la Repubblica, 6 ottobre 2024
I timori del Viminale per «l’autunno nero»
Non quello che è successo. Ma quello che potrà accadere. Gli scontri di Roma hanno ufficialmente aperto quello che gli stessi vertici dell’Antiterrorismo definiscono un possibile «autunno nero»: un insieme cioè di manifestazioni che da ora in avanti si ripeteranno in tutta Italia e che potenzialmente potranno rappresentare un possibile terreno di scontro tra movimenti e Polizia. Ce ne sono in programma in tutta Italia già nei prossimi giorni. Altre ne verranno organizzate e si terranno anche senza autorizzazioni della forze di Polizia. Ma c’è un appuntamento in particolare che tiene in allarme gli esperti: la grande manifestazione onvocata da tutti i sindacati per il 19 ottobre a Roma su “salario, salute, diritti e occupazione”. Si aspettano decine di migliaia di persone che, legittimamente, vorranno dire la propria contro le politiche del governo Meloni. Un palcoscenico ideale, però, per chi ha come unico obiettivo quello di creare tensione. «Non è una buona aria» dicevano ieri anche i più esperti poliziotti analizzando i fatti dell’Ostiense che si possono così sintetizzare: un migliaio di gruppi antagonisti si sono dati appuntamento a Roma con un unico obiettivo. «Non esprimere legittimamente le proprie opinioni. Non contestare. Ma scontrarsi con la Polizia».
Se n’è avuta la prova in piazzale Ostiene quando i gruppi – secondo le prime informative della Polizia sono stati gli antagonisti torinesi – hanno attaccato e contestualmente i filo palestinesi scesi in nome delle proprie idee hanno fatto due passi indietro. Nessuna intenzione di scontrarsi. È un film che si è già visto in diverse occasioni, nelle piazze d’Italia. È già successo. Succederà ancora. Anzi: tutto sommato, visto le premesse, ragionano gli esperti, la situazione ha tenuto. A preoccupare è altro: da fuori sono arrivati in non più di mille, con l’obiettivo di scontrarsi con le forze di Polizia. A loro si sono aggiunti ragazzini dei collettivi, quelli che hanno creato più problemi e potenzialmente più rischi. «E non è la prima volta che succede: è lo stesso allo stadio, è lo stesso nelle altre manifestazioni. Sono i più giovani quelli che cercano gli scontri. E sono i più pericolosi perché, pur essendo meno organizzati, sono incontrollabili» ragiona una fonte importante della Prevenzione. Tradotto: in questi giorni è stato fatto un grande lavoro di intelligence per individuare chi era in arrivo a Roma, con quali intenzioni arrivava, come si muoveva. Nonè un caso che treni e autostrade siano stati battuti a tappeto. Nessuno aveva però capito – meglio: i segnali non erano stati ben compresi – che a far deflagrare la piazza potessero essere i più giovani che nessuno aveva visto arrivare.
È un insegnamento che, evidentemente, dovrà servire per le prossime settimane. Quando in campo ci saranno due interessi, apparentemente lontanissimi ma in realtà in parte convergenti. Ci sono gli antagonisti che cercano visibilità e occasioni per creare tensione. Ma c’è anche un pezzo di politica – che oggi è al governo, come dimostrano i commenti di ieri di esponenti di Lega e Fratelli d’Italia – che non vede l’ora di poter cavalcare la piazza violenta. Non facendo distinzioni tra chi legittimante vuole esercitare il proprio dissenso e i violenti che però nulla hanno a che vedere con le ragioni della protesta. Le immagini dei pestaggi degli studenti a Pisa, da parte dei poliziotti avvenuti nemmeno un anno fa, e di fatto rimasti impuniti, sono ancora negli occhi di tutti. Ieri il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ha telefonato al capo della Polizia, Vittorio Pisani, per aver informazioni sui poliziotti feriti. «Come sempre hanno dimostrato grande professionalità in una giornata complessa» ha detto Piantedosi parlando della piazza, rimarcando «le gravi intemperanze da parte di chi è sceso in piazza anche utilizzando bombe-carta per aggredire gli agenti». Sperando che nessuno – antagonisti e politici – trasformino questo autunno caldo in uno stadio.