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 2024  ottobre 06 Domenica calendario

Intervista a Edoardo Prati, tiktoker

Su TikTok ha 4 milioni di like, per strada lo fermano i ragazzi che gli dicono «grazie a te ho cambiato facoltà, ora faccio quel che mi piace». Classicista innamorato, autodidatta romagnolo, coi suoi vent’anni portati così, un cespuglio di ricci e lenti alla Mastroianni, Edoardo Prati sarà ospite fisso aChe tempo che fae da domani va in teatro con Cantami d’amore,lo spettacolo che da Bologna (sold out) lo porterà in 40 città. Un giovane preso finalmente sul serio, «ma se ci penso vado in autocombustione per la strizza».
La chiamano influencer, divulgatore, chi è Edoardo Prati?
«Mi piacerebbe poter dire un umanista in senso quattrocentesco: artista in teatro, lettore di libri sui social, studente che coinvolge gli altri perché se la letteratura non è per tutti non è per nessuno».
Con quel che è successo al ministero della Cultura, ci vuol tenacia a parlare di sapere.
«Un po’ sì... Io credo che dal ministero meritiamo serietà, invece è come se in politica fosse tutto concesso».
Molti la vedono come un alieno.
«Ma non lo sono! È molto più faciledire che io sia un genio piuttosto che ammettere di essersi sbagliati su un’intera generazione così attenta a sé stessa, alla salute mentale. Soffro la mia idealizzazione: ho pregi, qualche talento, ma ritrovabili in tanti altri».
Si arrabbia quando le dicono che non sembra un ventenne?
«Sì, c’è una discriminazione anagrafica verso i giovani: il nostro pensiero viene delegittimato in automatico. Recuperare la forza e l’importanza innovativa delle nostre idee sarebbe un bel passo per tutti».
Debutta in teatro con “Cantami d’amore”. Cosa sa dell’amore?
«Quel che ho imparato dalle storie degli altri e che ha preso consistenza quando l’ho vissuto su di me. Dante io l’ho capito quando mi sono innamorato. Non siamo originali, rimescoliamo tessere come in un mosaico. Il mio è l’amore della Vita Nova, non quello petrarchesco che fa del sentimento una colpa».
“L’amore”, dice, “è la cosa meno fascista che esiste”. Cosa significa essere antifascista?
«Rinunciare a un sentimento di pancia che risponde alla paura con l’illusione dell’ordine e della sicurezza. La nostra è un’epoca di terrorismo psicologico, di incognite, di guerre e di confini, il terrore rinasce istintivo e il fascismo si propone come un freno. Per questocredo che la forma più alta di antifascismo oggi sia innamorarsi: l’amore non ha paura di nulla».
Studiare i classici è la sua ribellione?
«È il mio ’68, la mia forma di resistenza. Scegliere lettere classiche, voler essere un umanista nel 2024 è anche un atto politico».
Dice che le parole hanno potere erotico. Quando l’hanno sedotta?
«Alle elementari con Geronimo
Stilton: la prima volta che ho capito il senso di una sequenza di lettere».
Il libro della vita?
«Mi piace laGerusalemme liberata di Tasso. E Pascoli: è dirompente».
Ma sta piangendo?
«Capisce? Non posso pensare a
L’aquilone.Quando dice del figlio morto “ti pettinò co’ bei capelli a onda tua madre...adagio, per non farti male”».
Perché i classici?
«Si rinnovano ogni giorno e hanno la capacità di essere riletti in ogni epoca e significare qualcosa di diverso».
Contemporanei?
«Paolo Nori, Borges, Yasmina Reza».
Chi non sopporta?
«Leon Battista Alberti. Non fa altro che dire “quanto sono bravo”. Va bene, ha ragione, ma mi irrita!».
Viventi?
«Mi dia una lama, mi uccido da solo».
È già un politico.
«Sono un pacifista».
Ispirazioni?
«I miei professori».
Che studente era?
«Mai stato davvero un secchione. A matematica tenevo sotto il banco l’Orlando Furioso, mi narrava cose bellissime di Bradamante».
La escludevano?
«Qualcuno, ma ho trovato la mia compagna, l’amica con cui vivo. Sono stato più volte il contrario di me stesso: è la regola più bella dellascuola pubblica».
In che senso?
«Lì si ha il sacrosanto diritto di essere ogni giorno quel che si vuole. Basta con l’idea secondo cui si deve trovare la propria unità alle superiori. È una proiezione capitalista della scuola».
Cos’è capitalista?
«Dover scegliere al liceo l’università che sarà il tuo lavoro con cui farsi ricchi. Sono anni di formazione, non possono essere inquinati da altro».
Tempo libero ne ha?
«Poco, mi piace la montagna, la mia stanza è piena di disegni di funghi, oltre alla mappa dell’impero romano e alla libreria su cui non entra nulla».
La facevo maniaco dell’ordine.
«Lo sarei, ma sono un fuorisede».
Il look è da prof.
«Non ho una famiglia di accademici, mi vesto in un negozio di usato».
Ha De André tatuato sul braccio, che musica ascolta?
«Cantautorato italiano. E lirica, che ci posso fare se mi piace…».
Niente trap?
«Troppo veloce, io sono meditativo».
Ha anche difetti?
«Sono un procrastinatore seriale».
Il suo motto?
«’Cerco del viver mio novo consiglio; E veggio ’l meglio, e al peggior m’appiglio’. Alla fine è un verso di Petrarca che mi rappresenta».