchezza è facilmente riscontrabile in termini di surplus di utili conseguiti», ha fatto sapere la Consulta.Solo la necessità di intervenire tempestivamente contro il caro bollette ha portato la Corte a ritenere eccezionalmente «non irragionevole» la decisione dello scorso governo di utilizzare i dati ricavabili dai saldi Iva per individuare le società che avevano maturato extraprofitti. Ecco perché oggi la partita si gioca sull’Ires. Sul tavolo dei tecnici del Mef c’è un ventaglio di soluzioni. La piùfruttuosa è un’addizionale Ires che scatterebbe da una certa soglia di utili in su, in maniera progressiva. Ma sarebbe un’opzione molto sconveniente perché si configurerebbe come una nuova tassa. Ecco perché si studia anche un taglio delle agevolazioni fiscali che incidono proprio sull’Ires: le imprese pagherebbero comunque più tasse rispetto ad oggi, ma una riduzione delle detrazioni sarebbe meno indolore rispetto a un aumento secco dell’imposta. Alle banche, invece, verrebbe risparmiato un intervento doloroso perché già da anni pagano un’addizionale Ires del 3,5% rispetto all’aliquota ordinaria del 24%. Per gli istituti di credito prende sempre più quota l’ipotesi di una dilazione delle Dta, le imposte differite attive che si traducono in un credito d’imposta. L’incasso, però, sarebbe più magro, al massimo 1,5 miliardi. Servirà anche una spending review corposa per racimolare le risorse che mancano alla manovra. Giorgetti prepara i tagli lineari dato che i ministri non hanno fatto i compiti a casa, sviando quindi dal compito di indicare loro gli sprechi da ridurre. Deciderà il Mef dove e come utilizzare le forbici. E il primo dicastero della lista è la Farnesina guidata dal ministro Antonio Tajani, casacca Forza Italia. All’orizzonte c’è una nuova puntata della disfida tra Giorgetti e gli azzurri. Un nuovo prezzo da pagare per il governo che non riesce ancora a montare la Finanziaria.