Corriere della Sera, 6 ottobre 2024
Tassare i più ricchi, la scelta che unisce il conservatore Barnier e il laburista Starmer
Parigi È dal 2018 che la Francia non riesce a rispettare la soglia del 3 per cento stabilita da Maastricht, e secondo le previsioni potrebbe tornare a farlo non prima del 2029. Nel frattempo i conti pubblici sono pessimi, il deficit arriverà al 6,1 per cento del Pil nel 2024 e bisognerà trovare 60 miliardi per ridurlo almeno al 5 per cento nel 2025. Per riuscire in un’impresa che sembra molto difficile, il primo ministro Michel Barnier ha annunciato che prevede di trovare 40 miliardi riducendo le spese, ma i 20 miliardi che restano andranno raccolti aumentando le tasse.
Barnier è privo di una vera maggioranza all’Assemblea nazionale e per restare in sella deve cercare di non scontentare nessuno nel centro destra e neanche nel Rassemblement national, che lo tiene sotto scacco perché potrebbe votare la mozione di censura già annunciata dalla sinistra.
«Non faremo cadere Barnier solo se la sua manovra lascerà in pace gli strati popolari e la classe media, che hanno già pagato a sufficienza in questi anni», ha detto Marine Le Pen subito dopo la dichiarazione di politica generale di Barnier in Parlamento. E in effetti il premier 73enne sembra averla ascoltata, perché l’aumento delle tasse temporaneo riguarderà pochi francesi, i più facoltosi.
La platea
Con la soglia a mezzo milione di euro sarebbe coinvolto lo 0,3%
delle famiglie francesi
Il ministro del Budget e dei conti pubblici, Laurent Saint-Martin, ha portato l’esempio di «una coppia senza figli che guadagna almeno mezzo milione di euro l’anno». Con una soglia di questo tipo saranno coinvolti all’incirca 65 mila nuclei famigliari, pari allo 0,3 per cento del totale.
Per ridurre ancora l’impatto anche simbolico della prima impopolare misura – alzare le tasse – annunciata dal governo appena nato, il ministro Saint-Martin ha ricordato che un provvedimento simile, eccezionale e limitato nel tempo, era stato adottato dal governo Fillon sotto la presidenza Sarkozy nel 2009, dopo la crisi finanziaria mondiale cominciata nell’anno precedente. «Non toccheremo le tasse della stragrande maggioranza dei francesi – ha ribadito Barnier -, né i più modesti né la classe media».
Quanto alle aziende, Barnier ha evocato uno sforzo supplementare per quelle che vantano un giro d’affari superiore a un miliardo. «Sono solo 300 imprese; i restanti quattro milioni di imprese francesi non verranno toccati».
Anche al di là della Manica il nuovo governo laburista è costretto a fare fronte al dissesto delle finanze pubbliche, e già vacilla la promessa della ministra Rachel Reeves che il 4 giugno aveva detto «non sono entrata in politica per aumentare le tasse di chi lavora. I laburisti non aumenteranno l’imposta sul reddito, i contributi e l’Iva». Poche settimane dopo, il premier Keir Starmer ha cambiato tono annunciando ai compatrioti un buco di 22 miliardi di sterline (26 miliardi di euro) e una legge sul budget che quando sarà presentata, il 30 ottobre, si rivelerà «dolorosa». Un modo indiretto per dire che sarà costretto ad alzare le tasse, «ma solo di quelli che hanno le spalle più solide. Non abbiamo altra scelta, vista la situazione nella quale ci troviamo»: già l’anno scorso il deficit aveva superato il 6 per cento del Pil e secondo il Fondo monetario internazionale servirebbe uno sforzo budgetario di 30 miliardi di sterline l’anno per invertire la tendenza.