Corriere della Sera, 6 ottobre 2024
Quei sei militari di Kim uccisi in un raid in Donbass
Kiev Tornato da Pyongyang, Vladimir Putin in giugno ha cercato di mostrare calma e controllo. Aveva firmato, con il suo pari nordcoreano Kim Jong-un, un «partenariato strategico» con una clausola: «In caso una delle due parti venga messa in stato di guerra da un’invasione armata – si legge – l’altra fornirà assistenza militare con tutti i mezzi a propria disposizione, senza indugio».
Di certo Kim contribuisce all’artiglieria, al punto che a Londra si stima ormai siano nordcoreane metà delle munizioni usate dai russi in Ucraina. L’aiuto probabilmente non arriva gratis, da un regime che si alimenta vendendo armi ai governi autoritari più diversi: Iran, Siria, Egitto o Qatar. Ma è possibile che fra i mezzi «a disposizione» di Kim – specie ora che le forze ucraine sono nel Kursk – servano anche uomini da gettare nel tritacarne? L’esercito nordcoreano è il quarto più vasto al mondo con 1,3 milioni di effettivi, in un Paese di 26 milioni di abitanti. Ma Putin a fine giugno ha liquidato la questione dei soldati di Kim: «Non ne abbiamo bisogno».
La realtà è più complessa. Lo mostrano i sei militari nordcoreani morti giovedì e gli altri tre feriti in un bombardamento ucraino sui nemici nel Donetsk. Ufficialmente gli inviati di Kim erano lì ad assistere a un addestramento di truppe d’assalto russe, come turisti in guerra. Ma questo non è il solo indizio su cui lavora l’intelligence ucraina. È del resto proprio da giugno che voci di Telegram con buone fonti nel ministero della Difesa russo, come «kremlyovskaya tabakerka», parlano dell’invio di truppe nordcoreane nel Donbass. Non ci sono conferme ufficiali, ma sembra estremamente probabile che il mese scorso Pyongyang abbia spedito nei territori occupati dell’Ucraina alcune brigate del genio militare, per lavorare alla ricostruzione.
Ha informazioni in questo senso l’intelligence di Kiev e ne ha parlato negli scorsi giorni anche la rete sudcoreana Tv Chosun, citando fonti del governo di Seul, secondo le quali neanche in questo caso il favore di Kim sarebbe disinteressato: l’affitto di tre o quattro brigate del genio nordcoreano costerebbe 115 milioni di dollari.
Di certo non erano lì per rifare strade i sei nordcoreani morti giovedì mentre assistevano a un «addestramento». L’intera vicenda resta opaca, eppure porta con sé una duplice lezione. Da un lato è sempre più riconoscibile un’asse fra Mosca, Pyongyang, Teheran e Pechino che sta progressivamente alimentando l’aggressione russa all’Ucraina; dall’altro si profila una strategia di Putin volta a formare una sorta di legione straniera per sostenere le disumane tattiche russe.
I suoi generali ordinano gli assalti senza curarsi di risparmiare vite e hanno raggiunto così – secondo lo stato maggiore ucraino – 570 mila perdite russe, fra morti e feriti, al ritmo di poco meno di mille al giorno nella fase attuale. Per questo il Cremlino ha bisogno anche di stranieri da gettare nella fornace e li recluta in maniera criminale.
Sono per esempio sostenute dalle testimonianze degli interessati, una volta salvati dal loro governo, le truffe ai danni degli indiani: vengono attratti con offerte di lavoro a Mosca o persino a Dubai tramite il canale di YouTube Baba’s Vlogs e poi costretti a firmare contratti per il fronte. Un cittadino danese filo-Putin, Niklas Hoffgaard, si è trovato in una situazione simile e ha riferito di essersi trovato al fronte insieme a soldati nepalesi reclutati dai russi. Numerosi anche gli indizi che fanno pensare alla coscrizione forzata di mercenari cubani e dell’Africa subsahariana, dove i russi sono presenti.
Ma la fonte primaria della legione straniera sono i tagiki, i kazaki e gli altri immigrati in Russia dall’Asia centrale. A gennaio Putin ha firmato un decreto che agevola i permessi di soggiorno per chi firma un contratto per l’Ucraina, ma la realtà è opposta: gli immigrati che non firmano sono minacciati di arresto e deportazione. A Kiev si stima ne siano arrivati al fronte così diverse migliaia, con una riserva di ventimila che resta da attingere: visti da Putin, carne umana per la sua legione straniera.