la Repubblica, 6 ottobre 2024
Arbore racconta la sua radio
Padre nobile della spensieratezza intelligente radiotelevisiva italiana con tante trasmissioni di successo, da “Alto gradimento” a “L’altra domenica”, da “Quelli della notte” a “Indietro tutta”, Renzo Arbore ci parla della sua vita con la radio di ieri e di oggi.
Con “Bandiera Gialla” lei e Boncompagni nel ‘65 svecchiaste la radio.
«All’epoca era la sorella povera della tv. Si trasmetteva con i vecchi moduli, con gli annunciatori, le annunciatrici… Era tutto scritto in copione e controllato dai dirigenti.
Erano gli anni ’60, ma era come gli anni ’40. Io invece sentivo molto la radio con i transistor e mi tenevo aggiornato con l’estero. Sapevo quello che succedeva nella Swinging London, e intuivo un pubblico giovane affamato di novità. Così con Boncompagni proponemmo una trasmissione “pazza”. Il titolo ci fu imposto dal direttore della radio di allora, un melodico che non amava il beat: “Bandiera Gialla”, quella delle navi in quarantena.
Era un alibi: “Se mettete musica brutta, diremo che è musica da appestati”.
Io e Gianni avemmo la prontezza di far votare il pubblico, con quella bandiera. Il voto ci permetteva di trasmettere più volte un disco, e quindi di lanciarlo, e anche di dire che era scelto dal pubblico, fornendoci l’alibiperfetto. Fu il primo programma per “giovani”, anzi creò questa categoria».
E il linguaggio radiofonico si libera...
«Non fu accettato subito da tutti. Chi sapeva che lavoravo in Rai mi chiedeva: “Ma chi sono quei due che parlano alla radio come se stessero a casa loro?”. Quella scioltezza fu la ragione del successo, ma fummo anche un po’ ostacolati da chi voleva ancora una radio paludata, dove si parlasse il bell’italiano».
È vero che “Alto gradimento” nacque anche come reazione a un altro programma storico, “Chiamate Roma 3131”?
«Boncompagni la conduceva, ma si intristiva per i problemi raccontati dagli ascoltatori. Io venivo da “Per voi giovani”, che mi era stato tolto perché non ero politicizzato. Era il ’70 e la parola più in voga era “impegno”.
Io non vedevo di buon occhio il fatto che si preferisse l’impegno alla creatività, alla goliardia “buona”. E così, per reazione, ci inventammo un programma che volevamo intitolare “Musica e puttanate”. La dirigenza Rai ovviamente bocciò il titolo e così ci inventammo “Alto gradimento”, con la ragione sociale “Musica e stupidaggini”. Cominciammo così, con piccole sciocchezze, scherzi telefonici, personaggi bizzarri e battute che diventarono poi dei tormentoni».
I tormentoni radiofonici: un’altra vostra invenzione.
«Avevamo due coautori eccezionali come Giorgio Bracardi e Mario Marenco, che ne inventarono tanti indimenticabili. Come il “Li pecuri!”di Bracardi, che si calava nelle vesti di un villico che ricercava le pecore prestate alla televisionre per girare l’intervallo…».
Rispetto a quei tempi la radio si è evoluta o involuta?
«Ci sono stati anche altri cervelli, ad esempio per gli anni felici delle radio libere è stato fondamentale Claudio Cecchetto, una fucina straordinaria di talenti come Linus, Fiorello, Amadeus, Gerry Scotti, Jovanotti. La radio nei decenni è andata molto avanti, oggi l’intrattenitore radiofonico ha il computer e quindi può capire subito i gusti del pubblico, dialogando con gli ascoltatori. Se ripenso ad “Alto gradimento”, quel tipo di successo è stato ripetuto forse solo da Fiorello: lui stesso dice di essere partito dal nostro esempio».
Oggi di che salute gode la radio?
«Buona. La radio si è moltiplicata e differenziata, oggi ce n’è una per ogni gusto: da Radio Maria per chi vuole assicurarsi l’eternità alle radio con solo musica italiana. Forse manca un po’ quella culturale, a parte Radio 3».
A ottobre e novembre i nostalgici possono rivedere su RaiStoria, ogni mercoledì sera, il suo “Cari amici vicini e lontani”, la trasmissione del 1984 con cui lei celebrava la radio…
«Un’operazione nostalgica al quadrato, perché quello è stato il primo programma nostalgia della tv italiana. Ricordando i grandi di questo secolo di radio, mostriamo come il mezzo abbia mantenuto una sua forte personalità. Non è mai stata una “televisione senza video”. Come scherzavamo noi: “Rispetto alla tv, la radio non si vede. E quindi ci si può inciampare!”».